Arte e sessantotto

Tratto da EduEDA
Versione del 26 Apr 2007 alle 16:49 di Panarenko (Discussione | contributi) (biblio.)

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dati.

Nella stagione della contestazione i comportamenti artistici più rilevanti sono quelli anti-artistici,ovvero quelli che che si battono per una funzione sociale dell’arte,che denunciano il sistema borghese della mercificazione privatistica degli oggetti.Si lottava essenzialmente contro il sistema arte,in quanto mondo chiuso nelle proprie logiche e nelle proprie sacralità istituzionali,mosso soltanto dalla volontà di creare un mercato di oggetti vendibili al miglior compratore,sacrificando tutte le necessità di ricerca e sperimentali che sono proprie del linguaggio artistico;soprattutto contro galleristi,curatori,critici,tutti ingranaggi oleati della macchina artistica,il quale interesse principale è vendere e mantenere il potere decisionale all’interno del circuito.Arte che si fa politica,programmaticamente,rendendo esplicito l’impegno,manifestando nella direzione di un’arte di ricerca che ristrutturi le funzioni delle attività artistiche,in rapporto con la trasformazione di una cultura “nuova”,rivoluzionaria.

Si modificano i rapporti tra artisti e mondo dell’arte,prende forma la consapevolezza dell’inutilità sociale e politica del fare arte dentro le gallerie o nei festival internazionali,l’impegno è di uscire da questi luoghi e creare un nuovo alfabeto,un nuovo percorso.Si passa dal concetto di “esposizione personale” a quello di “azione collettiva”,di processo condiviso che si forma nella realtà dei gesti e delle pratiche comuni,l’artista deve rivedere il suo ruolo,ripulirsi dalle sovrastrutture della cultura borghese che mediocremente instaura un rapporto di irrealtà fra arte e mondo,fra rappresentazione e creazione,vivere il senso delle sue operazioni (un fare concreto,riscontrabile) e avvicinare la massa verso i procedimenti artistici che arrichiscono gli individui.Il tutto fuori dal mercato,ma dentro le scuole,i manicomi,gli ospedali,nelle piazze delle cittadine di provincia o nelle periferie metropolitane (magari davanti ad una fabbrica in sosteno di uno sciopero),attivare una funziuone socialmente utile che sviluppa liberamente e naturalmente le forze creative presenti nell’individuo,eliminare la distanza tra il mondo ( con le sue realtà formative ) e l’arte ( come processo di formazione fondamentale ).

I luoghi deputati di esposizione e di compravendita dei manufatti vengono disertati a favore di situazioni nuove,adatte a creare una nuova percezione degli eventi artistici,spazi in cui poter socializzare la propria creatività e divulgare in maniera orizzontale,concretamente,il fare arte come esperienza liberata dalle mistificazioni culturali.Il “ruolo nuovo” è quello della spinta reale verso una utilità sociale dell’arte.Nascono le collaborazioni con gli istituti psichiatrici e le scuole,dove è possibile liberare le forze creative e innestare un percorso di formazione e recupero,e la militanza come operatori estetici all’interno delle masse scioperanti di studenti e operai creando manifesti,striscioni,slogan,situazioni,tutte esperienze che lavorano,prospettivamente,per una partecipazione (creativa) popolare alla cultura artistica.

biblio.

Vergine,Lea:L'arte in gioco,Garzanti ,Milano , 1988

Vergine,Lea:Attraverso l'arte,pagare il '68, Ed arcana ,Milano , 1976