Discussione:Wikiartpedia

Tratto da EduEDA
Versione del 21 Mag 2005 alle 16:35 di Erica Maggi (Discussione | contributi)

(diff) ←Older revision | view current revision (diff) | Newer revision→ (diff)
Jump to: navigation, search

Autore: Deck Andy C.

Tratto da: http://www.archimuse.com/mw99/papers/deck/deck.html

Titolo Originale: In Search of Meaningful Events: Curatorial Algorithms and Malleable Aesthetics

Traduzione di: Erica Maggi

Anno: 1999


Deck Andy C.

Andy C. Deck (nato nel 1968 negli Stati Uniti) è un artista impegnato nello sviluppo dei processi collaborativi nel campo dell’arte e della connetività. Attraverso cortometraggi, calendari, giochi, installazioni interattive e multi-user per il disegno ha cercato in modo consistente di coinvolgere l’arte nella vita quotidiana e di sfidare le ortodossie della distribuzione dell’arte e della sua ricezione. Attualmente i suoi lavori possono essere reperiti sul sito http://artcontext.net. Tra le sue opere più conosciute ci sono Graffic Jam, Invaders Act 1732 e Commission Control. I lavori di Deck sono stati recensiti nello Sweden’s Dagens NYHETER, Spiegel ondine e Telepolis e sono state rappresentate in THIMG.NET New York (1999), Turbolence.org (1999), Millennium Film Journal (1999), Bostoncyberarts.org (1999), Machida City Graphics Arts Museum, Tokyo (1999), Prix Ars Electronica (1998), Kentler International Drawing Space (1998), Art By Numbers (1998), Mac Classics (1997) e New York Short Film and Video Festival (1996).


==

Così molta dell’esperienza contemporanea legata al World Wide Web è la ricerca e la campionatura dei precursori insufficienti e incompleti di ciò che ci si può aspettare domani. Nel clima che fa tendenza, molti sono occupati a guardare, cercare e aspettare piuttosto che interessarsi al dialogo,alla sintesi, alla derivazione e ad una produzione vivace. Questa tendenza è di fatto incoraggiata: più scorriamo con lo sguardo le pagine dei risultati di ricerca su Internet, più pubblicità vediamo. Il significato della selezione e degli algoritmi editoriali che danno forma al panorama risultante da Internet va oltre la sfera dell’estetica. Eppure la concentrazione di autorità intorno al mercato dei portali di massa comporta delle formazioni discorsive che sono emerse negli ultimi anni riguardo all’arte, alla sfera pubblica, alla critica delle istituzioni e la libertà di espressione. Gli artisti si stanno ponendo delle domande riguardo ai limiti e alla funzione delle arti nel campo dei Internet. Nella misura in cui le istituzioni pubbliche trattano i loro siti web come mezzi per la pubblicità, livelli glorificati, ci si deve rivolgere ai margini della produzione creativa per trovare le tracce di una creatività latente. Fortunatamente, i margini e il centro di Internet continuano a mescolarsi, specialmente in senso tecnico. Così ci possiamo ancora porre domande marginalmente importanti: Se una forma d’arte rivoluziona il paradigma del trasmissione, permettendo un’interazione reciproca tra colui che trasmette e colui che riceve, in cosa consiste la tutela dell’arte? Il curatore (di un museo) è anche un presentatore? Un artista? Un programmatore? L’estetica malleabile suscita tali domande. I sistemi cibernetici che ho in mente possono risultare incompatibili con le attività normative dei musei, con la custodia degli oggetti e con la documentazione artistica a prescindere dalla sua ricezione. La malleabilità che intendo trasforma gli ipertesti e gli ipermedia: la sua essenza sta nella profonda riconfigurabilità rispetto alla reciproca azione tra osservatore/partecipanti. Mentre la bellezza degli ipertesi e ipermedia artistici esistenti è ritenuta risiedere nel potente/grandioso scambio tra futuri/eventuali componimenti collegati dall’autore, l’attrazione dell’estetica malleabile sta nella digressione potenziale e nello sviluppo verso ogni direzione. Incompatibilmente con la chiusura forzata, le forme più pure di questa categoria di produzione sono distribuite per assicurare che il codice di programmazione rimanga del dominio pubblico.


Includere veramente l’ignoto/lo sconosciuto apre al pubblico un vaso di Pandora di libertà espressive. La maggior parte delle istituzioni sono riluttanti ad intraprendere attività rischiose che non assicurino un minimo grado di decoro. Temendo ciò che potrebbe accadere, appoggiano siti web che fanno pubblicità gratuita alle loro cose. Facendo così, contribuiscono alla trasformazione di Internet in un elaborato catalogo da pagine gialle. Le pubbliche istituzioni seguono la tendenza del settore pubblicitario, invece di schierarsi con gli artisti e con gli intellettuali che vorrebbero promuovere una cultura diversa dal falso autoritarismo della televisione commerciale. Chiaramente questo non significa chiedere l’appoggio delle istituzioni per usi infantili dei nuovi media. La crescita sorprendente del web è una prova della volontà delle persone di lasciare un segno estetico, retorico ed è tenendo questo a mente che ci si deve chiedere se i musei e le altre istituzioni pubbliche vorranno appoggiare o rifiutare tale volontà. Perciò, poiché i musei sul web diventeranno più di un deposito di materiali legati ad una collezione permanente, esso deve prendere in considerazione il problema delle risposte. Lo si vuole? Con quali limiti? Come potrebbe essere usato? Situando il museo ed il curatore nella rete della collaborazione pubblica, si potrebbe dire che il controllo o la moderazione dell’input può assumere la forma della programmazione e del design preventivo di un’interfaccia, censura e pubblicazione. La moderazione simultanea è il risultato inaccettabile della trasmissione e della produzione.

Invece di opporsi all’apporto del pubblico, invece di scusare la mediocrità dei software ed invece di attribuire in modo astratto le responsabilità alla tecnologia, le istituzioni dovrebbero diventare più responsabili. A causa delle implicazioni politiche del Interactive sistem design, esso dovrebbe essere rivisto e discusso. Nell’allontanarsi dagli ottusi siti web che sono saltati fuori da tutte le parti, è evidente il bisogno di politiche di controllo più trasparenti.

Senza considerare il fatto che i partecipanti MOO si ritengano degli artisti, i conflitti con l’autorità che sorgono dalla regolamentazione di progetti artistici pubblici e fondati sulla collaborazione possano essere arbitrati in questo modo. Piuttosto che un comportamento preventivo e soffocante, si deve incoraggiare i partecipanti a far fronte alle loro diversità, come succede al di fuori dei canali digitali. Sebbene non sia ideale, questo modello può anche fornire un meccanismo flessibile per le istituzioni allo scopo di risarcire le controversie sui contenuti on line: la responsabilità per appianare le controversie viene delegata.


Il software ha il potenziale per rappresentare i processi contraddittori delle presentazioni drammatiche e di permettere alle persone di imparare rappresentando le situazioni. Ma anche il potenziale di procedere tali investimenti immaginativi, conducendo gli utenti attraverso una processione di anelli gerarchici preselezionati. Come individui, piccoli gruppi o musei con fondi modesti con la velocità della produzione del contenuto predisposta da una pubblicità sponsorizzata e profusione di capitali con fine speculativo, i siti web appaiono non affidabili. E probabilmente la velocità non è in alcun modo una virtù. Invece di emulare ciò si possono implementare i sistemi che incoraggiano la partecipazione creativa dei visitatori. Tali siti possono essere popolari e al tempo stesso contribuire alla sperimentazione critica del comportamento. In questo senso è possibile competere con l’industria emergente sul web; e oltre a ciò questa competizione ha bisogno di non seguire i generi e i valori dell’industria Gee Whiz. Piuttosto esiste l’opportunità di chiudere la frattura tra i passatempi passivi e l’impegno intellettuale con sfumature artistiche.