Laboratorio di Comunicazione Militante

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Personaggio o Gruppo:

Laboratorio di Comunicazione Militante

Biografia:

Il Laboratorio di Comunicazione Militante nasce ufficialmente nel 1976, ad opera di Paolo Rosa, Ettore Pasculli, Tullio Brunone, Giovanni Columbu e Claudio Guenzani, e resterà attivo per circa tre anni. La breve esperienza del collettivo si sviluppa attraverso pratiche che si collocano a metà strada tra arte e comunicazione; vanno in questo senso sia le collaborazioni con in circoli del proletariato giovanile che quelle con le scuole. La storia del Laboratorio di Comunicazione Militante si esaurirà nel 1979, conseguentemente all’enorme dispendio economico e di energie riversato nell’occupazione dell’ex chiesa di San Carpoforo ed i componenti proseguiranno con percorsi artistici individuali, ad eccezione di Paolo Rosa che entrerà a far parte di Studio Azzurro nel 1982.

Sito web:

Poetica:

Il Laboratorio concretizzava la sua attività all’interno dell’ambiente sociale, attraverso la critica a quello che i membri del collettivo identificavano come il linguaggio del potere, cioè il linguaggio dei mass media: quindi partendo dall’analisi semiotica di questi linguaggi si arrivava a mostrare come le tecniche di comunicazione potessero essere usate per nascondere significati repressivi. Questo aspetto viene ampiamente sviluppato nei workshop con le scuole, nel corso dei quali il videotape assume un duplice ruolo: da un lato ricopre una funzione didattica volta alla formazione di una coscienza critica nei confronti dei meccanismi di costruzione dell’informazione televisiva; questa acquisizione di consapevolezza avveniva attraverso la ricerca e la sperimentazione, tramite il video, delle strategie comunicative della televisione stessa. Dall’altro lato il videoregistratore rivelava la sua natura partecipativa, diventando strumento di animazione di gruppo; del resto i materiali visibili del Laboratorio erano soprattutto fotografie o gigantografie, mentre il video collocava la sua presenza all’interno dei dibattiti, dei confronti e dell’elaborazione del materiale, cioè nell’esperienza processuale. Un’altra tematica affrontata dal Laboratorio di Comunicazione Militante era il rifiuto del sistema istituzionale dell’arte, quello cioè legato alle gallerie, ai mercanti e ai critici; l’eredità forte di quel rapporto arte-vita che si andava sviluppando già dagli anni Sessanta, per cui l’arte doveva abbandonare i musei, uscire nelle strade dove si svolgeva la vita vera e costringere la gente comune a farsi delle domande, portò il collettivo ad impegnarsi nello spezzare il legame tra produzione culturale e i meccanismi dominanti di controllo e di selezione del sapere.

Opere:

Il periodo di attività del Laboratorio, se pur breve, fu prolifico di iniziative: nel 1976, lavorò con i circoli del proletariato giovanile ideando interventi di animazione nei luoghi pubblici che andavano dall’invasione delle strade di Milano con enormi strutture gonfiabili (Piazza San Simpliciano) o mobili (colonne di San Lorenzo), all’occupazione di tram e all’improvvisazione di happening nei parchi. Nello stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia con dei lavori intitolati L’ambiente come sociale e occupò con alcuni collettivi giovanili l’ex chiesa di San Carpoforo a Brera per utilizzarla come sede di iniziative volte a creare un’arte diffusa (esperienza che prese il nome di Fabbrica di Comunicazione). Il percorso del Laboratorio di Comunicazione Militante nella ricerca di un rinnovato uso creativo dei mass media, si incrocia anche con le scuole attraverso workshop per studenti: Strategie d’Informazione, distorsione della realtà e diffusione del consenso, Rotonda della Besana di Milano nel 1976 e Casa del Mantenga di Mantova nel 1977; Immagine: arma impropria, Permanente di Milano nel 1978


Bibliografia:

1977, Laboratorio di Comunicazione Militante L’arma dell’immagine, esperimenti di animazione sulla comunicazione visiva, Mazzotta, Milano


Webliografia:

www.hackerart.org/storia/hacktivism