Dall'immagine del mondo al mondo delle immagini

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search

Dall'immagine del mondo al mondo delle immagini

di Laura Capuozzo

La vita e la cultura, specialmente negli ultimi due secoli, sono state ceratterizzate dall'onnipresenza dell'immagine. Un fatto, questo, che ci fa sentire contemporanei a quella che comunemente definiamo "civiltà dell' immagine". Tuttavia, occorre rendersi conto che, se in passato l'immagine ha consentito perlopiù di riprodurre il mondo, rispecchiandolo così com'è o filtrandolo attraverso la prospettiva dell'artista, oggi, essa mira invece a produrre, grazie all'apporto del digitale, mondi fittizi.

Il digitale, rappresenta forse l'aspetto più eclatante e più coinvolgente dello sviluppo tecnologico ed è per questo che sono diversi i teorici che si mettono in discussione argomentando le loro interpretazioni dell'immagine digitale e la nuova realtà creata dal computer. Alcuni, si interrogano sulla possibilità che ciò possa portare all'ampliamento degli spazi di esperienza aprendosi dunque ad un percorso artistico che, pur traendo spunto dalla concretezza del mezzo informatico, dà vita a mondi altri, mondi che si pongono come una variazione immaginativa del reale,come rielaborazione,proposta di senso,cui non spetta il compito di descrivere il mondo così come è ma come è possibile che sia. Altri, al contrario, inseriscono l'indagine speculativa sul digitale all'interno del percorso del pensiero occidentale, ovvero rispetto a tutto ciò che l'occidente ha giudicato essere vero, giusto, sensato e colgono soprattutto le implicazioni etiche ed ontologiche delle nuove realtà create virtualmente, basandosi sul confronto-scontro con la realtà concreta. Se lo sguardo occidentale,sostiene ad esempio Debray, si confronta con tutto ciò che è immutabile, non può che conseguirne una svalutazione di tutto ciò che, all'opposto, si configura come immagine della realtà o peggio, come suo simulacro. Qui si colloca la negazione assoluta dell'immagine digitale, e da qui si origina la considerazione delle nuove "realtà leggere " create dai computer come forze che scindono il mondo reale da quello ideale. Su questa linea è possibile collocare anche la prospettiva ideologica di Jean Baudrillard, uno dei maggiori teorici contemporanei del virtuale: se,infatti, il reale è ciò che è, come non giudicare il virtuale come una raffigurazione, copia della realtà o peggio, suo simulacro? Se questo è lo sfondo da cui si origina l'interrogazione sul virtuale, ne emerge una connotazione negativa,ritenendolo superfluo e addirittura dannoso. Ad essere messo in discussione è, ancora una volta, il rapporto tra reale e finzione,reale e artificiale; in altri termini, il rapporto tra il reale e le sue immagini, le sue rappresentazioni. Rapporto che conduce ad un accrescimento di essere, attraverso la rappresentazione pura dei mezzi tradizionali, ma che risulta ormai escludo dalla sfera del digitale.

Le immagini di sintesi non sono più prospettive soggettive, oggetti di visioni del mondo ma, sempre più spesso, immagini costruite e verificate dalle scienze, dalla manipolazione sperimentale all'applicazione dei risultati tecnologici ed infine,a loro volta, sembrano convergere non più nell'arte ma nella scienza tecnologico-informatica.

E' bene sottolineare che, quello che viene oggi definito "mosaico elettronico" ingloba non solo la registrazione di immagini dalla realtà ma anche la creazione di immagini sintetiche. Spesso,infatti,l'immagine digitale non ha un punto di partenza ma solo un punto di arrivo, non essendoci alcuna realtà fisica corrispondente all'immagine creata "in laboratorio". Come sottolineava Debray, con il passaggio al digitale l'immagine si svincola dal suo statuto mimetico, le immagini virtuali sono "causa sui", non più dipendenti dal reale ma sintesi di algoritmi e calcoli matematici.

Per questo l'estetica si pone oggi il problema che il livello di digitalizzazione sarà così elevato che ogni elemento della realtà potrà essere ridotto ad una sequenza di dati al prezzo di cambiare le caratterstiche del mondo reale, compreso il peso. Ed è forse questo il motivo che spinge i teorici a temere la scomparsa del reale a favore del virtuale, ed insieme anche la somparsa dell'illusione, della contingenza, del pathos legate all' "imago mundi". Con il "concepimento assistito del computer l'immagine prodotta aggira l'opposizione della parvenza e della realtà, non deve più mimare un reale esterno per esistere perchè è il prodotto reale che dovra appunto imitarla, per esistere. Un' entita virtuale è effettivamente percepita da un soggetto ma senza la realtà fisica corrispondente. "Alleggerita da ogni referente, l'immagine autoreferenziale del computer permette di visionare un edificio che non è ancora stato costruito. Ecco il visivo.com'è in se stesso, alla fin fine".

Nella consapevolezza che l'immagine è sempre mediazione tra il visibile e l'invisibile e che la rappresentazione permette di rendere presente anche l'assente, l'invisibile aglio occhi, il virtuale incide anche sul rapporto visibile-invisibile: l'immagine di sintesi è essa stessa immateriale, "allora quello che coglie la nostra vista non è più nient 'altro che un modello logico-matematico". Il passaggio attraverso la numerazione bimaria ha fatto sì che l'essenza fisica del mondo, la sua carne, si sia trasformata in un essere matematico come gli altri: sarebbe questa, secondo molti, l'utopia delle nuove immagini. "Ecco il mondo delle immagini,insieme banalizzato e privato dei suoi compartimenti". Se è vero che il "re" di rappresentazione salta, viene spontaneo chiedersi se sia allora necessario porre dei limiti etici alla rappresentazione. Potremmo richiamare una annotazione che Paul Klee poneva a margine del suo ultimo disegno : "bisogna che tutto sia conosciuto? Ah, io non credo". Baudrillard, sembra concordare con Klee ritenrndo che non sia "giusto" che di ogni aspetto della vita sia dia un'immagine; ciò che è al di fuori della realtà fisica, l'immaginario dell'uomo, nonostante i tentativi artistici, tecnologici o scientifici, è irrappresentabile, ed è giusto che rimanga tale. Afferma inoltre che che "con la realtà virtuale,si direbbe che la tecnologia manifesti la volntà di potenza come volontà di rappresentazione. O, meglio ancora, è la stessa tecnologia, non l'uomo a manifestare la propria volntà di potenza, col virtuale".

Nell'ottica del filosofo francese emerge come la tecnica sia un contesto multiverso in cui tutto deve diventare reale, il possibile deve diventare reale, in quanto la sua più profonda intenzione sia di portare in luce anche ciò che non si vede: "forzare tutto il reale nell'ordine del visibile". L'ultima violenza fatta oggi all'immagine è stata di renderla visibile, non appena il reale è prodotto virtualmente, esso si verifica e non lascia spazio alcuno alla contingenza. Di fronte ad un'immagine sintetica, in questo senso, non siamo più sicuri se essa sia o meno stata esposta all'obbiettivo. Ne consegue che l'aspetto immaginativo del reale viene a mancare, l'immagine digitale non testimonia più alcunchè del reale, come faceva la fotografia analogica, perchè lo può creare da da sè. Non siamo piu nel mondo della rappresentazione: le immagini appartengono ormai al mondo del consumo visivo.

I tentativi di interattività della tecnologia digitale in effetti,oggi,sciolgono il valore stesso dell'immagine, la sua distanza da ciò che essa stessa rappresenta, il suo stesso essere visibile e invisibile allo stesso tempo. Il virtuale ha assorbito ciò che prima era opposto, il reale e il possibile, le contraddizioni tra realtà ed immaginazione: soggetto e oggetto sono diventati elementi interattivi. L'ambivalenza dell'immagine si scontra infine con la pretesa di una sua possibile iperrealizzazione.


Categoria: Teorie

Sottocategoria : Estetica