Mostra al Jewish Museum 1970

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Da Software – Tecnologia dell’Informazione Il suo nuovo significato per l’Arte

Mostra al Jewish Museum, 1970

Documentazione dei progetti di Theodore Nelson H., Architecture Machine Group e Les Levine

Introduzione

L’introduzione di Burnham al catalogo descrisse i criteri di selezione per la mostra. Prima di Software, l’arte del computer così come venne mostrata al Cybernetic Serendipity aveva spesso funzionato per duplicare gli effetti delle forme artistiche precedenti, anche al punto di imitare gli stili dei maestri passati. Lo scopo era generalmente creare un prodotto finito, realizzato mediante gli strumenti del computer. L’importante The Machine as Seen at the End of the Mechanical Age del Museo di Arte Moderna similmente ebbe come finalità la produzione di oggetti finiti, molti dei quali (come il nome suggerisce) furono sculture meccaniche, immagini di macchine o oggetti inerti facenti riferimento a macchine. Burnham tracciò una visione dell’arte new media di gran lunga in linea con come è avvertita oggi, cioè non una celebrazione della tecnologia né una condanna ma una indagine, attraverso l’implementazione, di nuove forme per i processi introdotti nella cultura attraverso il calcolo. Burnham rintracciò gli inizi della comprensione di questi processi nei cibernetici di Norbert Wiener, ma poi comprese che l’opera attuale era andata oltre questa formula, nel modello del software. Burnham scrisse nel catalogo che “molti degli oggetti esposti nella mostra Software affrontano le relazioni concettuali e processuali che, in apparenza, sembrano essere totalmente privi degli usuali simboli artistici. In modo ancora più determinante [[[McLuhan Marshall|Marshall McLuhan]]. Si segnò l’inizio della realizzazione della visione cibernetica di artisti come Roy Ascott e Nam June Paik (anche se, per farlo, si cercò una formula che andasse oltre il cibernetico) e si diede un ampio sguardo all’opera di artisti più tardi come Lynn Hershman.

Ned Woodman / Theodor H. Nelson

Labyrinth: un catalogo interattivo – 1970

Labyrinth è un ipertesto, o un testo interattivo di sistema di recupero (delle informazioni). Per leggere in questo catalogo interattivo, l’utente siede di fronte ad uno dei numerosi terminali Labyrinth e inizia a leggere. Per leggere oltre ogni sezione, essendo più larga dello schermo, l’utente digita F (forward). Per tornare all’inizio del catalogo, l’utente digita R (return). Per ottenere una sezione collegata come indicato dall’asterisco che appare nel testo, l’utente digita il codice che appare con l’asterisco. Prima di lasciare la mostra, la persona che sta uscendo dal museo può ottenere una stampa di ciò che lei stessa ha selezionato da leggere nel catalogo interattivo, dando il proprio nome ad un attendente della zona della stampa dell’uscita principale. Il sistema del catalogo è stato programmato per PDP-8 da Ned Woodman di Art&Technology,Inc. Interessanti caratteristiche del programma includono l’abilità di estrarre dati da ogni display, una storia dal terminale temporaneo per riconoscere i comandi per andare avanti e indietro, una storia dell’utente permanente che consente una stampa finale. Il catalogo interattivo per software, consistendo in informazioni prese dal catalogo stampato e materiali aggiunti, venne edito da Theodor H. Nelson, il quale sostenne gli ipertesti come una vera e propria forma di scrittura per circa 10 anni. Questa è la prima pubblica dimostrazione di un sistema di ipertesto.

The Architecture Machine Group, MIT

Seek – 1969/70

Seek è un dispositivo di rilevazione/effetto controllato da un piccolo computer generale. In contrasto con un input/output periferico, Seek è un meccanismo che rileva l’ambiente fisico, gli effetti di questo ambiente e alternativamente i tentativi di interazione tra eventi inaspettati e l’ambiente. Seek utilizza scatoloni di giocattoli che si possono impilare, allineare e ordinare. Nello stesso tempo, questi scatoloni formano la costruzione di un ambiente per una piccola colonia di gerbilli che vivono nel mondo tridimensionale di Seek. All’insaputa di Seek, gli animaletti vanno a sbattere contro gli scatoloni, distruggendo le costruzioni e raggiungendo la vetta delle torri. Il risultato è una sostanziale divergenza tra la realtà tridimensionale e le memorie di calcolo che risiedono nella memoria del computer di Seek. Il ruolo di Seek è di affrontare queste inconsistenze. Nel procedimento, Seek esibisce avvisi di una rispondente modalità di funzionamento, visto che le azioni dei gerbilli non sono praticabili e le reazioni di Seek intenzionalmente correggono o amplificano le dislocazioni provocate dai gerbilli. Seek consiste in una struttura di 5X8 piedi, a supporto di un carrello che ha tre dimensioni di libertà. La sua estremità è composta da un elettromagnete, da diversi micro interruttori e da un dispositivo a pressione. Questa protesi elementare è guidata da un computer cieco e maldestro per raccogliere o depositare il carico di ciascun cubo di 2 inch. Il nucleo del sistema è un Interdata Model 3 Computer con 65536 singoli (si/no) bit di memoria, che sono divisi per istruzione e dati. Anche nella sua trivialità e semplicità, metaforicamente Seek va oltre la situazione del mondo reale, dove le macchine non possono rispondere all’imprevedibile natura della gente (gerbilli). Oggi le macchine sono povere per aiutare gli improvvisi cambi del contesto ambientale. Questa mancanza di adattabilità è il problema che Seek affronta nel suo piccolo. Se i computer devono essere nostri amici, devono comprendere le nostre metafore. Se devono dare una risposta ai cambiamenti, imprevedibili, ai bisogni umani contestuali, avranno bisogno di una intelligenza artificiale che può far fronte a complesse contingenze in modo sofisticato (avvicinandosi a queste metafore) più di quanto Seek tratti con elementari incertezze seguendo una moda ingenua. Seek è stato sviluppato e costruito dagli studenti del MIT che compongono una parte dell’Architecture Machine Group, opera di ricerca sponsorizzata dalla Fondazione Ford con il MIT Urban Systems Laboratori. I partecipanti hanno spaziato dal lavoro delle matricole in un Programma di Opportunità di Ricerca per Studenti Universitari, dai disegni dei post-laureati agli elementi della loro ricerca di assistenza. I co-direttori del gruppo sono i Professori Nicholas Negroponte e Leon B. Groisser della facoltà di Architettura e Progettazione. Randy Rettberg e Mike Titelbaum, studenti di Ingegneria Elettronica, in particolare, l’interfaccia e il controllore. Steven Gregory, un laureato in Architettura, ha diretto la programmazione. Steven Peters e Ernest Vincent sono stati i responsabili dell’attuale costruzione del dispositivo. A seguito della mostra Software, Seek tornerà a MIT per essere utilizzato con molte diverse teste smontabili con lo scopo generale di sensore/effetto. Seek diventerà una struttura per esperimenti condotti da studenti in un disegno di aiuto ai computer e in una intelligenza artificiale.

Les Levine

System Burn-off X Residual Software - 1969

Le 33 foto della mostra furono originalmente scattate dall’artista nel marzo 1969 durante un’escursione dei critici e della stampa di New York per vedere l’apertura della mostra Earth Works ad Ithaca, New York.


L’artista espone sé stesso elettronicamente

(alcune immagini della mostra)

Les Levine A.I.R. 1968-70 A.I.R. fondamentalmente è (un’opera) formata da un gruppo di televisori in un museo che mostra l’attività registrata nel mio studio, esibendo ai visitatori del museo l’artista nel suo ambiente naturale. Le immagini cambiano posizione da monitor a monitor in una base casuale. Credo che questo porti il processo artistico direttamente a contatto con l’ambiente del pubblico e perciò produca una più stretta connessione tra arte e cultura generale.


Les Levine Wire Tap 1969-70 Wire Tap è una serie di casse acustiche, ciascuna della misura di 12x12, e contenenti una serie conversazioni tra me e chiunque mi telefona durante il giorno. La gente ascolterà queste conversazioni passando accanto.


Sintesi

La mostra intitolata Software del 1970, organizzata da Jack Burnham, ospitò una serie di prodotti artistici pensati e creati in connessione con l’universo informatico. Il capitolo preso in esame tenta di spiegare, descrivendo le opere e riportando il pensiero di alcuni dei protagonisti dell’esposizione, la filosofia e l’atteggiamento che stanno alla base di questo evento.

Numerose le espressioni artistiche coinvolte: da quella degli artisti concettuali con John Baldessari che espose Cremation Piece alla Room Situation: Proximity di Vito Acconci, fino ai progetti più tecnologici (per esempio la radiotrasmissione di poesia utilizzando come casse acustiche le finestre del museo). In particolare nel capitolo sono prese ad esame alcune tra le più importanti opere presentate, a partire da Labyrinth, il catalogo della stessa mostra, creato da Ned Woodman ed edito da Theodor H. Nelson. Si tratta di un ipertesto formato dalle pagine del catalogo stampato e da altri materiali che l’utente può, attraverso alcuni comandi, visitare. Alla fine il visitatore virtuale può ottenere una stampa del percorso visionato.

Un’altra opera descritta è Seek dell’Architecture Machine Group che unisce un ambiente tridimensionale (composto da scatoloni e sensori) alla presenza dei gerbilli (piccoli roditori del deserto). Il movimento imprevedibile degli animali distrugge le composizioni degli scatoloni, rivelando l’incongruenza tra la realtà virtuale e quella della memoria del computer. Seek, nella sua estrema semplicità, mette in luce quanto il computer, se si vuole che divenga un vero aiuto, debba essere in grado di rilevare ogni più flebile cambiamento d’intenzione dell’uomo, debba intuirne le metafore.

Infine sono analizzate le opere di Les Levine (colui che, peraltro, ha suggerito il titolo della mostra).

Les Levine realizza poi A.I.R. attraverso cui un gruppo di televisori manda in onda immagini registrate nel suo studio, con lo scopo di restituire a chi guarda l’ambiente naturale in cui vive l’artista. Infine Levine crea Wire Tap: delle casse acustiche trasmettono le conversazioni telefoniche effettuate dall’artista durante il giorno.