Collective intelligence

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Autore:

Levy Pierre

Tratto da:

Reading Digital Culture, 2001, di Trent David

Titolo Originale:

Collective intelligence

Anno:

1994

Traduzione di:

Graziana Vanità


L'intelligenza collettiva

La prosperità di una nazione, una regione geografica, un' attività commerciale, o di un individuo dipende dalla sua abilità di navigare lo spazio della conoscenza. Il potere ora è conferito attraverso la gestione ottimale della conoscenza, sia che esso coinvolga la tecnologia, la scienza, la comunicazione o la nostra relazione "etica" con l'altro. Più siamo capaci di formare comunità intelligenti, come menti aperte, soggetti cognitivi capaci di iniziativa, immaginazione e risposta rapida, più saremo capaci di assicurare il nostro successo in un ambiente altamente competitivo. Il nostro legame materiale con il mondo si mantiene attraverso una formidabile infrastruttura epistemologica e logica: istituzioni di insegnamento e intrattenimento, reti di comunicazione, tecnologie intellettuali digitalmente assistite, il continuo miglioramento e la distribuzione di abilità. A lungo termine tutto si baserà sulla flessibilità e vitalita' delle nostre reti di produzione, transazione e scambio.
Sarebbe una classificazione grossolana paragonare la transizione all'età della conoscenza con il cambiamento verso un'economia del servizio. Tale transizione non può essere ridotta allo spostamento delle attivita' industriali al settore del servizio, il quale si trova sempre più assediato dalla varietà degli oggetti tecnologici. Esso sta diventando "industrializzato", come caratterizzato dalla presenza di ATM's, siti Web, software educativi, sistemi esperti, ecc... Ad una maggiore e maggiore misura, le organizzazioni industriali vedono le loro attivita' come una forma di servizio. Per rispondere alle nuove condizioni della vita economica, le imprese tendono ad organizzarsi in modo tale da essere ricettive alle "reti d'innovazione". Questo significa, per esempio, che in una grande società, i reparti possono interagire facilmente e velocemente uno con l'altro, senza il bisogno di nessun tipo di accordo formale, e con lo scambio continuo di informazioni e personale. I sistemi interattivi e le reti d'innovazione contemporanei si intersecano gli uni con gli altri, operando attraverso l'impresa. il crescente sviluppo delle società e delle alleanze è una straordinaria illustrazione di questo processo. Le nuove abilità devono essere importate, prodotte e introdotte (in tempo reale) in tutti i settori dell'economia.

Le organizzazioni devono rimanere ricettive al flusso costante e rinnovato delle abilità scientifiche, tecniche, sociali e anche estetiche. Il flusso delle abilità condiziona il flusso del denaro. Una volta che il processo di rinnovo rallenta, la società o l'organizzazione è in pericolo di pietrificazione ed estinzione. Come ha scritto Michel Serres, la conoscenza è diventata la nuova infrastruttura. Perchè i cosiddetti "governi comunisti" cominciano a decadere bruscamente durante gli anni '70, prima di fallire definitivamente all'inizio degli anni ' 90? Senza entrare troppo nei dettagli di quella che è una questione complessa, posso offrire un'ipotesi che potrebbe chiarire considerevolmente il nostro approccio all'età della conoscenza. L'economia burocraticamente pianificata, che era ancora capace di funzionare all'inizio degli anni '60, fu incapace di seguire la trasformazione del lavoro che risultò dall'evoluzione contemporanea della struttura tecnologica e organizzativa. Il totalitarismo collassò di fronte alle nuove forme di lavoro mobile e cooperativo. Fu incapace dell'intelligenza collettiva. La straordinaria ristrutturazione delle economie occidentali verso il settore terziario comunque non fu l'unico fattore coinvolto.
Era in corso un movimento più significativo, quello antropologico. Inizia negli anni '90, divenne sempre più difficile per un lavoratore, impiegato o ingegnere ereditare le tradizioni del proprio settore, esercitare e trasmettere questa abilità quasi immutata, assumere un'identità professionale duratura. Non furono solo le tecnologie a cambiare con crescente velocità, ma divenne necessario imparare come confrontare, regolare, comunicare e riorganizzare la propria attività. Divenne necessario esercitare il proprio potenziale intellettuale in maniera continua. Inoltre, le nuove condizioni della vita economica diedero un margine competitivo alle società in cui ogni membro era capace di prendere iniziativa per la coordinazione, piuttosto che sottomettersi ad una pianificazione gerarchizzata. Ma questa costante mobilitazione delle abilità sociali e cognitive assunse implicitamente un grado considerevole di coinvolgimento collettivo. Non era più sufficiente identificarsi passivamente con una categoria, un settore o una comunità. Ora la soggettività, l'identità personale erano implicate nella vita professionale. E’ precisamente questa forma di mobilitazione soggettiva, altamente individuale così come etica e cooperativa, che l’universo burocratico e totalitario fu incapace di generare.

Abbastanza ovviamente la compenetrazione del tempo libero, della cultura e del lavoro come forma di impegno globale, sociale e soggettivo rimane il privilegio dei capi delle società, dei dirigenti più altamente qualificati, professioni sicure, ricercatori e artisti. Comunque ci sono indicazioni che questo modello si espanderà, “trickle down” da un processo di movimento capillare, a tutti gli strati della società. Il fatto che il confine tra la nostra vita professionale e lo sviluppo personale si è iniziato ad offuscare, significa la morte di una forma di attività economica. Gli obiettivi economici e l’efficienza tecnologica non può più operare dentro circuiti chiusi. Non appena un impegno genuino soggettivo richiesto di individui, le necessità economiche devono dare il via ai politici nel più ampio senso della parola, quella è responsabilità etica e civica. Loro devono anche riflettere significati culturali. La pura economia e la mera efficienza cessano di essere effettive. Solo incorporando oggetti culturali e morali, esperienza estetica, l’attività commerciale può occuparsi della soggettività dei suoi impiegati, così come dei suoi clienti. La società non consuma e produce più beni e servizi, come nelle economie tradizionali. Non si soddisfa più implementando, sviluppando e distribuendo abilità e conoscenza, come illustrato dal nuovo approccio cognitivo alla struttura organizzativa. Dobbiamo riconoscere il fatto che la società, come le altre istituzioni, insieme incoraggia e promuove lo sviluppo della soggettività. Poiché condizione tutte le altre attività, la continua produzione di soggettività sarà molto probabilmente considerata la maggior attività economica per tutto il prossimo secolo.

Sotto il sistema salariale l’individuo vende la sua forza fisica o tempo di lavoro dentro una struttura quantitativa e facilmente misurabile. Tale sistema potrebbe facilmente dare il passo ad una forma di autopromozione, coinvolgendo abilità qualitativamente differenziate, da produttori indipendenti o piccoli gruppi. Individui e micro-società rispetto a quelle grandi, sono più capaci di una continua riorganizzazione e un accrescimento ottimale di abilità individuali che sono i requisiti attuali per il successo. La vita economica non sarà più guidata principalmente dalla competizione tra le grandi società, le quali stimolano forme di lavoro quantitative e anonime. Piuttosto stiamo testimoniando lo sviluppo delle forme complesse d’interdipendenza tra zone di abilità che sono fluide, delocalizzate, basate sulle sue singolarità, e agitate dai movimenti molecolari permanenti di associazione, scambio, e competizione. L’abilità di formare e riformare rapidamente comunità intelligenti diventerà l’arma decisiva dei centri regionali di abilità, concorrenti dentro uno spazio economico localizzato. La costante ed emergente ridefinizione delle identità distribuite, non prenderà solo posto nella struttura istituzionale dell’attività commerciale, ma attraverso interazioni cooperative nel cyberspazio internazionale.


ANTROPOLOGIA

Una volta che la conoscenza si converte nel motore primario, si apre davanti ai nostri occhi un paesaggio sociale sconosciuto, nel quale le regole dell’interazione sociale e le identità degli attori sono ridefinite. Un nuovo spazio antropologico, lo spazio della conoscenza, oggi si sta formando, che potrebbe facilmente avere la precedenza sugli spazi della terra, del territorio, e del commercio che lo hanno preceduto. La seconda parte di questo libro Lévy l’ha dedicata ad una cartografia dettagliata di questi spazi e della loro interrelazione.
Cos’è uno spazio antropologico? E’ uno sistema di prossimità (spazio) unico al mondo dell’umanità (antropologica), e così dipendente dalle tecnologie umane, i significati, il linguaggio, la cultura, le convenzioni. Per esempio, nello spazio antropologico che definiamo “territoriale”, due individui, che vivono su entrambi i lati della frontiera, sono “più distanti” da un altro in cui le persone vivono nello stesso paese, mentre questa relazione potrebbe riversarsi nello spazio della geografia fisica.
La terra fu il primo straordinario spazio di significato formato dalla nostra specie. E’ basata su tre caratteristiche primordiali che distinguono l’Homo sapiens: linguaggio, tecnologia e forme complesse d’organizzazione sociale (“religione” nel più ampio senso della parola). Solo l’umanità vive su questa terra; gli animali abitano nicchie ecologiche. La nostra relazione con il cosmo è l’aspetto fondamentale di questo primo spazio, tanto da un punto di vista che oggi potremmo qualificare come immaginario, così come da un punto di vista molto pratico, danno un contatto intimo tra noi e la “natura”. Il mito e il rito sono modi specifici di conoscenza di questo primo spazio antropologico. Sulla terra, l’identità è inscritta dentro il nostro legame con il cosmo così come nella nostra affiliazione o alleanza con altri uomini. Generalmente, il nostro nome è il prima voce nel nostro curriculum vitae, la nostra inscrizione simbolica dentro una linea ancestrale.
Un secondo, spazio territoriale sorto durante il periodo Neolitico, con lo sviluppo dell’agricoltura, della città, dello stato e della scrittura. Questo secondo spazio non eliminò la gran terra nomade ma la coprì parzialmente e tentò di convertirla in qualcosa di sedentario e addomesticato. Caccia e raccolto non furono più fonte di ricchezza, ma la proprietà e lo sfruttamento dei campi.
Dentro questo secondo spazio antropologico, i modi dominanti di conoscenza erano basati sulla scrittura: storia e sviluppo della conoscenza sistematica, teoretica ed ermeneutica. Qui il fulcro dell’esistenza non fu più la partecipazione nel cosmo, ma il legame all’entità territoriale (affiliazione, proprietà ecc) definito dai suoi confini.
Oggi, insieme al nostro nome, abbiamo un indirizzo, che serve ad identificarci dentro il territorio dei residenti e dei contribuenti. Le istituzioni in cui noi viviamo sono anche territori, giustapposizioni di territori, con le loro gerarchie, burocrazie, sistemi di leggi, confini, logica, appartenenza ed esclusione.
Un terzo spazio antropologico cominciò a svilupparsi nel diciassettesimo secolo, e lo chiameremo spazio della merce. Iniziò a prendere forma con lo sviluppo iniziale di un mercato mondiale conseguente le conquista dell’America da parte degli Europei. Il principio organizzativo di questo nuovo spazio è il movimento: il flusso di energia, materie prime, merce, capitale, lavoro, informazione. Lo straordinario movimento di deterritorializzazione che iniziò a svilupparsi all’alba dell’era moderna non risultò nella soppressione dei territori ma nella loro eversione, nella loro subordinazione al flusso economico. Lo spazio della merce non eliminò quelli precedenti, ma li superò. Divenne il nuovo motore dell’evoluzione. Il benessere non fu più basato sul controllo dei confini ma sul controllo del movimento. Ora regna l’industria, nel senso generale di processo di materiali e informazioni. La scienza sperimentale moderna è un modo tipico di conoscenza dei nuovi spazi di movimento continuo. Ma la scienza tradizionale sta subendo un processo di deterritorializzazione. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, cedette il passo alla “tecnoscienza” guidata da una dinamica permanente di ricerca ed innovazione economica. L’accoppiamento della pratica teorica e sperimentale, caratteristica della scienza classica ora deve competere con il crescente potere di simulazione e modellamento digitale, che minacciano i metodi convenzionali epistemologici e forniscono uno sguardo nel subbuglio del quarto spazio. Possedere un’identità, esistere in uno spazio del flusso di merce, significa che partecipiamo alla produzione economica e allo scambio, occupiamo una posizione ai nodi delle varie reti di produzione, transazione e comunicazione. Essere disoccupati dentro lo spazio della merce è segno di sfortuna, perché dentro la nostra identità sociale è definita dal lavoro, che significa per la maggior parte della popolazione, un lavoro e un salario. Sul nostro curriculum vitae, giusto dopo il nostro nome (posizione sulla terra) e indirizzo (posizione nel territorio), noi generalmente indichiamo la nostra professione (posizione nello spazio della merce).
E’ possibile portare un nuovo spazio nell’esistenza, in cui potremmo possedere un’identità sociale anche senza una professione? Forse la crisi attuale di identità e forme sociali d’identificazione significano l’emergenza incompleta e poco percepita di un nuovo spazio antropologico, uno di conoscenza e intelligenza collettiva, del quale non è garantito l’arrivo da alcune leggi storiche. Come gli altri spazi antropologici, lo spazio della conoscenza controllerà gli spazi precedenti piuttosto che eliminarli. D’ora in avanti, l’esistenza di reti economiche e potere territoriale dipenderà dalla capacità umana di una rapida acquisizione di conoscenza e di sviluppo dell’immaginazione collettiva, così sarà la sopravvivenza della straordinaria terra nomade.
Intelligenza e conoscenza umana hanno sempre giocato un ruolo centrale nella vita sociale. La nostra specie è chiamata sapiens per una buona ragione. Ad ogni spazio antropologico corrisponde un modo specifico di conoscenza. Ma poi, perché riferirsi al nuovo orizzonte di civilizzazione come lo spazio della conoscenza? Ci sono almeno tre aspetti di questa novità: il ritmo di evoluzione della conoscenza, il numero di persone che chiederanno di imparare e produrre nuove forme di conoscenza, e finalmente l’apparizione di nuovi strumenti (strumenti cyberspaziali) capaci di dare luce, nella nube d’informazione intorno a noi, un paesaggio unico e sconosciuto, identità singolari caratteristiche di questo spazio, nuove figure socio-storiche.
Velocità: La scienza e la tecnologia non si erano mai evolute così rapidamente, con così tante conseguenze dirette sulla nostra vita giornaliera, lavoro, modi di comunicazione, la nostra relazione con il nostro corpo, lo spazio, ecc.. Oggi è dentro questo universo di conoscenze e abilità che l’accellerazione è maggiore e le configurazioni più variabili. Questo è uno dei motivi per cui la conoscenza (nel più generale senso della parola) domina le altre dimensioni della vita sociale.
Massa: E’ diventato impossibile limitare la conoscenza e i suoi movimenti a caste di specialisti. D’ora in poi, l’umanità come un tutt’uno deve adattarsi, imparare, inventare se pretende di migliorare questo universo complesso e caotico in cui ora viviamo. Strumenti: Il numero di messaggi in circolazione non è mai stato così alto come ora, però abbiamo pochi strumenti per filtrare le informazioni pertinenti, fare connessioni sulla base di significati e bisogni che sono ancora soggettivi, oppure orientare noi stessi nel flusso dell’informazione. E’ a questo punto che lo spazio della conoscenza cessa di essere oggetto di fatti stabiliti e diventa un progetto. La costruzione dello spazio della conoscenza significherà acquisire strumenti istituzionali, tecnici e concettuali utili a fare informazione navigabile, così che noi sia capace di orientare sé stesso e riconoscere gli altri sulla base di interessi mutati, abilità, progetti, significati e identità dentro questo nuovo spazio. La creazione a proposito di un sistema d’espressione per lo spazio della conoscenza ci permetterà di esprimere correttamente, e forse anche risolvere, un numero di problemi cruciali che in questo momento siamo incapaci di formulare adeguatamente con i concetti e gli strumenti che abbiamo usato per esprimere gli spazi precedenti.
La nostra conoscenza di vita, le abilità, stanno per essere riconosciute come fonte primaria di tutt’altro benessere. Per quale scopo saranno utilizzati i nostri nuovi strumenti di comunicazione? L’obiettivo socialmente più utile sarà senza dubbio fornire noi stessi con strumenti per chiarire le nostre abilità mentali nella costruzione d’intelligenza collettiva o immaginazione. L’informazione maneggiata attraverso Internet vorrebbe fornire l’infrastruttura tecnica per il cervello collettivo o delle comunità viventi. Il ruolo della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni digitali non è quello di “sostituire l’umanità” ma di promuovere la costruzione di comunità intelligenti, in cui il nostro potenziale sociale e cognitivo può essere mutuamente sviluppato e valorizzato. Basato su questo approccio, il maggior progetto architettonico del ventunesimo secolo sarà immaginare, costruire e valorizzare un cyberspazio interattivo e mutevole. Forse sarà poi possibile muovere oltre la società dello spettacolo ed entrare in un’era post-media in cui le tecnologie comunicative serviranno a filtrare e ci aiuteranno a navigare conoscenza, e ci permetteranno di pensare collettivamente piuttosto che trascinare semplicemente masse d’informazione intorno a noi. Sfortunatamente, nonostante i promotori della strada d’informazione possano essere consapevoli del problema, rimangono mirati alle discussioni riguardo la larghezza di banda. Fortunatamente, al momento solo una piccola minoranza considera il sistema globale di consegna di video su richiesta essere il ne plus ultra del pensiero immaginativo concernente l’arte e l’architettura del cyberspazio.


NOTE:

1 Questa ipotesi fu ispirata dall'opera di Bernard Perret. Guerda "L'Economie contre la société. Affronter la crise de l'intégration cultrelle et sociale", di Bernard Perret e Guy Roustang (Parigi: Editions du Seuil, 1993).
2 Questo approccio a lungo raggio alla "fine dell'impiego" fu suggerito da Robert Reich, "The work of Nation: Preparing ourselves for 21st Century Capitalism (New York: Random House, 1991).
3 La parola fu coniata da Roy Ascott durante la <<Telenonia>> conferenza tenuta a Tolosa nel 1992 come parte del progetto FAUST. Guarda anche <<Telenonia>> in " Interactive Art, Intercommunication, 7 (1994), pp. 114-23, e <<Telenonia, On Line>> in "Kunst im Netz" (Graz: Steirischen Kulturinitiative, 1993), pp. 135-46.