Death of computer art

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Death of computer art

Autore:

Manovich_Lev

==Tratto da:=+

Titolo Originale:

The death of computer art

Traduzione di:

Chiara Goti

Anno:

1997

La morte dell'arte digitale

Molte persone parlano a proposito della crescente convergenza tra computer, comunicazione e televisione. Convergenza che probabilmente avverrà. Infatti, a giudicare dai modelli più recenti di PC, che vengono chiaramente sistemati come dispositivi elettronici di consumo (incluse le segreterie telefoniche e le schede per la TV), questo processo è in corso a tutti gli effetti. Quelli tra noi che lavorano con l’arte digitale si trovano spesso a dibattere su un’altra convergenza – quella tra il mondo dell’arte e il mondo dell’arte digitale. Recentemente sono arrivato alla conclusione che questa particolare convergenza NON si avrà. Di seguito ci sono le ragioni. (Nei passi seguenti, mi riferirò al mondo dell’arte – gallerie, musei, prestigiosi giornali d’arte – come Duchamp-Land, in analogia con Disneyland. Mi riferirò anche al mondo delle arti digitali - come esemplificato da ISEA, Ars Electronica, SIGGRAPH art show….- come Turing-land) L’oggetto tipico che è ammesso a Duchamp-land (in altre parole, considerato come arte contemporanea), soddisfa le seguenti caratteristiche: - è orientato al "contenuto". O, come dicono a Hollywood, "è il contenuto, stupido!". Il contenuto può significare bellezza (benché verso la fine del secolo le arti hanno, nel complesso, delegato la funzione di offrire la bellezza alla società, a MTV, e alla moda); "metafore della condizione umana"; trasgredire le norme culturali accettate, etc.. - è "complicato". Questa caratteristica richiede un’analisi sociologica e semiotica ulteriore, ma qui ci limitiamo a dire che si riferisce all’evocazione di una moltitudine di codici culturali che richiedono di leggere l’oggetto come un particolare, atteggiamento ironico post moderno. - Atteggiamento ironico, auto-referenziale e spesso letteralmente autodistruttivo verso il suo materiale, in altre parole, la sua tecnologia, sia essa tela, vetro, motori, dispositivi elettronici ecc.. Gli esempi sono la consapevolezza – che ha dato forma in larga parte al modernismo artistico – della tensione tra l’illusione e la superficie piatta della tela; macchine ironiche di Duchamp; macchine auto-distruttive di Tinguely. Ma l’elemento forse migliore e più rilevante è la prima mostra di Paik dove egli storse la tecnologia – scenografie di televisioni aperte con degli strappi o segnali TV modificati attraverso dei magneti applicati ai monitor.

Diamo un’occhiata adesso a Turing-land, che, come vedremo, è caratterizzata esattamente dalle caratteristiche opposte: - orientamento verso il nuovo, allo stato dell’arte legata alle tecnologie digitali, piuttosto che al contesto. Negli anni Sessanta e Settanta era l’indagine sugli algoritmi e la cibernetica, più tardi era la computer grafica, pochi anni fa erano i CD-ROM e l’"interattività" (concetto molto problematico poiché tutte le interfacce uomo-macchina moderne sono interattive, in altre parole un computer moderno è un dispositivo interattivo per definizione, e la parola non dice niente di più se non che un’opera d’arte sta utilizzando un computer). Adesso sono il Web e i memi; il prossimo anno forse i DVD o le reti a banda larga o chissà che altro. In poche parole, Turing-land serve da luogo nella società dove le persone dei mondi della cultura e dell’arte giocano con le ultime tecnologie digitali. Dal punto di vista sociologico, ciò è esemplificato dalle categorie storicamente in cambiamento delle mostre come Ars Electronica e ISEA: la categoria della "computer grafica" è stata abbandonata in favore della nuova categoria dell’"arte WWW" etc -"semplice" e generalmente senza ironia. (vedi sotto) - Cosa più importante gli oggetti presenti a Turing-land prendono sempre sul serio la tecnologia che utilizzano (questa è un’importante differenza tra l’arte digitale di uso corrente e il movimento per l’arte per l’arte e la tecnologia degli anni ’60). In essa, l’arte digitale funziona esattamente come l’industria informatica. Spesso vedi artisti digitali confrontarsi seriamente e mettere in primo piano la natura primordiale della tecnologia dei computer – che i computer si bloccano sempre; che i programmi si incantano; che la metà dei collegamenti nel web portano a niente, visto che nessuno pulisce questo gigantesco sito pieno alla rinfusa di siti informativi conosciuto come "WWW"; che un tipico utente della realtà virtuale trascorre il suo tempo perdendosi letteralmente piuttosto che impegnandosi in interazioni "di senso" con il mondo virtuale. Brevemente, la nostra civiltà si sta si sta affrettando a basarsi su una tecnologia che può soltanto essere descritta come altamente inattendibile, transitoria e incompleta. Quando i computer non funzionano ad una mostra d’arte digitale, gli artisti e il pubblico trattano sempre questo fatto con orrore, anche se stanno assistendo alla dimostrazione di un’azienda – invece che prenderlo come un meraviglioso incidente in stile Dada. - Forse soltanto gli artisti provenienti dalle società post-comuniste sono pronti ad ammettere che in una società dell’informazione il rumore ha lo stesso significato di un segnale, e che la natura della tecnologia è ciò che non funziona come dovrebbe. Ad esempio si consideri il progetto (che ho già menzionato nel mio intervento precedente) presentato dal poeta concettuale russo Dimitry Prigov durante ISEA ’94. Utilizzò dei programmi di traduzione commerciale per tradurre una famosa poesia russa del diciannovesimo secolo dal russo al finlandese, e da questo all’inglese poi dall’inglese di nuovo al russo (potrei aver riportato dei dettagli errati, ma non dovrebbero essere importanti). Presentò poi gli errori fatti dal programma (il quale, progettato per occuparsi di testi commerciali, non era molto indicato per la poesia russa) come una sua nuova opera d’arte. Quindi, il rumore si trasformò nel segnale (in maniera significativa, questo è ciò che la teoria matematica della comunicazione di Shannon, che forma la spina dorsale intellettuale della società dell’informazione, ha riconosciuto mezzo secolo fa).

Ma torniamo alla disputa tra Duchamp-land e Turing-land. Potrei concludere dalla mia analisi che adesso, visto che Duchmap-land ha finalmente scoperto i computer e cominciato ad utilizzarli con la sua solita ironia e sofisticatezza, manifestazioni come ISEA e ARS ELECTRONICA dovrebbero semplicemente essere abolite? Probabilmente no. Questi convegni hanno l’importante funzione di essere una zona tampone, un’interfaccia in cui il mondo della cultura in generale e il mondo della cultura informatica si incontrano. Qualche volta vediamo anche artisti spingere i confini dell’estetica dei nuovi media, cioè andare oltre a ciò che è stato già compiuto dai simulatori di voce, dai video giochi con i loro motori di intelligenza artificiale, dai progetti dei laboratori sui media del MIT, etc.. In poche parole, di quando in quando gli artisti sono in grado di competere con i ricercatori informatici, piuttosto che creare semplicemente nuove dimostrazioni per il software commerciale, quindi funzionando come "memi" per l’industria informatica. Ciò che non ci dovremmo aspettare da Turing-land è l’arte che sarà accettata a Duchamp-land. Duchamp-land vuole l’arte, non una ricerca sulle possibilità estetiche dei nuovi media. La convergenza non accadrà.