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== '''Stephan Barron'''
 
  
Table of contents
 
 
1 Biografia
 
2 Opere
 
3 Musei
 
4 Bibliografia
 
5 Sito Web
 
6 Poetica
 
7 Webliografia
 
 
 
 
 
 
 
=='''Biografia'''==
 
 
 
Stéphan Barron occupa in Europa un ruolo fondamentale all’interno della ricerca della definizione spazio temporale dell’immagine video.
 
 
Fondatore del movimento detto ''Technoromantisme'' (Tecnoromanticismo) e componente dell’Art Planétaire (Arte Planetaria), è uno dei primi artisti francesi ad avere consacrato il proprio lavoro alle nuove tecnologie. Attivo nella sua nazione d’origine e all’estero, ha ottenuto una borsa di studio dalla Villa Médicis per le Nuove Tecnologie.
 
 
Studioso e teorico d’arte ha scritto numerosi saggi sui nuovi andamenti dell’arte contemporanea. Il suo percorso coniuga teoria e pratica delle arti tecnologiche  e contemporanee, e gli offre un ruolo nella corrente delle arti d’avanguardia del XX° secolo e di altre forme d’arte quali il video, la danza, l’architettura, la musica ecc…
 
 
 
=='''Opere'''==
 
 
 
'''''Opere d’Arte Planetaria'''''
 
 
 
Queste lacune tra il suono e l’immagine, formano una trama, diventano un teatro d’ombre, ombre di immagini, ombre di suoni. Ora, questa è la cosa rilevante, è la mancanza che ci conduce dal reale all’arte.Giugno 1987
 
 
 
 
 
''Berlin/Pekin'': Questa è un’installazione video che doveva essere realizzata nel 1988. Sette televisori emettono immagini di Berlino e del Muro e altri sette mostrano la Cina e della Muraglia cinese. All’inizio dell’esposizione, questa parte doveva essere attivata. Un testo è letto per telefono da Pekino da un cinese. Un testo viene letto per telefono da Berlino da un tedesco. Le due voci si fondono nel luogo dell’esposizione. Lo scopo di questo progetto è di mettere in scena un legame simbolico ed immaginario tra la Muraglia Cinese e il Muro di Berlino. Nei primi fotogrammi il muro di Berlino viene sovrapposto da simboli  calligrafici cinesi. Successivamente si susseguono testi cinesi a testi tedeschi, con una avvicendamento di immagini della muraglia e del muro. Questa visione offre allo spettatore la possibilità di prendere parte ad un’esperienza globale, multi culturale e multi spaziale che frantuma le necessità e i bisogni soggettivi, portandolo in due posti estremamente distanti, ma nello stesso tempo uniti nella esperienza immediata. La distanza viene annullata. Il muro, limite spaziale tra gli uomini, è un simbolo dell’infermità e dell’isolamento. Confrontare in uno stesso luogo (il luogo dell’esposizione) questi due muri-simbolo, distanti nel tempo e nello spazio, mettendo in dubbio la validità di tutte le barriere umane. Vengono così rimessi in gioco i propri limiti e le barriere mentali. Nel 1988 questo progetto venne rifiutato dal Ministro della Cultura, e non poteva essere realizzato senza denaro. Nel 1989, il Muro di Berlino venne abbattuto. Nel 1994, la rivendicazione della libertà degli studenti cinesi venne repressa nel sangue..  Progetto del 1988.
 
 
''Orient Express'':  Stéphan Barron percorre sull’Orient Express il tragitto tra Parigi e Budapest, scattando una fotografia ad intervalli orari. Raggiunta Budapest, le 25 polaroid realizzate vengono numerate e spedite tramite modem a Parigi; la stessa cosa viene fatta durante il viaggio di ritorno. In questa opera, le immagini scattate a distanza di tempo, ci obbligano a ricostruire mentalmente il viaggio. Questa opera vuole essere una riflessione sullo spazio, la modificazione dl viaggio (viaggio immobile e immaginario) nell’era della comunicazione istantanea. Inoltre è una riflessione sul tempo, o come un istante banale, scelto in precedenza diventi importante. Orient Express crea una frattura tra lo spazio e il tempo: la coscienza di tempo vi si annulla concentrandosi sui limiti spaziali. L’essenza dell’immagine è il tempo. Ottobre 1987
 
 
 
''Traits'': Azione realizzata con Sylvia Hansmann. L’idea è quella di percorrere in auto il Meridiano di Greenwich dalla Manica al Mediterraneo, da Villers-sur-Mer a Castillon de la Plana,  inviando, attraverso un télécopieur, nell’arco di 13 giorni 850 telefax (testi e immagini) a otto musei d’Europa. La linea diritta realizzata nello spazio geografico si materializza nei luoghi dell’esposizione grazie alle immagini inviate, e nello spirito degli spettatori grazie ai tratti immaginari, proiezioni del Meridiano d’origine. Barron desidera proporre una nuova rappresentazione del tracciato, uno dei primi simboli della civiltà: una rappresentazione mentale integrante lo spazio, il tempo e l’immaginario di ciascuno. Settembre 1989 Ars Electronica, Manifestation Internationale des Arts Electroniques-Linz/Institut Français- Cologne/ Galerie Aladin Oudin-Paris/ Centre d’Art Contemporain Espais- Gérona/ La Criée Centre d’Art Contemporain- Rennes/ Maison de la Culture d’Amiens/ Musée de Céret. 1989
 
 
''Autoportrait'' : Si tratta di un robot telefonico costruito nel 1991 in collaborazione con l’ingegnere Jérôme Gilbert. Nel luogo dell’esposizione, una freccia robotizzata indica la direzione dove si trova Barron. Questo robot obbedisce alle frequenze vocali del telefono indicando otto direzioni differenti ( Nord, Nord-Est, Est, Sud-Est, Sud, Sud-Ovest, Ovest, Nord-Ovest). L’artista si sposta attorno al luogo dell’esposizione e indica al robot attraverso una cabina telefonica le differenti direzioni. “ Ho fatto credere di aver fatto il giro dell’Europa, ma sono rimasto due settimane a casa mia “ confesserà in seguito Barron.
 
 
 
 
''Les plantes de mon jardin'' : Questa è un’opera realizzata nella primavera del 1991 tra la Normandia e Praga.  Barron invia ogni giorno da Hérouville Saint-Clair (Francia) a Praga, nell’arco di tre settimane, delle telecopie sulle piante del suo minuscolo giardino. La grandezza reale del giardino non è conosciuta dai destinatari. Questo progetto gioca così sulla manipolazione e sulla cecità. Le telecopie inviate fanno credere che il giardino sia immenso. In quest’opera l’aspetto dell’azione quotidiana unita alla totalità della terra è importante.Crea un legame tra la terra microscopica del giardino e la Terra. Microcosmo di un giardino che si sveglia in inverno e il macrocosmo della città (Praga) che riacquista la propria libertà dopo la caduta del comunismo. Galerie Spala - Praga – Maggio 1991.
 
 
 
''A perte d’entendre'' : Opera del 1991 sulla percezione intima di spazio e del legame con l’altro. L’artista fermo alla Porta di Brandeburgo con un walkie-talkie, si dirige successivamente nelle otto direzioni cardinali. Ad ogni perdita di contatto delle trasmittenti scatta delle foto del luogo in cui si trova. I raggi del cerchio, cordoni ombelicali immateriali, variano in funzione della trasmissione. Questo progetto è espressione dello spazio interiore, costruito a partire dall’esperienza della perdita. È stato realizzato a partire dalla Porta di Brandeburgo. Poichè simbolo della frontiera immateriale tra l’Est e l’Owest. Galerie Sakschewski – Berlino – Luglio 1991.
 
 
 
 
''Le bleu du ciel'' : È un’installazione interattiva del 1994. Due computer situati a Tourcoing e a Toulon,  collegati tramite rete telefonica calcolano in tempo reale le gradazioni di colore presenti nel cielo dell’emisfero australe e dell’emisfero boreale. Lo stesso progetto venne realizzato nel 1995 tra Parigi e Monaco ( Prix Unesco). I cieli dei due luoghi distanti nello spazio interagiscono tra essi stessi lo e lo spettatore dell’opera. Non si tratta di un’interattività tra l’uomo e la macchina, ma di un’interattività più vasta, tra l’uomo e la natura che è rivolta a vedere e trascendere tramite questa installazione. Dietro un piccolo monocromo, si sviluppa un doppio processo interattivo: interiore con la nostra psicologia, esteriore con il pianeta. 
 
Questo progetto rappresenta il processo interattivo tra il cielo e il nostro stato d’animo: il colore del cielo sul nostro temperamento, la nostra visione del mondo. La nostra visione del mondo è influenzata dalle sensazioni che ci trasmette il colore del cielo. Estroversi al Sud, introversi al Nord....gioiosi in primavera, melanconici quando il cielo è cupo e grigio...il colore del cielo è una finzione interattiva; dare concretezza a questa finzione è lo scopo di questo progetto. La sua bellezza risiede in questo cielo fittizio, un cielo infinito e ubiquista che esiste da qualche parte tra Nord e Sud, in qualche luogo del nostro immaginario: un cielo infinito. Questi monocromatismi viventi ed immaginari, cosmici e in armonia con i cieli realmente distanti mille chilometri, perseguono il progetto di Yves Klein e dei suoi monocromi. Ci riconducono al cielo finito ed infinito: quello del pianeta azzurro. Questo dispositivo ci apre ad una dimensione superiore delle nostre percezioni.
 
 
 
 
''Le jour et la nuit'' : Riprende nel 1995 l‘idea di collegare la metà dei due cieli. Vengono quindi presentate due immagini reali del cielo estrapolate da due paesi distanti dodici ore di fuso orario. Un computer in Brasile e uno in Australia, collegati tramite Internet, mostrano fotografie dei cieli dei due paesi. L’intervallo orario di dodici ore tra i due paesi causa inevitabilmente la presenza da un lato di un cielo sempre notturno e dall’altro sempre diurno. Il risultato è un monocromo blu medio. Il variare delle nuvole all’interno di questi cieli comporta delle nuance grigie, azzurre e blu notte. Gli spettatori dell’opera partecipano a circa 20000 chilometri di distanza. Questa installazione ridimensiona la nostra coscienza nei confronti della terra. Adelaide – San Paulo/ Arte no seculo – Dicembre 1995.
 
 
 
 
''Ozone'' : è una delle prime opere in cui Barron utilizza internet. È un’installazione sonora che traduce in musica la quantità di ozono rilevata in Australia e quella prodotta dalla circolazione veicolare a Lille.
 
 
 
 
L’idea iniziale era quella di inserire un pianoforte programmato nei luoghi destinati all’esposizione. Questi strumenti che all’apparenza dovevano sembrare comuni, in realtà dovevano produrre una musica realizzata attraverso l’interazione di fenomeni umani e naturali.
 
L’installazione finale doveva essere composta da un pianoforte inagibile, azionato a distanza da fenomeni planetari immateriali. Il progetto iniziale prevedeva l’uso di una macchina singola, azionata da una pompa ad ozono che metaforicamente ne regolasse l’eccesso presente nella città per compensare quello che mancava dalla stratosfera.
 
I suoni acquisiti dalla circolazione veicolare di Lille e dalla rottura della calotta d’ozono in Australia, furono diffusi simultaneamente nel giardino di un fabbricato storico di Adelaide, e in una strada ad Roubaix.
 
 
L’opera durante la fase della sua realizzazione subì numerose variazioni;all’inizio Barron pensava di costruire delle macchine specifiche integranti dei rilevatori d’ozono a Lille e dei rilevatori di UVB, che avrebbero permesso una misurazione diretta della calotta d’ozono in Australia. Tuttavia questi rilevatori erano molto costosi e molto difficili da installare. Apparve così immediatamente preferibile riutilizzare dei dati collettivi offerti dagli istituti di ricerca.
 
Nonostante le difficoltà, Barron  riuscì ad ottenere i dati relativi all’inquinamento di Lille dall’istituto AREMA e dal CSIRO ( Commonwealth Scientific Industrial Research Organisation ) che lo mise in contatto con la Skin Cancer Foundation di Adelaide (Fondazione per la lotta al cancro della pelle)  i dati relativi all’Australia.
 
La  fondazione australiana gli inviò molti grafici sulla misurazione degli ultravioletti B lasciandogli libero accesso a tutte le misurazioni prese sullo studio della calotta d’ozono e dell’inquinamento. Ozone passò così da un’installazione autonoma di due luoghi legati tra essi, ad un progetto collegato ad un reticolo di misure e dati.
 
Il progetto ottenne la possibilità di ricevere un aiuto dalla Villa Médicis Hors-les-Mures e di essere selezionato dal festival Internazionale di Adelaide.
 
 
Il progetto di inserire due pianoforti fu alla fine modificato, poiché l’installazione doveva avere luogo all’esterno: in un giardino ad Adelaide, e nelle strade di Roubaix. La scelta finale previde l’uso di suoni sintetici di pianoforte e di voci numerate, diffuse da altoparlanti.
 
Per Barron Ozone divenne  espressione di inquietudine e di meraviglia. L’inquietudine come presa di posizione di fronte al pericolo virtuale, la meraviglia come forma di presenza, di partecipazione alla totalità e alla globalità del pianeta poichè i fenomeni ai quali siamo rapportati sono complessi, immateriali, informativi, interdipendenti.
 
 
La nostra sola possibilità per acquisire delle informazioni è ascoltare esperti e scienziati non senza rimanere perplessi dalle loro affermazioni e successivamente prendere posizioni legate alla nostra storia personale, fisica, intellettuale e sociale. Ozone esprime quindi questa perplessità, questa complessità di fenomeni informativi coi quali siamo costretti a confrontarci. Questa installazione ci invita a coltivare i nostri pensieri e le nostre percezioni, e senza dubbio ad agire con precauzione e dolcezza nei confronti della Terra.
 
Abbiamo coscienza dell’interdipendenza tra gli obiettivi locali dell’ecologia urbana e gli obiettivi planetari. L’inquinamento locale, soggettivo e oppressivo, è inscindibile da quello globale. Il buco dell’ozono non è che uno dei pericoli che  minacciano la sopravvivenza della specie umana sulla faccia della terra. Ma l’ozono presenta degli aspetti simbolici importanti: per la prima volta, le tecno-scienze ci informano degli effetti nefasti del progresso, permettendoci di avvertire un pericolo immateriale in scala globale, per la prima volta, gli esseri umani prenderanno una decisione comune per la salvaguardia della specie.
 
Il progetto Ozone esprime quindi l’interdipendenza dei fenomeni planetari. Ci suggerisce di arrivare ad una presa di coscienza individuale e farla sfociare in un’azione personale, demoltiplicata, di frattura, sia nell’ambiente locale che nel planetario. Le nostre azioni, i nostri gesti, il nostro destino, da un lato all’altro della terra, sono uniti.
 
 
La presa di coscienza, e le misure adottate sul problema dell’ozono cominciare ad avere un effetto benefico, giacché la diminuzione del buco dell’ozono è possibile, e la prospettiva di un ritorno alla normalità è probabile per i decenni a venire.
 
 
 
 
 
 
Tra le misurazioni acquisite e le note musicali venne stabilita una scala di corrispondenze.
 
 
In quest’opera di Net-art non esiste interattività con lo spettatore; lo stesso aspetto grafico diviene di secondario rilievo, fino quasi ad essere assente. Effettivamente ciò che caratterizza opere come Ozone è di richiamare alla nostra mente e ai nostri sensi sia l’infinitamente grande della Natura, sia le complessità delle interazioni che vi si sviluppano. Ciò ci permette di considerare le conseguenze delle nostre azioni e delle nostre attività. Le due dimensioni sono nello stesso momento diventano indissociabili.
 
 
 
 
 
 
''Contact'' : L’installazione è in fase di sviluppo dal 1994 e doveva essere realizzata entro il 2003. Due placche di rame situate in due luoghi differenti a distanza di migliaia di chilometri, una in Canada, l’altra in Francia, vengono collegate attraverso rete telefonica. Quando una delle due placche viene toccata da una persona, l’altra si riscalda. Ogni persona invia così un segno della sua presenza, del suo passaggio, della sua assenza.
 
 
Contact assume quindi una dimensione ironica e critica: la società della comunicazione è paradossalmente una società in cui la paura dell’altro, la paura di toccare e sentire vengono distrutte dall’assenza di contatto fisico tra le persone. È un’opera che richiama al ritorno al tatto e alla sensualità. 
 
 
''Com_post''  : Opera d’arte in legno. I navigatori inviano dei testi che gli ritornano tutte le settimane via via sempre più decomposti. 2000.
 
 
 
'''''Opere di Video Arte'''''
 
 
 
 
 
 
 
 
 
''Mur'' : Ambiente video costituito da quattro muri-televisori. Su ciascun muro è diffusa una pellicola video.
 
Il fruitore di questa installazione deambula nell’ambito delle quattro mura. L’installazione viene disposta con l’idea di creare un contenitore delimitato dalla mura e quindi le pareti devono essere piuttosto alte e larghe (2,20x4m).
 
Il numero di televisori utilizzati per queste installazioni è dunque al massimo di 120 (muri di 5 volte 6, saranno 30 televisori) e un minimo di 64 (muri di 4 volte 4, saranno di 16 televisori). In questo caso gli spazi intermediari vengono colmati con del legno dipinto.
 
L’idea di concentrazione e meditazione (faccia al muro!) non sono certamente escluse da questa installazione. Così all’interno di una musica verrà diffuso un rumore di tipo industriale che accentuerà gli aspetti di compressione, concentrazione e espansione, liberazione, legate a questi ambienti.
 
Gli estratti video hanno la durata di 10 minuti e sono costituite da inquadrature sul muro. La riflessione è ricondotta ad un aspetto plastico, astratto dei muri: texture, colore... e sul movimento della camera: piani in movimento, carrellate, mezzi giri, dritto, rovescio. Una coordinazione dei quattro video sarà studiata precisamente dal passaggio dei fotogrammi da un muro all’altro o da una simultaneità dei cambiamenti di inquadrature. 1987
 
 
''Dans la chaleur des concepts'' : Installazione video, foresta di Munich. Barron installa in mezzo alla foresta un televisore che mostra immagini del fuoco. Questo simboleggia la dominazione dell’uomo sulla natura, in riferimento al mito di Prometeo, e il potenziale pericolo della avanzante tecnologia sulla vita dell’uomo. Tecnologia salvatrice o distruttrice? Il limite tra i due poli è sottile e pertanto risiede nella nostra risposta alla domanda: quale sarà l’avvenire umano? 1988
 
 
''Signes des Temps'' : su sette marmi blu nuvolato delle misure di 0,7x1 metro vengono incisi i principali simboli dei mezzi tecnologici. Questo ci pone un interrogativo: cosa resterà della nostra civiltà tra 2000 anni? Come parlare della nostra civiltà aldilà del tempo e dello spazio?
 
Il quadrato, il cerchio, il triangolo, i tratti, i simboli di una grande profondità spirituale sono stati deviati per diventare dei segni di riferimento della nostra civiltà consumatrice di oggetti tecnologici giapponesi. 1993
 
 
 
''L’espace d’un jour'' : Performance – installazione video, sugli spazi che si percorrono in un giorno. Per realizzarlo Stéphan Barron si sposta per tre giorni dall’alba al tramonto.
 
Primo giorno immobile: la telecamera è piazzata su un’asse che fa una rotazione di 360° in un giorno e filma il paesaggio circostante.
 
Secondo giorno in marcia: Barron percorre a piedi un vasto percorso circolare nella campagna.
 
Terzo giorno in macchina: Barron percorre in macchina un vasto tragitto circolare in Normandia.
 
Barron parte ogni mattina dallo stesso punto, per ritornare ogni sera allo stesso punto descrivendo così tre cerchi via via più grandi. A questi tra giorni corrispondono tre movimenti, tre velocità, tre spazi.
 
Durante i tre giorni in movimento, Barron raccoglie le immagini video: dieci ore di riprese al giorno che vengono diffuse simultaneamente su tre piccoli monitor nella stessa installazione video.
 
Lo spazio di un giorno è una riflessione su una percezione dello spazio, sulle differene spaziali che l’uomo sperimenta ogni giorno.
 
Più che un’installazione video, L’espace d’un jour è un processo che lo spettatore è invitato a sperimentare, un invito a vivere le forme moderne della meditazione: la meditazione immobile, la meditazione del cammino, la meditazione della macchina... Egli vuole ridonarci una coscienza di spazio e movimento. Se il video gioca in questa installazione un ruolo secondario di memoria, di un possibile, ci rinvia soprattutto all’importanza della nostra presenza nel mondo e a noi stessi.
 
 
 
=='''Musei'''==
 
 
 
Galerie Aladin Oudin-Paris/ Centre d’Art Contemporain Espais- Gérona/ La Criée Centre d’Art Contemporain - Rennes/ Maison de la Culture d’Amiens/ Musée de Céret/ Galerie Spala – Praga/ Galerie Sakschewski – Berlin/  Toulon/Tourcoing – ERSEP / Műnich/Paris, UNESCO /.Adelaide – San Paulo/ Arte no seculo.
 
 
 
 
=='''Bibliografia'''==
 
 
Conferenze di Stéphan Barron
 
 
Discussione Artcom - Ecole des Beaux-Arts de Paris - Janvier 1986
 
Discussione Vers une culture de l’interactivité - Cité des Sciences et de l’Industrie - Paris - Mai 1988
 
Ecole d’Art de Sarrebrücke - Novembre 1992
 
Discussione su Vilèm Flüsser - Anvers - Octobre 1993
 
Université européenne de la Recherche - Paris - Novembre 1993
 
Université de Nice - Séminaire de Fred Forest - 1996
 
Akademie der Bildenden Künste - Munich - Nov. 1997
 
 
Testi  scritti da Stéphan Barron
 
 
BARRON Stéphan, "Baltique", Videonale, Catalogue de la Biennale d’Art vidéo de Bonn, 1986, p.58
 
BARRON Stéphan, " artiste de la communication ", L’estetica della comunicazione, Ed. Palladio, Salerne, 1987, pp.89 à 93
 
BARRON Stéphan, "L’installation vidéo Mur", Vidéo installations, Ed. Comédie de Caen, 1987, Texte publié également dans le Catalogue de Vidéoformes, Clermont Ferrand, 1987
 
BARRON Stéphan, "Hérouville / Abidjan, Transmission d’images informatiques", Catalogue de Vidéo art plastique, Hérouville, 1988, p. 54. Texte publié également par Action Culturelle en Basse-Normandie, n°109, Ed. Direction Régionale des Affaires Culturelles de Caen, pp.18-19
 
BARRON Stéphan, "Nine 2 Five", Catalogue de Entrez les artistes à l’école, Ed. Office Départemental d’Action Culturelle du Calvados, 1988
 
BARRON Stéphan, sans titre, Vers une culture de l’interactivité, actes du Colloque, Ed. Cité des Sciences et de l’Industrie de La Villette, Paris, 1989, p. 159
 
BARRON Stéphan, sans titre, Catalogue de l’exposition Wortlaut, Ed. Galerie Schüppenhauer, Cologne, 1989, p.124
 
BARRON Stéphan, sans titre, Catalogue de la vente Art et téléphone, Drouot,1990, p.35
 
BARRON Stéphan, "Orient Express", Catalogue de Parcours d’images, Ed. Groupe de Recherche d’Art et Communication, Université de Rennes II, 1990, p.15
 
BARRON Stéphan, " Lines: A project by Stéphan Barron and Sylvia Hansmann ", Connectivity : Art and interactive Telecommunications, Leonardo, Vol 24 n°2, 1991, Berkeley, pp.185-186
 
BARRON Stéphan, sans titre, Catalogue de Arte Postal, Las Palmas de Gran Canaria, Juin 1991
 
BARRON Stéphan, "Artiste planétaire", DDO, n°7, Roubaix, décembre 1992
 
BARRON Stéphan, " Art Planétaire ", Co-incidences spécial Art, communication, technologique, n°11 Juin 1995, Marseille, p.19-21
 
BARRON Stéphan, "Le jour et la nuit", Catalogue de Arte Tecnologia, Sao Paulo, 1995, p.16
 
BARRON Stéphan, " Le pouvoir des fleurs ", Co-incidences , n°12, Marseille, Novembre 1996
 
BARRON Stéphan, Art Planétaire et Romantisme techno-écologique, Thèse de doctorat de l’Université Paris VIII, Janvier 1997, édité dans le Cédérom Art Planétaire de l’exposition à l’Ecole Régionale Supérieure d’Expression Plastique de Tourcoing
 
BARRON Stéphan, " Poétique de l’Art Planétaire ", Cédérom Art Planétaire, Ed. Rien de Spécial, 2000
 
BARRON Stéphan, “Technoromantisme“ . Ed. L’Harmattan – Paris – Juin 2003
 
 
Testi che menzionano i progetti di Stéphan Barron :
 
 
COSTA Mario, Le sublime Technologique, Ed. Idérives, Lausanne, 1994, p. 20
 
COUCHOT Edmond, La technologie dans l’art, de la photographie à la réalité virtuelle, Ed. Jacqueline Chambon, Nîmes, 1998
 
FOREST Fred, Pour un art actuel, l’art à l’heure d’internet, Ed. L’Harmattan, Paris, 1998
 
KISSELEVA Olga, Cyberart, un essai sur l’art du dialogue, Ed. L’Harmattan, Paris, 1998
 
POPPER Frank, L’art à l’age électronique, Ed. Hazan, Paris, 1993, p.133
 
POPPER Frank, Art at the electronic age, Ed. Thames and Hudson, London, 1993
 
URBONS Klaus, Elektrographie, Analoge und digitale Bilder, Ed. Dumont, Cologne, 1994, p.136
 
 
Articoli della stampa francese ed estera sulle opere di Stéphan Barron :
 
 
"Tell an artist", The Village Voice, 10 octobre 1986, New York
 
"Linien", Kunstforum International n°101, Juin 1989, p. 432
 
"Mittelmeer via Längengrad", Oberöstereichische Nachrichten, n° spécial Ars Electronica, 13 sept. 1989, Linz, p.V.
 
"El centre Espais entra en un viatge artistic a traves del telecopiador", Avui, 6 Sept. 89, Barcelona
 
ARNAUDET Didier, "Sigma 23", Art Press, n°121, janvier 1988
 
BARBU Théo, "The fax a new medium arouses new concepts", Artspeak, Novembre 1989 Vol XI n°5, New York
 
BARYGA Phillipe, "Stéphan Barron", Sans Titre, n°22, Lille, Avril 1993
 
BENOIT Laurent, "Baltique", Cartes sur câbles, hiver 1988, n°17, Bruxelles, p.23
 
BOURELLY Robert, "Palette de vidéastes et plasticiens à Hérouville, Sonovision, Février 1988
 
CHABERT Ghilaine, "Un support artistique inattendu : La télécopie", Le journal du téléphone, Avril 1990 n°7, pp. 51 à 55
 
DREHER Ly, "An den Wigwamzeichen vorbei zum Videokünstler", Süddeutsche Zeitung, Münich, 5 juillet 1988
 
DURAND Régis, "Attentes", Art Press, Novembre 1989 n°141, p.75
 
ENGEL Jürgen, sans titre, Artist Kunstmagazin, février 1991 n°8, Brême, pp.10-11
 
FARGIER Jean-Paul, "Devoir de Français", Les cahiers du cinéma, n°397,Paris, Juin 1987, p X
 
FALGAS Jordi, "Stéphan Barron i Sylvia Hansmann", Punt Diari, n°3295, 24 Sept. 1989, Gérone
 
FOUQUE Patrick, "Mur, une enceinte vidéo", Vidéopro, n°12, Avril 1988, Paris
 
GAUVILLE Hervé, "Paris-Budapest, vestiges d’une civilisation future", Libération, 19 oct. 87, Paris, p.42
 
GUESNEUX Pascal, "Quatrième rencontre vidéo art plastique", Kanal Magazine, Février 1991
 
HATTINGER Gottfried , "Linien von Stéphan Barron und Sylvia Hansmann", Ars Electronica Festival Programm, Im Netz der System, sept. 1989, Linz, p.30
 
KOSIK Antonin, "Autoportrét", Atelier, n°3, 10 février 1994, Prague, p.15
 
 
Testi critici per cataloghi:
 
 
BROWN Paul, "Stéphan Barron at the Old Treasury Building", Catalogue du Festival International d’Adelaïde, 1996
 
CAPELLA Anna, "El projecte Linies", Espais Papers d’Art, n°23, Oct. 1989, Gérona
 
CAPELLA Anna, "Installacio del projecte Linies", Catalogue Espais Activitats 1989, Ed. Espais, Girona, 1990, p.159
 
COSTA Mario, "Le voyage de Stéphan et Sylvia", Dépliant de Traits, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 1990
 
COSTA Mario, L’estestetica della communicazione, cronologia et documenti, Ed.Palladio, Salerno, 1988, p.4
 
COSTA Mario, sans titre, Catalogue de Artmedia, Salerno, novembre 1990, pp .44,45
 
DE KERKHOVE Derrick, "Mirror, mirror off the wall...", Catalogue de Les transinteractifs - Paris/Toronto - 1988
 
de KERKHOVE Derrick, Le point d'être dans l'installation Le Bleu du Ciel, Cédérom Earth Art and technoromanticism, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 2000
 
DONGUY Jacques, "Stéphan Barron, artiste hypermédia", Dépliant de l’exposition à Faches Thumesnil, Avril 1993
 
LAZSLO Jean-Noël, R5C9R5C9R5C9..., Cédérom Art Planétaire et Romantisme Techno-écologique, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 2000
 
MÜLLER Markus, "Traits-Linien", Dépliant de Traits, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 1990
 
RESTANY Pierre, "Le méridien ou le trait fractalisé", Dépliant de Traits, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 1990
 
RESTANY Pierre, Discussion about le Bleu du Ciel, Cédérom Earth Art and technoromanticism, Ed. Rien de Spécial, Secqueville-en-Bessin, 2000
 
 
=='''Sito web'''==
 
 
www.stéphan.barron.free.fr
 
 
 
=='''Poetica'''==
 
 
 
Stéphan Barron è un componente della corrente Tecnoromantica e dell’Arte Planetaria.
 
Egli fonde l’aspetto ed i mezzi tecnologici moderni ad un’estetica romantica, trasferendoli all’ecologia e allo studio del Pianeta per raggiungere la coscienza sociale ed individuale.
 
Per spiegare brevemente cosa sia il movimento Tecnoromantico e da dove nasca, dobbiamo innanzi tutto tenere presente che per questi artisti l’arte è una ecologia di spirito: essi presentano tramite le loro opere e i loro gesti le basi concrete su cui porre le nostre riflessioni e soprattutto le nostre contraddizioni. Anche le più contestabili proposte artistiche ci mettono faccia a faccia con le nostre profonde verità: l’arte ci mostra che le percezioni e i cambiamenti ci appartengono. Proprio in questa complessità si inserisce l’idea di Technoromantisme, in un costante crescendo della nostra sensibilità. Esso ci invita ad una riflessione ecologica, sui limiti delle scienze tecnologiche nella vasta etica dell’arte. La poesia, l’ironia, il cinismo diventano delle armi.
 
Vi sono così degli artisti come Eduardo Kac, Orlan, Stellarc che ci ricordano le posizioni dei futuristi e ci spingono a criticare ed opporci ai loro punti di vista, ed altri artisti come Pierre-Philippe Freymond, Art Orienté Objet, che prendono delle posizioni etiche contro le manipolazioni genetiche.
 
 
Gli artisti precursori della sensibilità tecnoromantica furono senza dubbio Duchamp, Yves Klein, Joseph Beuys e i più recenti Jean Dupuy e James Turrel.
 
I gesti di Duchamp furono chiaramente dei gesti ecologici: egli estese l’arte al nostro universo naturale ed artificiale, estese l’arte alla vita. L’arte non è più legata alla sola vista, ma diventa temporale e corporale.
 
 
Per Beuys, l’arte ha una funzione di trasformazione spirituale in ogni uomo. Questo cambiamento ecologico è il germe di una trasformazione sociale.
 
Jean Dupuy è anch’esso un precursore delle arti tecnoromantiche ed unisce l’ecologia, la tecnologia e la fenomenologia.
 
 
 
 
''L’Arte Planetaria'' si avvale di fenomeni naturali quali Spazio e Tempo considerati veri e propri mezzi artistici in grado di raggiungere la coscienza umana e di risvegliare in essa non solo il senso dell’individualità, ma anche valori quali l’ecologia, la stabilità e la sopravvivenza del nostro pianeta.
 
Stéphan Barron ci riporta ai concetti di distanza, di spazio, di diversità (umana, luoghi, cultura), utilizzando quegli stessi mezzi che abbiamo creato ed adottato per facilitarci la vita ed evolvere le nostre conoscenze ad uno stato superiore.
 
L’Arte Planetaria quindi diventa una forma d’arte che coinvolge la Terra nella sua dimensione globale, considerandola come un territorio di conoscenza, di scambio, di riflessione e sede del sentimento artistico.
 
 
 
“La mia attività artistica si inscrive nella corrente delle Avanguardie: fluxus, land art, arti tecnologiche, video art, performance, arte concettuale, estetica della comunicazione.
 
La mia ricerca valorizza il legame che si crea con la materialità del corpo, il mio e quello della terra, ma anche con l’infinito…una tensione tra il qui e l’altrove. Questa tensione diventa nello stesso tempo sofferenza e piacere.
 
Mi afferra un certo terrore davanti all’immensità, alla distanza e alla separazione.
 
 
L’Arte Planetaria è una forma d’arte che coinvolge la terra, nella sua dimensione planetaria, considerandola materiale di riflessione e sentimento artistico.
 
La realtà di questi ultimi decenni non ci permette di poter sfruttare la Terra senza ritegno, di distruggere gli spazi rimasti.Non siamo più nel periodo storico della conquista del pianeta: proprio la corsa forsennata alla conquista degli spazi e delle terre ci ha fatto comprendere quanto il nostro pianeta fosse limitato.
 
Dobbiamo abitare il pianeta e imparare a comprendere i suoi ritmi, come fecero i popoli e le culture antiche: il mondo è uno spazio limitato e fragile. Questa necessità ci invita a riflettere su noi stessi e sulla necessità di abitare la Terra, di vivere il nostro corpo e le nostre percezioni.
 
Noi siamo all’interno di due distinte sensazioni: quella di un pianeta che possiamo abitare pienamente, e che resta relativamente infinito, e il pericolo di distruggerlo. Questa realtà è passata da una minaccia binaria (quella della bomba atomica), ad una minaccia diffusa e complessa (cambiamenti climatici, ozono, demografia, terrorismo….).
 
Questa percezione comporta necessariamente un ritorno ad una maggiore considerazione delle nostre percezioni quotidiane.
 
 
 
 
Queste opere ci invitano a riscoprire la nostra immensità interiore rappresentata dal mondo. Si tratta di una prospettiva multisfaccettata e fratturata che ci conduce ad una visione infinita: un infinito che sarà replicato e duplicato.
 
 
 
Secondo Barron inoltre l’arte su internet ci pone di fronte la questione del rapporto fisico con essa: un’opera limitata allo schermo può suscitare un’emozione fisica oltre che intellettuale?
 
In Ozone e O-O-O il suono permette di ritrovare una forma di tattilità e di percezione avvolgente. In queste installazioni, Internet non è altro che un modo per captare e trasmettere delle informazioni che in tempo reale si susseguono da un punto all’altro del pianeta.
 
 
 
 
Questa posizione può essere ricondotta a quella degli artisti romantici come appunto Caspar David Friedrich. Tutti i suoi personaggi vengono raffigurati di schiena in piena contemplazione della natura; essi sono solo dei punti di passaggio, degli specchi che chiedono solamente di essere attraversati.
 
Allo stesso modo, non è l’opera nella sua tecnica quello che Barron ritiene importante, l’opera come fine in sè, l’opera come limite, ma l’opera come richiamo alla meditazione. Così l’opera ci riporta alla complessità, all’infinitamente grande della natura: attraverso un eco, una cascata, noi veniamo invitati a meditare sull’infinito, verso il sorpasso dei nostri limiti. È proprio alla luce di queste dichiarazioni che possiamo inserire l’operato di Barron nella corrente del Tecnoromanticismo. Quest’ultimo ci invita, come il Romanticismo, alla realtà della lontananza e non attraverso la negazione del corpo, ma attraverso la sua presenza.
 
Queste opere ci invitano al concetto di concretezza del corpo, alla resistenza necessaria per il nostro corpo a difendersi all’interno della società tecnologica, poichè la tecnologia non ha utilità se non ci permette di accedere al nostro sviluppo spirituale.
 
 
 
 
 
=='''Webliografia'''==
 
 
 
[[www.technoromanticisme.com
 
www.sthéphan.barron.free.fr
 
www.olats.org/projetpart/artmedia/2002/t_sbarron.html
 
www.greenmuseum.org
 
www.fineartforum.org ==]]
 

Versione attuale delle 19:23, 12 Mag 2007