Manifestes de l'art sociologique et de l'Esthetique de la communication

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Autore: Forest Fred , Fischer Hervé, Jean-Paul THENOT

Tratto da: http://www.webnetmuseum.org/html/fr/expo_retr_fredforest/textes_divers/2manifsts_art_socio_fr.htm

Titolo Originale: Manifestes de l'art sociologique et de l'Esthétique de la communication

Traduzione di: Anna Maria Antonietta Riviello

Anno: 1974



MANIFESTO DELL'ARTE SOCIOLOGICA E DELL'ESTETICA DELLA COMUNICAZIONE

Fred Forest, 1974

MANIFESTO I DELL’ARTE SOCIOLOGICA*

Hervé Fischer, Fred Forest e Jean-Paul Thénot hanno deciso di creare un collettivo d’arte sociologica che possa funzionare come struttura d’accoglienza e di lavoro per coloro la cui ricerca e pratica artistica hanno per tema fondamentale il fatto sociologico e il legame fra l’arte e la società. Il collettivo d’arte sociologica evidenzia l’apparizione di una nuova sensibilità al dato sociale, legato al processo di massificazione. Gli schemi attuali di questa sensibilità non sono più quelli del rapporto dell’uomo individualizzato al mondo, ma quelli dell’uomo in rapporto alla società che lo produce. Il collettivo d’arte sociologica, attraverso la sua pratica artistica, tende a mettere l’arte in questione, a mettere in evidenza i fatti sociologici e a “visualizzare��? l’elaborazione di una teoria sociologica dell’arte. Esso ricorre fondamentalmente alla teoria e ai metodi delle scienze sociali. Vuole inoltre, attraverso la sua pratica, creare un campo di investigazione e d’esperienza per la teoria sociologica. Il collettivo d’arte sociologica tiene conto delle attitudini ideologiche tradizionali del pubblico al quale si rivolge. Ricorre ai metodi dell’animazione, dell’inchiesta e della pedagogia. Mette l’arte in relazione con il suo contesto sociologico e contemporaneamente attira l’attenzione sui canali di comunicazione e di diffusione, tema nuovo nella storia dell’arte, e che implica anche una nuova pratica. Hervé FICHER, Fred FOREST, Jean-Paul THENOT, Paris, 7 ottobre 1974

  • Pubblicato nel giornale Le Monde, il 10 ottobre 1974.



MANIFESTO II DELL’ARTE SOCIOLOGICA*

L’arte sociologica, che fino a qualche mese fa eravamo i soli a difendere, suscita diverse infatuazioni, che tentano di trascinarla nella confusione. E’ tempo di ricordare e di riaffermare il senso che abbiamo sempre dato al concetto di arte sociologica. In effetti, l’arte sociologica si distingue dalla sociologia dell’arte quanto alle concezioni lassiste di un’ “arte sociale��?. Da un lato, in quanto pratica attiva nel campo sociale, qui e ora, ricorrendo agli approcci teorici sottomessi alla prova dell’azione, mettendo in atto strategie in rapporto al reale, ma anche in rapporto alle istituzioni, al potere, inventando le tecniche delle sue esperienze – l’arte sociologica esce dall’ambito del discorso scientifico e universitario. Se ci ricorre necessariamente, come a un sapere, strumento dell’azione e se gli offre in cambio, con ogni nuova esperienza dei nuovi materiali d’analisi, essa la sorpassa dialetticamente nella pratica elaborata. D’altra parte, l’arte sociologica, per la specificità della sua relazione con la sociologia, non ha niente a che vedere con il magazzino culturale del tema “arte e società��?, nel quale alcuni tendono, abusando della loro autorità di critici d’arte, a diluirlo per recuperarlo. Altri, come noi, comprendono oggi questo pericolo. Questa confusione abilmente sostenuta costituisce attualmente la minaccia più insidiosa contro il nostro procedimento. Impegnata politicamente, la nostra pratica sociologica si distingue dall’arte tradizionale militante con la quale la si vuole confondere. Quest’ultima si esprime ancora con i formalismi estetici e gli stereotipi pittorici piccolo-borghesi, ai quali vogliamo sostituire una pratica attiva di richieste culturali. La pittura militante è stata una tappa importante ma prigioniera di clichè e di conformismi culturali che la resero inoperante, essa lascia trasparire oggi i suoi limiti e i fallimenti con troppa evidenza perché l’arte sociologica non si impegni in altri sentieri, coinvolgendo i nuovi media, dei metodi pedagogici critici e il ricorso fondamentale all’analisi sociologica. Abbiamo definito l’arte sociologica attraverso la sua relazione epistemologica necessaria con la scienza sociologica. Questa relazione è dialettica. Essa fonda la pratica artistica che la sperimenta e che gli obietta in cambio la forza del reale sociale. Questa relazione è peculiare dell’arte sociologica: essa la distingue da tutte le altre procedure tradizionali o avanguardiste. Significa, al contrario dell’espressione tradizionale, arte come ideologia mistificatrice dell’irrazionale, la volontà di ricorrere al discorso scientifico della sociologia e di confrontare la nostra pratica con la razionalità di questo discorso. L’arte sociologica è una pratica che si fonda sul capovolgimento della sociologia dell’arte contro l’arte stessa, e che tiene conto della sociologia della società che produce questa arte. Ciò costituisce senza dubbio uno dei primi tentativi (fatta eccezione di qualche esperienza di socio-dramma), di messa in opera di una pratica sociologica, conosciuta al di là del concetto tradizionale di arte. In effetti, la sociologia, a differenza delle altre scienze come l’economia, la meccanica, la psicologia o la biologia, non ha ancora suscitato nessuna pratica, se non a livello di costatazione nel campo sociale. Il progetto dell’arte sociologica, è in fin dei conti l’elaborazione della pratica sociologica stessa. Ma a differenza di queste scienze e della loro applicazione, l’arte sociologica non mira a gestire il reale, presente o futuro, ma a esercitare in rapporto alla realtà sociale e dunque a noi stessi, una funzione interrogativa e di perturbazione. Questa funzione interrogativa e critica implica di non fare le domande e dare le risposte. In effetti non mira per niente a giustificare un dogma, ne a sostenere la burocrazia, ma a suscitare delle prese di posizione disalienanti. Si sforza di stabilire, là dove regna la diffusione unilaterale delle informazioni, delle strutture dialogiche di comunicazione e di scambio, che implicano l’impegno reciproco e la responsabilità attiva di ognuno. L’arte sociologica tenta di mettere in discussione le super strutture ideologiche, il sistema dei valori, le attitudini e le mentalità condizionate dalla massificazione della nostra società. Tenendo conto di questo obiettivo essa ricorre alla teoria sociologica, ai suoi metodi ed elabora una pratica pedagogica di animazione, di inchiesta, di perturbazione dei canali di comunicazione. Il concetto di arte sociologica, come l’abbiamo proposto nel 1972, e il modo in cui lo praticavamo già da tempo, in una indifferenza quasi generale in quel momento, implica oggi come ieri il rigore della sua relazione costitutiva con la teoria sociologica materialista, essendone conseguenza e segnando il passaggio all’atto, in quanto pratica operante nel campo sociale. (Hervé FISCHER, Fred FOREST, Jean-Paul THENOT, Parigi, maggio 1975).

  • Pubblicato nel catalogo del museo Galliera, Parigi in occasione dell’esposizione del collettivo di arte sociologica.


MANIFESTO III DELL’ARTE SOCIOLOGICA : METODOLOGIA E STRATEGIA*

La pratica dell’arte sociologia si sostituisce alle finalità affermative ed estetiche tradizionali dell’arte degli obiettivi legati alla trasformazione delle attitudini ideologiche, nel senso di una consapevolezza dell’alienazione sociale. Non si tratta di proporre nuovi modelli di organizzazione sociale, ma di esercitare il potere dialettico di una problematica critica. Questa consapevolezza deve permettere, in momenti di rottura del sistema sociale (crisi delle strutture economiche e burocratiche) di far valere le problematiche fondamentali suscettibili di orientare i procedimenti di coloro che vogliono trasformare i rapporti sociali. Poiché questo è il progetto dichiarato. La questione filosofica del senso, in un sistema sociale che non tollera la sua messa in discussione, è inevitabilmente sovversiva. Ciò implica che il collettivo di arte sociologica considera la metodologia e la strategia come due concetti fondamentali della sua pratica.

1. La metodologia dell’arte sociologica.

Il suo scopo fondamentale è la messa in opera di dispositivi di devianza. Il suo campo d’azione è direttamente quello delle relazioni soggettive interindividuali. Essa non può chiedere in prestito alla sociologia ufficiale, nel senso che questa miri a costatare e a gestire, a manipolare le attitudini degli elettori/consumatori in rapporto alle proposte fittiziamente alternative del sistema sociale stesso, e non a mettere in discussione queste proposte. La storia di questa metodologia rilevante e burocratica è legata alle domande degli organismi governamentali ed economici che hanno finanziato le inchieste sociali allo scopo di assicurare l’esercizio del proprio potere. Soltanto la pratica di una problematica critica può permetterci di utilizzare questi metodi, capovolgendoli. La nostra metodologia è interamente da inventare. Essa mira a far apparire concretamente la realtà delle relazioni sociali che determinano gli individui, ma che l’ideologia dominante occulta in modo diverso a livello dell’immaginario nelle coscienze individuali, attraverso un discorso politico, morale e culturale. L’arte sociologica visualizza le relazioni sociali che l’analisi sociologica teorica e la pratica rivelano; fa emergere nella coscienza di ciascuno le sue strutture astratte, oggetto del discorso sociologico, ideologicamente accecato a livello del vissuto quotidiano. Questa pratica pedagogica sovversiva rivela il funzionamento dei rapporti sociali reali fra le categorie sociali, i mezzi di sfruttamento, la logica politica dei sistemi di valori dominante, la loro mistificazione quotidiana, permettendo così a ciascuno un esercizio critico del suo giudizio e della sua libertà in rapporto a un ordine sociale che si presenta falsamente come naturale e necessario. Questa autogestione di pensiero può essere ottenuta grazie all’effetto moltiplicato delle diverse tecniche: spostamento o trasferimento di informazioni in rapporto ai loro luoghi o supporti di processi culturali appartenenti a livelli o sfere sociali abitualmente separati, procedure sintetiche che provocano corto-circuiti sovversivi, laddove l’ideologia dominane divide e frammenta accuratamente per evitare i confronti dialettici, in breve una combinazione deviante degli elementi culturali reali, che mettono in questione la loro logica sociale e di conseguenza fanno apparire ciò che la loro coerenza deve al potere politico dominante repressivo. Interrogazioni, dibattiti, dinamizzazioni, perturbazioni dei circuiti di comunicazione affermativi, provocazioni, rifiuti, contro-usanze, finzioni critiche, contro-istituzioni possono costituire questa pratica trasformatrice. Non si tratta soltanto di azione diretta, ma anche di una sperimentazione il cui effetto parziale o diverso interessa il confronto con le ipotesi della ricerca teorica di una sociologia critica.

2. La strategia dell’arte sociologica.

Realismo e deviazione sono i suoi due principi. Essa si esercita specificatamente nei confronti delle istituzioni vigenti del sistema dominante, che vuole mettere in discussione. Costituiti in collettivo, non incontriamo soltanto degli individui, siamo anche confrontati costantemente a queste istituzioni, che sono da una parte d’ordine artistico e culturale (gallerie, musei, critici d’arte, riviste, biennali, fiere d’arte, ecc.), dall’altra parte di ordine politico e amministrativo (mass media, partiti politici, sindacati, municipalità, polizia, organismi di controllo, di censura, gruppi di pressione, ecc). I processi recuperanti del mercato dell’arte, il collettivo ha preso la decisione di non parteciparvi e di contestarlo radicalmente; per quanto riguarda i partiti, di ritenersi al di fuori e interrogarli rifiutando i dogmi. La nostra funzione interrogativa critica è all’opposto di qualunque militantismo. La strategia dell’arte sociologica mira ad appoggiarsi sul permissivismo delle istituzioni artistiche, per elargire la sua attività in una pratica sociologica molto più vasta della categoria d’arte. Si tratta di impossessarsi del potere delle istituzioni vigenti, appoggiandosi su alcuni uomini che hanno delle responsabilità e grazie alla logica del potere acquisito, per deviare questo potere, se possibile esulare i processi di neutralizzazione della nostra azione che opera in principio nel quadro istituzionale del micro-ambiente elitario, e rivolgere questo potere contro il sistema istituzionale che vogliamo interrogare. In una società dominata dall’elite economica e tecnocratica alla quale la classe media maggioritaria ha delegato il suo potere politico, è possibile appoggiare la nostra strategia su una parte della classe intellettuale che contesta il potere dei gestori e le loro finalità. Il realismo della nostra strategia implica costantemente un calcolo dei rischi nel gioco delle cauzioni istituzionali, dei meccanismi di neutralizzazione e di recupero, e delle possibilità di sperimentazione o di messa in discussione efficace. Se il corto termine non è trascurabile il lungo termine è una prospettiva di speranza che legittima necessariamente ogni volontà, quanto derisoria possa apparire, di trasformare i rapporti sociali contemporanei. E’ forse la volontà di continuare nonostante tutto, che darà la forza al nostro rifiuto di una società di uomini/oggetto controllati ciberneticamente. Hervé FICHER, Fred FOREST, Jean-Paul THENOT, Parigi, marzo 1976

  • Pubblicato nel catalogo internazionale della 37esima Biennale di Venezia, giugno 1976.


MANIFESTO IV DELL’ARTE SOCIOLOGICA: ARTE ED ECONOMIA

L’arte è una merce complessa. Il suo mercato nei paesi industrializzati è organizzato su diversi livelli: speculazione elitaria su pezzi unici o a tiratura limitata, diffusione massiccia di riproduzioni (dischi, cartoline, copie…), imballaggio o condizionamento di derrate di consumo (alimentazione, casa…). Questo mercato ha secreto un raggio di informazione moderna e diversificata, e un sistema istituzionale efficace (gallerie, musei, centri d’arte e di cultura….). Capitale mondiale della finanza e dell’economia, New York detiene su questo mercato un potere imperiale e vi esporta la sua cultura locale contemporaneamente ai dollari.

1. Il mercato dell’arte.

Banche, borse, aste, assicurazioni, industrie, gallerie hanno fatto del “supplemento dell’anima��? della nostra civilizzazione un’attività commerciale ad alto rendimento, paragonabile alle altre, con una funzione supplementare, quella di legittimare spiritualmente la nostra società industriale e commerciale e la classe che domina. L’arte vi ritrova il suo potere affermativo tradizionale. Il collettivo dell’arte sociologica rifiuta una società in cui l’arte è danaro e in cui il danaro è divino. Attraverso la sua pratica interrogativa e critica, al contrario dell’arte come mercanzia e della cultura del consumo, esso interroga la coscienza sociale.

2. La comunicazione.

Confrontato alla rete commerciante e ufficiale dell’arte (riviste d’arte finanziate da direttori di gallerie, dirette da rappresentanti dello Stato, pubblicate da capitani di industria), il collettivo di arte sociologica pone il problema della comunicazione. Esso deve inventare marginalmente la sua propria rete di informazione, nei confronti dei poteri economici e politici.

3. Le istituzioni del mercato.

Nei confronti delle gallerie, musei e del simbolo monumentale che regna ormai su questo sistema a Parigi – il Centro di Arte e di Cultura Georges Pompidou – il collettivo di arte sociologica deve inventare una strategia di deviazione. Deve creare le sue contro-istituzioni, quali la Scuola Sociologica Interrogativa, per opporre la coscienza al consumo.

4. New York.

Anche negli Stati Uniti, il regionalismo culturale di New York detiene il linguaggio e il potere dell’universalità. Il Canada troppo vicino ne subisce il giogo, senza potere scoprire nemmeno la sua propria identità. Tutto ciò che viene da New York è dio sul mercato dell’arte. Le gallerie hanno istallato la loro sede sociale a Broadway. Esse testano i loro prodotti nelle loro succursali europee, prima dell’ eventuale investimento sul mercato nord-americano. Affascinati da New York, gli artisti europei, americani e giapponesi fanno dell’arte imitazione per essere nella spirale dell’avan-guerra. Il Centro Pompidou per accedere allo statuto internazionale ritiene necessario annunciare alla sua apertura un’esposizione New York/Parigi. Incoscienti del carattere economico del loro potere, le “star��? newyorchesi ignorano superbamente le idee che vivono altrove – ai loro occhi una specie di terso mondo culturale. Comunque la crisi ha raggiunto la capitale imperiale, e mentre i commercianti avveduti accolgono temporaneamente alcuni artisti e gallerie stranieri, il tempo di passare una crisi che si augurano breve, noi lanciamo un terzo fronte fuori di New York capace di organizzare una strategia fuori del mercato internazionale e di inventare diversamente le nostre coscienze e le nostre identità, senza dipendere dagli sportelli di banca newyorchesi. Il mercato dell’arte, il suo sistema di informazione e di diffusione, le sue istituzioni, il Centro Pompidou, l’imperialismo newyorchese esistono. Sono là. Come dei prodotti caratteristici della nostra società commerciale e di consumo. Il collettivo di arte sociologica non ha il potere di sopprimerli. La sua strategia sarà dunque di deviarli, affinché l’arte non sia l’espressione sublime e il supplemento dell’anima del potere economico, politico e militare…, ma la coscienza interrogativa di tutti. Il collettivo di arte sociologica Hervé FISCHER, Fred FOREST, Jean-Paul THENOT, Parigi, febbraio 1977


CRONOLOGIA DI UN'AZIONE

10-10-1974: Creazione del Collettivo di arte sociologica Manifesto 1 (pubblicazione nel giornale Le Monde). 1975: Organizzazione dell’iniziativa del Collettivo delle esposizioni tematiche Arte sociologica: Gennaio 1975: 1) L’arte e le sue strutture socio-economiche, Galleria Germani, Parigi (con documenti di : Arte e Linguaggio, Willy Bongard, Hervé Fischer, Fred Forest, Hans Haacke, John Latharn, Les Lavine, Léa Lublin, Jacques Pineau, Adrian Piper, Kalus Staeck, Berbard Teyssère, Jean-Paul Thenot). Marzo 1975: 2) Problemi e metodi dell’anno sociologico. Galleria Mathias Fels, Parigi (con documenti di: Arte e Linguaggio, Jean-François Bory, Jacques Charlier, Hervé Fischer, Fred Forest, Hans Haacke, Les Lavine, Léa Lublin, Antonio Muntadas, Joan Rabescali, Maurice Roquet, Jean Roualdes, Sanejouand, Sogno, Jean-Paul Thénot, Tomeck, Horacio Zabala). Maggio 1975: 3) Arte e Comunicazione, Istituto Francese, Colonia. Giugno 1975: 4) Arte Sociologica, museo Galliera, Parigi. Aprile 1975: I.C.C. Anversa: Il collettivo di Arte Sociologica. Maggio 1975: Manifesto II dell’Arte Sociologica. Giugno 1975: Galleria Wspolczsna, Varsavia. Luglio 1975: Centro di arte e di comunicazione (C.A.Y.C.), Buenos Aires, Argentina. Agosto 1975: Museo di Arte Contemporanea dell’Università di San Paolo, Brasile. Settembre 1975: Museo di Arte Moderna di Rio de Janeiro, Brasile Marzo 1976: Apertura della Scuola Sociologica Interrogativa, Parigi. Luglio 1976: Biennale di Venezia: Bombardamento di Venezia. Dispositivo di implosione culturale. Settembre 1976: Invenzione urbana, Perpignan. Febbraio 1977: Manifesto IV dell’Arte Sociologica. Giugno 1977; Intervento documenta 6

INDICAZIONI & BIBLIOGRAFIA:

Manifesto I del Collettivo, 7 ottobre 1974 (Le Monde, 10-10-1974) Arte Sociologica I: Testi di Hervé Fischer, Fred Forest, Jean-Paul Thénot, Berbard Teyssèdre (Galleria Germani, Parigi). Arte Sociologica II: Colloquio del Collettivo di Arte Sociologica con Otto Hahn (Galleria Mathias Fels, Parigi). Arte Sociologica: Fischer, Forest, Thénot (“+O��?, marzo 1975, Belgio). Catalogo Collettivo Arte Sociologica (I.C.C. Anversa, aprile 1975). Dossier sull’Arte Sociologica: introduzione di Bernard Teyssèdre, (Opus internazionale), numero speciale, aprile 1975). Catalogo Collettivo Arte Sociologica: Museo Galliera, Giugno 1975 (Pierre Restany, Edgar Morin, Marshall Mac Luhan, Jules Gritti, Jean Duvignaud, Vilem Flusser, René Berber). Il Collettivo di Arte Sociologica: di Vilem Flusser, pubblicazione Galeria, Wspolczesna, Varsavia, Polonia, Giugno 1975). Il Collettivo di Arte Sociologica, di Claude Bouyeure, “DU��?, n° 415, Zurigo, 1975. Il Collettivo di Arte Sociologica, (Magazzino Kunst, 1975, n° 67/68). Arte Sociologica, (Domus, n° 548, Luglio 1975, Milano, di Pierre Restany). Catalogo Foto-film-video: Messa a punto del Collettivo di Arte Sociologica “Museo Arte Moderna��?, ARC 2, Parigi, Novembre 1975. Catalogo Biennale Venezia 1976. Manifesto III del Collettivo di Arte Sociologica. Il Collettivo di Arte Sociologica. La Opinion cultural, Buenos Aires, 5 Ottobre 1975. La Scuola Sociologica Interrogativa. Documenta 6, Edizioni Cayc, 1977.


ARTE SOCIOLOGICA I ORGANIZZATA DAL COLLETTIVO DI ARTE SOCIOLOGICA, L’ARTE E LE SUE STRUTTURE SOCIO-ECONOMICHE (prefazione di Bernard Teyssèdre/Exposition Galleria Germani Parigi, Gennaio 1975).

L’arte sociologica non è un’avanguardia.

Un’avanguardia, in arte, spinge l’altro, caccia l’altro. Un’avanguardia, in arte, ha ciò di strano che essa non implica né una retroguardia, né corpo di truppa. Perché? Perché lanciare un’avanguardia, in arte, significa potere per gli speculatori in merce dal lato borsa in ascesa e usura garantita dopo l’ammortamento degli stock. Così, ciò che segue un’avanguardia, il cui merito principale sarà di differenziarsi dalla precedente, siccome questa differenza è ciò che autorizza un investimento nuovo, invece di immobilizzare il capitale nella manutenzione di un equipaggiamento antiquato, senza vantaggi concorrenziali nella corsa al profitto massimo.

L’arte sociologica non innalza gli animi verso la bellezza.

La bellezza: da dove viene la bellezza? Questo assoluto è il dono del Genio. “Voce del silenzio��?, “Dialogo con l’invisibile��?, ci insegna l’estetica, perché non è senza interesse offuscare sotto le nubi estetiche la sua vera genealogia a sapere che sua madre dal nome Ideologia e suo padre Gancio a Finanza, entrambi di onesta nascita borghese. Innalzare gli animi verso la bellezza, ciò si traduce: attirare le persone (corpo e anima) verso questo dono del cielo che è il dominio del gusto borghese, per meglio deviare dalla lotta (bassamente materiale) che cambierebbe le loro condizioni di vita. “L’educazione artistica��? e la “partecipazione giscardiana��? rivelano una stessa strategia. Che il buon popolo “partecipi��?. Sì, a condizione che non abbia alcun potere decisionale! Che il buon popolo s’inizi alle belle arti, sì, come gli schiavi si assoggettano, come le fiere si addomesticano, per leccare il padrone invece di mangiarlo.

L’arte sociologica non aiuta a diffondere la Cultura.

Ai nostri giorni, la relazione degli uomini con ciò che li circonda è canalizzata dai “Mass Media��?. La “natura��? non indica che una nostalgia idilliaca o la prospezione del budget familiare di vacanze attraverso l’industria dei piaceri. La vita sociale, con i suoi conflitti di classe, è “sublimata��? dall’ideologia dominante in una comunità umanista, un Eden di pace. Così la cultura, perdendo ogni legame con l’azione concreta, si sdoppia. Da un lato i creatori, dall’altro i recettori. Qui gli insegnanti, là coloro a cui si insegna. L’informazione scorre a senso unico nel senso del potere. La relazione di conflittualità che era, diventa gerarchica ed è permesso a chiunque di incidere i gradi – basta arricchirsi, coltivarsi.

L’arte sociologica né per le masse, né di elite.

Osserviamo meglio come la cultura si sia sdoppiata. A uno degli estremi, c’è la cultura di massa. Le masse non sono private dell’arte, al contrario, mai nella storia sono state, come in questo momento, bagnate, sommerse dall’arte: il romanzo televisivo, la “musica��? di Silvie Vartan, la “letteratura��? dell’ex ministro Druon o dell’ex ergastolano Papillon. Rendere l’arte (la “vera��?) accessibile alle masse, è dimenticare che la classe dominante, se essa resta dominante, è ciò che ha saputo inculcare alle masse: dominare i propri gusti e le proprie idee. E’ essere esperta a modellarli attraverso la sua stampa, la sua radio, la sua televisione, il suo urbanesimo, la sua pubblicità. In Francia, rendere l’arte accessibile alle masse, nella misura in cui i gusti delle masse non sono spesso che le ricadute tardive e degradate del gusto borghese, sarebbe produrre un’arte che, anche politicamente contestatario, rinforza sulle masse l’impresa del gusto borghese. All’altro estremo, la “vera��? cultura è il privilegio degli esperti. Un pugno di artisti guida, una parata con il suo corteo, direttori di gallerie, funzionari di musei, critici di riviste specializzate. Questa elite coptata detiene il sapere, dunque il potere. Essa si arroga, grazie all’intimidazione e terrorismo intellettuale, il diritto di “vedere��? e “dichiarare��? ciò che, in arte, è vivente, di portata internazionale, di valore universale. Arte “vivente��? perché, mi crediate, questo neonato della moda che ho lanciato diventerà grande. “Internazionale��?, perché il mio appetito di gloria non tollera delle meschinità frontali. “Universale��? perché questo è il mio gusto personale, a me che sono detentore del sapere universale. Di questa arte, le “masse��? non sanno che farsene, non ha legami con ciò che voglio e possono fare: cambiare la loro condizione di vita. Le “masse��? preferiscono a sostegno di superficie le immagini di Paris-Match, di chi è la colpa? E’ che non hanno letto Art Press, Opus, Artidude, Art vivant! Esse hanno negletto di istruirsi al contatto dell’elite. Soltanto, questa elite non apprezza che si smontino gli ingranaggi del suo potere. L’arte sociologica non è bella. Un’arte che osa dire la verità sull’arte, non è bella. Gli artisti del passato avevano un santo patrono: Chéri-Bibi. Essi vivevano “circondati��? di contraddizioni - “Fatalitas��?! riuscivano, o fallivano, per dei motivi che non dipendevano,o solo in debole parte, dal loro lavoro, molto di più dai mercanti, dai critici, dai collezionisti, essi si vedevano di colpo portati o lasciati dalla moda “Fatalitas��?! La propria arte sociologica: le contraddizioni, esteriori e passivamente subite, sono diventate interne. L’arte sociologica mette in discussione l’arte. Lo fa riportando l’arte nel suo contesto ideologico, socio-economico e politico. Lo fa attirando l’attenzione sui canali di comunicazione (o non comunicazione), sui circuiti di diffusione (o occultazione), sulla loro eventuale perturbazione o sovversione. Non si propone di piacere al pubblico quale esso è, ma di modificare il pubblico ai propri gusti. Non è bello. L’esposizione “l’arte e le sue strutture socio-economiche��? apre un ciclo di manifestazioni di arte sociologica in Francia e fuor di Francia, nelle gallerie e fuori dalle gallerie. Non si vedranno qui “belle immagini��? che piacerebbero alle “masse��?; neanche “opere sorprendenti��?, atte a eccitare una “elite��? al palazzo disincantato. Ci si troveranno dei documenti, e non opera, se non trattato come documento. Materiali di una messa in discussione. Strumenti per una presa di coscienza. E ciò merita di essere annotato, niente si vende.


MANIFESTO V ARTE SOCIOLOGICA

(pubblicato dal giornale Le Monde, 7 Febbraio, n° 10894, 1980) L’arte sociologica utilizza come materiale i dati sociologici forniti dal suo circondario. Agisce su questi dati attraverso la multimedialità. Rivela le caratteristiche della società con una metodologia e un’interrogazione critica. I caratteri propri dell’arte sociologica sono stati definiti, messi in opera, sperimentati, verificati in una prima fase dal collettivo di arte sociologica.


L’ARTE SOCIOLOGICA ENTRA OGGI NELLA SECONDA FASE DEL SUO SVILUPPO.

Essa afferma la priorità della sua funzione simbolica in seno alla società nel campo delle rappresentazioni della sua epoca (pratica il simulacro e la distanza critica), in rapporto alla sua prima immagine, troppo esageratamente scientista, opera uno spostamento verso una maggiore sensualizzazione del vissuto, l’esaltazione ludica, la qualità degli scambi umani. Ricorre a tre concetti in funzione dei quali orienta di nuovo la sua procedura in modo significativo.


CONCETTO DI RELAZIONE:

Una nuova attitudine mentale favorisce le interferenze fra i settori cloisonné. Una volontà di indisciplinatezza ha dato vita, nel campo delle scienze, alla teoria della “sistemica��?. Nel campo artistico, questo dato “relazionale��? si afferma ugualmente. L’opera, come struttura aperta, introduce aleatorio e partecipazione del pubblico nei processi di comunicazione interattivi. L’artista non si impone più. - Manifesto V (pubblicato dal giornale “Le Monde��?, 7 Febbraio, n° 10894, 1980) Come fabbricante di un oggetto artistico materializzato ma fonda la procedura su una relazione particolare che si stabilisce fra lui e il suo contesto. Agente di comunicazione, lavorando su quest’ultima, l’artista diventa qualcuno che offre un servizio.


CONCETTO DI ORGANIZZAZIONE:

In arte sociologica tutto si gioca nel rapporto con il contesto. Ogni progetto richiede la creazione di un dispositivo operativo e l’elaborazione di una strategia adattabile a differenti scenari. Questa pratica si fonda dunque, interamente, sulla messa in opera di “sistemi d’azione��?. L’opera realizzata si incarna in un dispositivo concepito, programmato, animato in seno alla realtà quotidiana. Questo tipo di opera è chiamato a sostituirsi all’oggetto arte fisico (scultura, pittura, fotografia, banda video) in cui avvenimento arte isolato nel micro-ambiente (performance, happening). Chi dice dispositivo, dice organizzazione. Arte d’organizzazione, l’arte sociologica è più attenta alle funzioni che agli oggetti.


CONCETTO DI INFORMAZIONE:

L’apparizione successiva delle tecniche di trasformazione del materiale, delle tecniche dell’energia e oggi delle tecniche dell’informazione ha impegnato l’essere umano in forme multiple di espressione. La più recente, la tecnica dell’informazione non produce oggetti materiali ma messaggi. Emissione, riflessione, provocazione. Immaginazione sulla comunicazione sociale del suo tempo. L’arte sociologica è un’arte dell’informazione. Fred Forest Gestore del Territorio del M2

- Manifesto dell’Estetica della comunicazione. (Mercato San Severino, 29 Ottobre 1983). - La “realtà��? è oggi costituita da una molteplicità varia e simultanea di funzioni di scambio. - Il contenuto dello scambio diventa sempre più secondario in rapporto al meccanismo di scambio. - Senza escludere la possibilità di esplorare l’universo dell’ “implosione��? e dell’ “ibridazione��? dei “significati��?, noi sosteniamo la preponderanza delle reti e delle funzioni sull’informazione stessa. - L’informazione coincide con il suo “sistema di senso��?. - Su questo principio noi fondiamo un primo gruppo di lavoro e di ricerca sull’ “Estetica della comunicazione e dei sistemi, nella prospettiva di una piattaforma internazionale continuata da tutti coloro che significativamente lavorano e operano in questo senso��?. Mario Costa, Fred Forest, Horacio Cabala Nelle settimane seguenti gli artisti: Roy Ascott (G.B.), Jean-Claude Anglade (Francia), Roberto Barbanti (Italia), Stephane Barron (Francia), Bure-Soh (Cina), Marc Denjean (Francia), Eric Gidney (Australia), Jean-Pierre Giovanelli (Francia), Philippe Hélary (Francia), Nathan Karczmar (Israele), Derrick de Kerckhove (Canada), Tom Klikowstein (U.S.A.), Jean-Marc Philippe (Francia), Wolfgang Ziemer-Chrobatzek (Germania); si uniscono al gruppo di lavoro costituito. Questo gruppo di lavoro sull’Estetica della comunicazione svilupperà, a partire dal 1983 gli aspetti teorici come le pratiche artistiche che inizia nel quadro dell’Università di Salerno: Cattedra di Estetica e manifestazioni “Arte Media��?, organizzata da Mario Costa, e a Parigi I, la Sorbona: Seminario “arte/comunicazione/nuove tecnologie��?, diritte da Fred Forest, poi a Nizza al MAMAC (Museo d’Arte Moderna e d’Arte Contemporanea) fra il 1995 e il 1998.