Ciraci' Sarah

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Titolo

Ciracì Sarah


Biografia

Sarah Ciracì è nata nel 1972 a Grottaglie in Puglia. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna si trasferisce a Milano, dove attualmente vive e lavora. Partecipa a molte collettive nell’ambito di gallerie e musei nazionali e ben presto le sue opere sono presenti in prestigiosi spazi espositivi internazionali; nel 2003/04 ottiene un importante riconoscimento con il Premio New York, consistente in una borsa di studio presso la Columbia University.

Sito web

Poetica

Neanche rumori di fondo (Deserto di Cemento), 1996
Per descrivere il suo mondo visionario l’artista utilizza strumenti tecnologici: dalle fotografie digitali, manipolate al computer, alla video registrazioni e installazioni. Il tema - al centro di una prima serie di lavori - è quello del paesaggio che, privato di ogni identità topografica, appare come uno spazio astratto, avvolto in un vuoto irreale dove la vita umana è scomparsa; seguono le immagini di esplosioni atomiche - tratte da filmati di repertorio – che affidano l’accecante luminosità a colori fluorescenti e a particolari effetti luminosi, alle quali è associato il rumore assordante delle deflagrazioni; infine giungono le opere popolate da dischi volanti e da astronavi, che ripetono gli stereotipi proposti da TV, da film, da cartoni animati giapponesi e da una narrativa fantascientifica popolare, che l’artista, interessata a riattivare una nuova riflessione sul futuro dell’uomo, spesso contamina con il linguaggio alto dell’arte. Il suo immaginario riserva apparizioni e sparizioni da fantascienza, dischi volanti e paesaggi desertici, spianate di cemento disabitate sotto cieli radioattivi e soli di mezzanotte, terrificanti esplosioni atomiche senza vittime.Un mondo desolato di “natura artificiale”, alla Philip Dick, autore molto amato dalla Ciracì, o alla James Ballard (ispiratore della serie Cemento, paesaggi svuotati di presenze e di abitazioni, piattaforme sotto cieli di luci acide). La giovane tarantina lo evoca mediante fotografia digitale, diaproiezioni, video, lightboxes: tutto l’apparato della tecnoarte usato con matura padronanza di manipolazione. Installazioni anche: come quella (intitolata Questione di tempo) che la rivelò nella mostra “Campo 6” curata a Torino nel 1996 da Francesco Bonami, ora direttore della mostra di arti visive della Biennale di Venezia 2003: due gigantesche viti alla Oldenburg che fuoriuscivano dal pavimento trivellato di una sala nella Galleria di Arte Moderna. Inquietante irruzione onirica nella quotidianità. Ma già dal ’95 la Ciracì andava eseguendo una serie di lavori con dischi volanti che sorvolavano campagne rinsecchite. Nel 1999, per il ciclo dei Trebbiatori celesti (foto digitali, video in 3D, diaproiezione), l’artista faceva atterrare un ufo su un campo che altro non era che la superficie del Grande Vetro di Duchamp, con i suoi disegni meccanici a rilievo e la polvere posata nel tempo. E l’unica presenza vivente era proprio quella dell’autore dell’opera più misteriosa ed inquietante del XX Secolo: è lui in fondo, ci viene suggerito, il vero extraterrestre. Mentre la Sposa duchampiana volava nel cosmo, portando via i frutti della Terra. Ma all’esistenza di abitanti di altri mondi, la Ciracì sembra crederci per davvero, accentuando alcuni aspetti esoterici, se non addirittura mistici, del suo lavoro: “un regno delle idee che si trova in un luogo alto e lontano”. Così, nella serie di short stories in video del 2001 (Raptures, Rapimenti), tre edifici che somigliano nella forma ad astronavi, il Museo Guggenheim di Bilbao, la casa di vacanza di Michelangelo Antonioni in Sardegna, il Palasport di Pesaro prendono il volo, rapiti in altri mondi. In installazioni più recenti l’artista ha accentuato il lavoro di scavo e sottrazione degli elementi visivi, ma per ottenere più spettacolari effetti di drammatizzazione. In “Tanto rumore per niente” (1996-2001) uno schermo di quieta luce azzurrina, mediterranea, s’accende all’improvviso ogni tanto di immagini di esplosioni, sorprendendo col suo fragore l’ignaro visitatore o passante. In “Un’estate a Bikini 2.0” (2002) uno spazio con al centro un lettino da spiaggia e un tavolo con cocktail, delimitato da quattro tele dipinte con vernice fluorescente, s’illumina ad intermittenza di luce abbacinante mentre si ode assordante una esplosione. Metafora di un mondo minacciato, quanto mai attuale.

Opere

  • Trebbiatori Celesti
    Ciracì.jpg

Collage fotografico digitale. L’astronave è composta con elementi del “Grande Vetro” di Marcel Duchamp.











Bibliografia

  • Lorenzo Taiuti (2005), Multimedia – L’incrocio dei linguaggi comunicativi, Roma, Meltemi Editore.

Webliografia