Is There Love in the Telematic Embrace?

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Titolo:

Is There Love in the Telematic Embrace?

Autore:

Ascott Roy

Anno:

1989

Sito web:

Is There Love in the Telematic Embrace?

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Descrizione:

L’ultimo decennio ha visto le due potenti tecnologie di informatica e di telecomunicazione convergere in un solo campo operativo che ha compreso altri media elettronici, quali i video, la campionatura dei suoni, la comunicazione a distanza e una notevole varietà di sistemi cibernetici. Questi fenomeni stanno esercitando una enorme influenza sulla società e sul comportamento individuale, sembrano sempre più essere chiamati in causa nella domanda sulla natura dell’essere umano, dell’essere creativo, del pensare e del percepire, come se il rapporto tra di noi e il pianeta fosse veramente un tutto. La "cultura telematica" che accompagna il nuovo sviluppo consiste in una serie di comportamenti, idee, comunicazioni, valori e obbiettivi che sono considerevolmente diversi da quelli che avevano formato la società sin dai tempi dell’Illuminismo. Sono state generate nuove metafore e paradigmi culturali e scientifici, sono stati inventati nuovi modelli e nuove rappresentazioni della realtà, sono stati fabbricati nuovi modi espressivi.

Telematiche è un termine usato per designare le comunicazioni mediate dal computer in rete coinvolgendo telefono, cavo, e collegamenti via satellite fra individui e istituzioni geograficamente disperse che sono interfacciati da sistemi di elaborazione, dispositivi sensing remoti e capaci banche dati. Ciò coinvolge la tecnologia dell’interazione tra gli esseri umani e tra la mente umana e i sistemi artificiali di intelligenza e percezione. L’uso individuale della rete è sempre in potenza coinvolto nella rete globale, e il mondo è sempre in potenza in uno stato di interazione con l’individuo. Perciò, attraverso la vasta diffusione delle reti telematiche nel mondo intero, la quantità di elaborazioni e di densità di scambio di informazioni è incalcolabile. L’onnipresente efficacia della comunicazione telematica non è in dubbio, ma la questione in termini umani, dal punto di vista della cultura e della creatività, è: qual è il contenuto?

Questa domanda, che sembra essere al centro di molte critiche di arte espressa attraverso il computer e le telecomunicazioni, suggerisce una radicata paura che la macchina stia per dominare il divenire degli uomini e che il formalismo tecnologico cancelli i contenuti e i valori umani. A parte tutti i problemi di storie personali, di sogni, desideri, ansietà che informano il contenuto del ricco repertorio dell’arte, la domanda, in essenza, è chiederci: c’è amore nell’abbraccio telematico?

Nel tentativo di liberare il contenuto umano dalla forma tecnologica, la domanda viene più complicata dalla nostra tendenza crescente come artisti di fare incontrare immagini, suoni e sistemi di testo dentro sistemi interattivi che sfruttano lo stato dell’arte degli hypermedia e che assorbono tutto il sensorio, sebbene da mezzi digitali. Al di fuori di queste complessità tecnologiche, possiamo intuire l’emergenza di una sintesi delle arti. La questione del contenuto deve perciò essere indirizzata su che cosa possa essere chiamato Gesamtdatenwerk – lavoro di dati integrati - e sulla sua capacità di attrarre l’intelletto, le emozioni e la sensibilità dell’osservatore. Qui, però, si presentano più problemi, dato che l’osservatore in un sistema telematico interattivo è per definizione un partecipatore. Nell’arte telematica, il significato non è creato dall’artista, distribuito attraverso la rete e accettato dall’osservatore. Il significato è il prodotto di una interazione tra l’osservatore e il sistema, il contenuto del quale è in uno stato di continuo mutamento, di cambio infinito e trasformazione. In questa condizione di incertezza e di instabilità, non semplicemente a causa delle interazioni incrociate degli utenti della rete, ma perché il contenuto è racchiuso in dati essi stessi immateriali, è puramente una differenza elettronica, fino a che non viene ricostruito da un’interfaccia come immagine, testo o suono. Il sensorio erogato può essere differenziato oltremodo dal tipo di schermo, dalla costruzione articolata o materiale, dall’architettura, dall’ambiente o in uno spazio virtuale.

Tale punto di vista è in linea con un più generale approccio all’arte insito in un sistema culturale di comunicazioni, piuttosto che nell’oggetto d’arte come configurazione semantica fissa, il sistema nel quale l’osservatore tratta attivamente per i significati. In questo senso il networking telematico esplicita nella sua tecnologia e nei suoi protocolli ciò che è implicito in tutta l’esperienza estetica, dove tale esperienza è vista più creativa nell’atto produttivo dell’artista. La teoria classica delle comunicazioni, però, ritiene che la comunicazione avvenga su una via, dall’erogante al ricevente, in cui solo un "rumore" contingente nel canale può modificare il messsaggio (spesso, inoltre, confuso con il significato) iniziato alla sorgente della trasmissione. Questo è un modelloche vede l’artista come un erogatore e quindi ideatore di significati, come creatore e proprietario di immagini e di idee, come controllore di contesti e contenuti. E’ un modello che richiede, per il suo completamento, lo spettatore, al meglio, come abile decodificatore dei "significati" dell’artista o, al peggio, come un semplice ricettacolo passivo di tali significati. Dà origine all’industria della critica e dell’esegesi, in cui coloro che "capiscono" questo o quel lavoro artistico lo spiegano a quelli che sono troppo stupidi o ignoranti per capirlo senza aiuto. In questo scenario, l’arte e l’artista sono visti come il mondo e il suo creatore. La bellezza e la verità sia dell’arte che del mondo sono "là fuori" nel mondo e nell’opera d’arte. Sono fissi e immutabili così come l’universo materiale appare che sia. Il canone del determinismo decreta armonie e composizioni prefigurate, forme regolate e continuità di espressione, con unità e chiarezza assicurate da un consenso culturale e un’uniformità linguistica spartita allo stesso modo da artista e pubblico.

Il problema del contenuto e dei significati dentro la cultura telematica aggiunge intensità alla rubrica "Questione del Contenuto", sotto la quale è sviluppata la seguente riflessione su computer e arte: "Questione" è aperta a una pluralità di significati, nessuno dei quali è soddisfacente. La metafora del mare semantico, fluente e rifluente senza fine, di significato costantemente in mutamento, di tutto il mondo, parole, gesti e immagini in uno stato di indecidibilità, ha scosso avanti e indietro dentro nuove collusioni , si trova tanto nelle nuove scienze, nella quantistica, nel secondo ordine della cibernetica, o chaology, per esempio – quanto nell’arte che impiega concetti telematici o nella nuova critica letteraria che ha assorbito la teoria filosofica e sociale all’interno della sua pratica. Quest’alba di incertezza, di una danza gioiosa di significato tra strati di genere e sistemi metaforici, questa trama di tessuto stendibile di molteplicità di codici visuali e immaginazioni culturali era anche la promessa iniziale del progetto post moderno , prima che sparisse dentro il dominio della teoria sociale, lasciando solo il suo fragile corpo di pessimismo e disperazione.

Nel caso dei fisici, la variazione radicale nella metafora intorno al mondo e alla nostra partecipazione nella sua creazione e re – descrizione significa che la finestra della scienza sulla realtà è stata sconvolta dai numerosi tentativi di misurarla. J. Wheeler usa questa sintetica analogia:

Niente è più importante intorno al principio della quantistica di questo, che distrugge il concetto di mondo "seduto là fuori", con l’osservatore al sicuro, separato da esso da una ventina di centimetri di vetro piano. Perfino per osservare un così minuscolo oggetto come un elettrone, deve frantumare il vetro. Deve arrivare dentro. Deve installare il suo scelto equipaggiamento di misurazione. E’ sopra di esso se misurerà posizione o moto… la misurazione cambia lo stato dell’elettrone. L’universo in seguito non sarà più lo stesso. Per descrivere quello che è successo uno deve cancellare quella vecchia parola "osservatore" e mettere al suo posto "partecipatore". In qualche senso strano l’universo è un universo partecipatore.

Nell’ambito dei sistemi telematici e della domanda di contenuto e significato, la variazione parallela nell’arte dello stato di "osservatore" verso quella di "partecipatore", viene chiaramente dimostrata se, in relazione al principio quantistico noi sostituiamo a "quanti" "dati". In realtà, trovare tali analogie tra arte e fisica è molto di più che un giochino; la tela di connessioni tra nuovi modelli di teoria e pratica nelle arti e nelle scienze, in tutti i campi, è così pervasiva da suggerire un paradigma variato rispetto alla nostra vecchia visione del mondo, una ridescrizione della realtà e una ricontestualizzazione di noi stessi. Cominciamo a capire che possibilità e cambiamento, caos e indeterminatezza, trascendenza e trasformazione, l’immateriale e il noumeno sono termini al centro della nostra autoconoscenza e le nostre nuove visioni della realtà. Allora quando, potrebbe un contenuto – un insieme di significati - essere trattenuto dentro arte telematica quando ogni aspetto del networking in "dataspace" è in uno stato di trasformazione e di divenire? La tecnologia di molte telecomunicazioni mediate dal computer estende lo sguardo, trascende il corpo, amplifica la mente dentro imprevedibili configurazioni di pensiero e creatività.

Nella storia recente dell’arte Occidentale fu Marcel Duchamp che per primo usò la metafora del vetro, della finestra sopra il mondo, e lo rivoltò sullo stesso per svelare l’invisibile. Vediamo in lavori conosciuti come La Sposa Messa a nudo dai suoi celibi, Even, Il Grande Vetro, un campo di realtà vetrosa in cui energia e emozione sono generate dalla tensione e dall’interazione tra maschio e femmina, naturale e artificiale, umano e macchina.

Il suo soggetto è attrazione nel senso di Charles Fourier o, potremmo persino dire, amore. Il Grande Vetro, nella sua essenza trasparente, comprende sempre entrambi i suoi ambienti e il riflesso di chi osserva. L’amore è contenuto in questo abbraccio totale; tutto ciò che scappa è ragione e certezza. Dalla partecipazione all’abbraccio, l’osservatore arriva ad essere progenitore della questione semantica. Il vetro come "terreno" ha una funzione e uno stato che anticipano quello del monitor come schermo di operazioni – di trasformazioni – e anche come sito di interazione e negoziazione di significato. Ma non è solo attraverso il Vetro che possiamo vedere Duchamp come profeta della modalità telematica. La stessa metafora dell’interazione del networking in un campo di incertezza, in cui l’osservatore è creatore e il significato è instabile, è implicito in tutti i suoi lavori. Ugualmente profetica nel Vetro è la barra orizzontale che unisce la parte superiore da quella inferiore del quadro e serve come metafora per una veduta a tutto tondo dello spazio del Rinascimento, incorporato nella tradizione pittorica Occidentale, dove la metafora della verticalità è usata insistentemente nei suoi monumenti e architetture, spesso emblemi non di aggressione, competizione o potere, sempre come visione di un tunnel. L’orizzontale, d’altra parte, è una metafora per la vista dell’occhio di un uccello, di un "dappertutto", di un "abbraccio totale", vista di sistemi olistici di strutture, relazioni e eventi, vedendo la quale si può includere l’ironico, l’indistinto e l’ambiguo. Questa è precisamente la condizione di percezione e di introspezione alla quale aspira il networking telematico.

Forse la metafora più potente di interconnessione e di abbraccio orizzontale nell’arte, prima dell’avvento dei mezzi telematici si può trovare nei lavori di J. Pollock. Qui l’arena orizzontale, uno spazio segnato fuori dalla superficie della terra è il "terreno" per l’azione e la trasformazione che diviene la pittura stessa. Pollock ha creato la sua potente metafora di connessione generando campi di intrecci, colloqui, ramificazioni, congiunzioni, scontri, attraversamenti, collegando linee di energia. Il suo spazio è tutto compreso e invitante, il suo immaginario porta con sé un senso di anonimato della paternità che abbraccia l’osservatore nella creazione del significato. Niente in pittura potrebbe essere più emblematico o profetico della consapevolezza della rete che sta emergendo con la cultura telematica.

Il nuovo ordine emergente dell’arte è quello dell’interattività, di "paternità disperse". Il principio è solo di eventualità e incertezza. L’arte telematica comprende un largo schieramento di media: hypermedia, videotex, telefacsimile, video interattivi, animazione al computer e simulazione, teleconferenze, scambi di testi, trasferimenti di immagini, sintesi di suoni, telemetri (?) e sensi remoti (?), strutture cibernetiche e architetture intelligenti. Queste sono semplicemente larghe categorie di tecnologie che si evolgono costantemente – biforcandosi, congiungendosi, ibridandosi – con un ritmo accelerato.

Allo stesso tempo cambia lo stato dell’oggetto d’arte.L’oggetto d’arte dominante culturamente come focus esclusivo (un insolito corriere di un insolito contenuto) è rimpiazzato da un’interfaccia. Al posto di un lavoro artistico come finestra sopra una realtà composta, risolta, ordinata, abbiamo, attraverso l’interfaccia, una via d’uscita verso l’indicibilità, uno spazio di dati di significati e materiali potenziali. Il focus dei cambiamenti estetici dall’oggetto osservato al soggetto partecipante, dall’analisi dei sistemi osservati al (secondo ordine) di sistemi osservanti di cibernetica: il principio di immateriale e partecipatorio. Perciò, interfacciandosi coi sistemi telematici, il contenuto è creato piuttosto che ricevuto. Per lo stesso motivo, il contenuto è sbarazzato dall’interfaccia dal suo reinserimento, trasformato dal processo di interazione, indietro dentro la rete per la sua memoria, distribuzione ed eventuale trasformazione sull’interfaccia di altri utenti, su altri nodi d’accesso attraverso il pianeta.

Cultura telematica significa, in breve, quello che noi non pensiamo, vediamo, sentiamo in isolamento. La creatività è condivisa, la paternità è distribuita, ma non in maniera da negare la sua individuale autenticità o potere di auto creazione, come piuttosto hanno potuto fare in passato i rudimentali modelli di collettività. Al contrario, la cultura telematica, amplifica le capacità individuali per azione e pensiero creativo, per una esperienza più vivida e intensa, per una percezione più informata, consentendo la partecipazione di visione globale attraverso l’interazione networking con altre menti, altre sensibilità, altri sensi e sistemi di pensieri attraverso il pianeta – pensiero che circola su un mezzo di dati attraverso una molteplicità di strati di differenze culturali, geografiche, sociali e personali. Il networking supporta senza fine la ridescrizione e la ricontestualizzazione così che nessun linguaggio o codice visuale sia definitivo e nessuna realtà sia ultimata. Nella cultura telematica, il pluralismo e il relativismo formano le configurazioni delle idee – di immagine, musica e testo – che circolano nel sistema.

E’ il computer il cuore di questo sistema di circolazione, e, come il cuore, lavora al suo meglio quando è invisibile. Al momento il computer è una presenza fisica, materiale, sta molto con noi; domina i nostri inventari o strumenti, applicazioni e apparati come una macchina definitiva. Nei nostri ambienti artistici ed educativi è ancora tutto troppo solido, un blocco computerizzabile di poesia e immaginazione. Non è trasparente, non è ancora completamente capito come sistema puro, una matrice di trasformazione universale. Un computer non è prima di tutto una cosa, un oggetto, ma una serie di comportementi, un sistema, attualmente il sistema dei sistemi. I dati costituiscono la sua lingua franca. E’ l’agente del campodati, il costruttore dello spaziodati. Dove vien visto semplicemente come uno schermo che presenta delle pagine di un libro illuminato, o come una luce che dipinge internamente, allora non ha valore artistico. Dove la sua considerevole volocità di processione è usata semplicemente per simulare rappresentazioni filmiche o fotografiche, diventa un agente di voyerismo passivo. Dove l’accesso al suo potere di trasformazione è contrastato da una tastiera da macchina da scrivere, l’utente è forzato in una posizione di un impiegato. La tavolozza elettronica, la penna luminosa e perfino il mouse, ci legano a pratiche del passato. Il potere della presenza del computer, particolarmente il potere dell’interfaccia che forma linguaggio e pensiero, non può essere sovrastimato. Non bisogna esagerare dicendo che il "contenuto" dell’arte telematica dipenderà in larga misura dalla natura dell’interfaccia; vale a dire: il modo di configurazioni e assemblaggi dell’immagine, del suono e del testo, il modo di ristrutturazione e articolazione dell’ambiente che l’interattività ha potuto fruttare, sarà determinato dalle libertà e dalla fluidità disponibili sull’interfaccia.

L’essenza dell’interfaccia è la sua potenziale flessibilità; si possono ricevere e spedire immagini sia fisse che in movimento, suoni costruiti, sintetizzati o semplici, testi scritti e parlati. Può essere calore sensibile, corpo che reagisce bene, cosciente di rispettare l’ambiente. Può rispondere in punta di piedi (?), con l’arabesco di una danza, con la direzione dello sguardo dell’osservatore. Non è solo articolare ambienti fisici col movimento, il suono o la luce; è un ambiente, un’arena, un dataspazio in cui l’arte distribuita dalla simbiosi di umano/computer può essere ricostruita, la domanda del suo contenuto cibernetico. Ogni singola interfaccia di computer è un aspetto dell’unità telematica tale che essere in essa o in un’altra interfaccia significa essere in presenza virtuale di tutte le altre interfacce della rete di cui è parte. Questo, nel networking, può essere definito come principio "olomatico". E’ così perché tutti i dati che circolano da qualunque nodo di accesso alla rete sono equamente e allo stesso tempo contenuti nella memoria di quella rete: essi sono disponibili, attraverso il cavo o il collegamento satellitare, da ogni parte del pianeta in ogni ora del giorno e della notte, agli utenti della rete (che, per comunicare gli uni con gli altri, non hanno bisogno di essere allo stesso posto nello stesso tempo).

All’obbiezione che tale visione globale dell’emergente arte planetaria sia acriticamente euforica, o che la prospettiva di una cultura telematica con il suo Gesamtdatenwerk di realtà hipermediate sia troppo grandiosa, potremmo forse ricordarci delle sensibilità essenzialmente politiche, sociali e economiche di quelli che misero i fondamenti concettuali del campo dei sistemi interattivi. Questo prospetto culturale implica una politica telematica, comprendente la caratteristica del feedback, autodeterminazione, interazione e creatività collaborativa, non diversamente dalla "scienza del governo" per cui, oltre 150 anni fa, A. M. Ampere coniò il termine "cibernetica", termine rinvigorito e umanizzato da Norbert Wiener in questo secolo. Contrariamente al determinismo e positivismo piuttosto rigidi che hanno formato la società fin dall’Illuminismo, comunque, queste caratteristiche accoglieranno nozioni di incertezza, caos, autopoièsi, contingenza e il secondo ordine cibernetico dell’indistinto – una vista di sistemi di un mondo in cui l’osservatore e l’osservato, creatore e utente, sono inestricabilmente collegati in un processo di costruzione di realtà – tutte le nostre numerose separate realtà interagenti, "scontranti", riformanti e risonanti dentro la noosfera (sfera del pensiero) telematica del pianeta.


La nostra esperienza sensoriale comincia extrasensorialmente, come la nostra visione è valorizzata dai dispositivi extrasensoriali della percezione telematica. Il computer accorda l’invisibile col visibile. Elabora quelle connessioni, collusioni, sistemi, forze e campi, trasformazioni e trasferimenti, adunanze caotiche, e gli ordini superiori di organizzazione che situano la nostra visione fuori dal livello grossolano della percezione materiale offerta dai nostri sensi naturali. Alla nostra quotidiana percezione senza aiuto, per esempio, è totalmente invisibile la fluidità di fondo della materia, la danza indeterminata degli elettroni, lo "snap, crackle, e pop" dei quanti, il "tunnelling" e le trasposizioni che presenta la nuova fisica. E’ questa sequenza di avvenimenti, queste nuove esilaranti metafore dell’esistenza, non lineare, incerta, stratificata e discontinua, che il computer può riscrivere. Con il computer, presi insieme in un abbraccio telematico, possiamo sperare di intravedere l’inosservabile, di cogliere l’ineffabile caos del divenire, l’ordine segreto del disordine. E più noi vedremo, sempre meno vedremo il computer. Diventerà invisibile nella sua immanenza, ma la sua presenza sarà palpabile per l’artista ingaggiato telematicamente nel processo mondiale di autopoièsi, auto – creazione planetaria.

La tecnologia dei media computerizzati e dei sistemi telematici non è lontano dall’essere vista semplicemente come un set di tali complicati strumenti che prolungano la gamma di pittura e scultura, di esecuzioni musicali, di pubblicazioni letterarie. Ora può essere vista come supporto all’intero nuovo campo di sforzo creativo, che è così radicalmente diverso da quei generi artistici radicati, come essi sono diversi l’un l’altro. Un nuovo veicolo di presa di coscienza, di creatività e espressione è entrato nel nostro modo di vivere. Anche se si occupa di tecnologia e di poesia, di virtuale e di immateriale, così come di palpabile e concreto, il telematico non può essere catalogato neppure come arte o scienza, nonostante si stia alleando in molti modi agli argomenti di entrambi. Uno sviluppo supplementare di questo campo significherà chiaramente una interdipendenza di competenze e aspirazioni artistiche, scientifiche e tecnologiche e, urgentemente, una formulazione di un’educazione transdisciplinare.

Così, collegare l’antico procedimento Navajo di dipingere con la sabbia all’imaging digitale dei moderni super computers attraverso silicone comune, che serve ad entrambi come pigmento e come pezzo di processore, è qualcosa di più che un’ironica fantasia. L’ambizione olistica della cultura dei Nativi Americani può essere parallela alla potenzialità olistica dell’arte telematica. Più che a un espediente tecnologico per un interscambio di informazioni, la rete offre molte infrastrutture per uno scambio spirituale che potrebbe condurre a una armonizzazione e a uno sviluppo creativo dell’intero pianeta. Con questo prospetto, che può apparire nella nostra oscura corrente fin de siècle, ingenuamente ottimistico e trascendentale, la metafora dell’amore nell’abbraccio telematico non può essere interamente malriposta.

Bibliografia:

©Roy Ascott 1989 First Published:

  • Ascott, R. 1990. "Is There Love in the Telematic Embrace?" Art Journal. New York: College Arts Association of America. 49:3. pp. 241-7.
  • Ascott, R. 1996. "Is There Love in the Telematic Embrace?" Behaviourables and Futuribles. in: K. STILES and P. SELZ, eds. Theories and Documents of Contemporary Art. Berkeley: University of California Press, pp. 396, 489-498.