Notes on the aesthetics of dysfunctionality, or: why some of us don't want to become 'masters'

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Autore:

Arns Inke

Tratto da:

Titolo originale:

Notes on the aesthetics of dysfunctionality, or: why some of us don't want to become 'masters'

Traduzione di:

Giulia Cini

Anno:

1998


Note sull'estetica della disfunzionalità, ovvero: perché alcuni di noi non vogliono diventare "Masters"

Come fanno gli artisti a dirottare le nuove tecnologie?


Inke Arns <inke@berlin.snafu.de> Berlino, agosto 1998


"Non diventare un Master!"

Alexej Shulgin, 'Arte, potere e comunicazione'

mailing list Syndicate,7 ottobre 1996


Anche se lavorano con i cosiddetti nuovi media, molti fra gli artisti della mia generazione non si considerano,loro stessi come "media artists". Non utilizzano questo termine perché "media art" per loro rappresenta un certo modo di usare nuovi media e nuove tecnologie, che essi ritengono essere acritici, mancanti di una distanza verso medium/tecnologia ed essendo generalmente affermative rispetto alle tecnologie usate. Questi giovani artisti identificano la nozione di "media art" essenzialmente con un'altra generazione di artisti nel decennio degli anni '80. Mi riferisco alle impressionanti installazioni interattive e agli oggetti che erano esposti ai vari festival di ars electronica a Linz, in Austria, e al museo dei media aperto recentemente, al Centro per l'Arte e Tecnologie dei Media (ZKM) di Karlsruhe, in Germania. Qualche volta ci si riferisce cinicamente ad esso come "ZKM" o "SGI-art". In molti casi i visitatori a queste esposizioni (gli "utenti") sono semplicemente confrontati con gli ultimi conseguimenti tecnologici e le ‘performance migliori’ del sempre crescente potere dei computer: "cyberspazio", "superfici liscie", "interattività", "intelligenza artificiale" e "interfacce-uomo-macchina" sono alcuni degli slogan della moda utilizzati nel contesto della media art,i quali rientrano perfettamente nelle strategie di marketing delle imprese corrispondenti. Sebbene gli artisti della mia generazione che rigettano la nozione di "media art" non possano offrire un termine migliore, si occupano invece dei nuovi media e delle nuove tecnologie in modo più calmo e rilassato. Per loro i nuovi media sono costituenti "naturali" del mondo: i media rappresentano una parte integrante della loro visione del mondo. Il mondo come essi lo conoscono è inconcepibile senza i media, alle technologie dei media non viene più assegnato nessun potenziale utopistico. Ora vorrei riflettere brevemente su quattro progetti artistici che io ritengo particolarmente interessanti nel contesto di questo articolo. Questi quattro progetti non usano e non applicano i nuovi media e le nuove tecnologie nel senso tradizionalmente assegnato loro. Piuttosto si appropriano, utilizzano in modo inusuale e dirottano queste tecnologie; assumono una posizione critica e distaccata rispetto ai meccanismi mediatici usando strategie di infiltrazione, provocazione e interruzione. Si dedicano all’estetica dell’errore, al disturbo e al guasto tecnico, alla disfunzionalità e all’estetica del macchinario,in breve: rendono visibili quei processi che normalmente lavorano sotto le superfici lisce, nelle profondità della macchina. Oppure, come ha affermato recentemente un mio collega, questi progetti approcciano la tecnologia "non dal punto di vista della liscezza, rendendo flessibile la fusione di mondi reali e virtuali, ma da quello dell’incidente, della frizione e della rottura che rappresentano gli elementi necessari di qualsiasi realtà tecnica".(1)


JODI

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Il gruppo artistico belga/olandese JODI è formato da Dirk Paesmans e Joan Heemskerk, che attualmente vivono e lavorano in Spagna. JODI, con il suo sito Web http://www.jodi.org ha, per la sua radicalità, guadagnato fino ad ora una certa reputazione fra gli utenti di Internet. Quando si accede al sito, la prima reazione è "O mio Dio, il mio computer è andato in crash" oppure "cavolo, alla fine mi sono beccato un virus". Con il loro sito, che fa un uso estremo di immagini gif/jpeg generate al computer, di programmi CGI, di Javascripts, di caratteri ASCII e di puro testo HTML, JODI appartiene ai rappresentanti più avanzati della cosiddetta "Net.art" (che si legge correttamente "net-dot-art"). Analizzando la nozione di "interattività" e negando gli impulsi comunicativi, JODI si concentra sugli elementi fondamentali di Internet, dedicandosi a ciò cui normalmente ci si riferisce come disfunzioni tecniche: rivelano i disturbi tecnici che avvengono nella comunicazione fra le macchine.


Heath Bunting

Durante la mostra "disarmonia. sabotaggio di realtà", che ho co-organizzato al Kunstverein di Amburgo nel 1996-97, l’artista britannico Heath Bunting ha realizzato una vera "allarmante" strategia di infiltrazione. Dopo una vasta ricerca nelle aree commerciali della periferia di Amburgo, Bunting ha preparato delle cartoline, aventi adesivi magnetici di sicurezza che di solito vengono rimossi o disattivati prima di lasciare il negozio. Ha poi inviato queste cartoline a negozi che hanno in funzione sistemi di protezione magnetica dal furto. Al momento della consegna, è stato il postino a far scattare l’allarme: uno strano rovesciamento dello scopo per cui sono pensati tali sistemi. Il testo sulla cartolina diceva:

>sei allarmato? sì [ ] no [ ] >a volte i sistemi mediatici di protezione >possono essere adattati per divenire >apparecchi di presenza vulnerabile

-Innen

Fondato nel 1993 da Corinna Knoll, Ellen Nonnenmacher, Janine Sack e Cornelia Sollfrank, il gruppo -Innen si dedica all’analisi delle strutture di potere che gravitano intorno all’uso delle nuove tecnologie ( "vecchi modelli - nuovi media"). Raggiunti da Susanne Ackers, il team -Innenplus ha preso parte al CeBIT ‘96 ad Hannover, la fiera di computer più grande del mondo. Vestite con uniformi identiche, il loro scopo era di parodiare "l’arte del commercio mediatico attraverso il simulazionismo attivista"(2). -Innenplus sostiene che “in contrasto con la tecnologia presumibilmente orientata verso il futuro (che viene promossa alla fiera), è sorprendente come ci si aggrappi ancora ai modelli e ruoli tradizionali. La tecnologia è di dominio maschile.

Questo è il modo in cui può essere spiegata la sproporzionata presenza maschile alle fiere di computer. C’è la necessità di aiuto professionale per compensare la naturale assenza delle donne. I servizi di hostess e prostitute sono un gradito rimedio(3). Nel corso della loro azione "Donne e uomini al Cebit ‘96", lo staff (femminile) di -Innenplus ha visitato gli stand e stabilito contatti con i sales manager (uomini), distribuendo un mousepad gratis. Sul mousepad era raffigurata un’immagine del gruppo ma anche domande e un sistema a scelta multipla di risposte su sesso, tecnologia e ruoli di genere. Una registrazione video documentava i manager sbalorditi.


TV Poesia


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In occasione della Medienbiennale Leipzig 94 che ho organizzato con Dieter Daniels, l’artista austriaco Gebhard Sengmüller ha installato un sistema che funzionava in modo simile a quello dei lavori di JODI. Per il suo progetto "TV Poesia", Sengmüller ha sistemato dei ricevitori TV satellitari a Vienna, Rotterdam e Lüneburg che cambiavano il canale satellitare ogni dieci secondi.

Quando i computer si connettevano al ricettore satellitare, entrava in moto un programma di riconoscimento-testo che lasciava trapelare gli elementi di testo (ad esempio sottotitoli o titoli di testa dei quotidiani). Il software poi convertiva il testo grafico in caratteri ASCII. A seconda della dimensione e della chiarezza dei testi "originali" nelle immagini TV, il risultato era più o meno corretto. Ogni dieci minuti i computer si connettevano via modem al computer centrale a Lipsia, dove i risultati - testi facilmente leggibili che si alternavano a gibberish delle macchine e viceversa - venivano visualizzati come un infinito flusso di testo su un monitor. Tv Poesia era una silenziosa meditazione sull’estetica del macchinario e le incertezze della comunicazione.

I quattro progetti che ho introdotto brevemente, hanno in comune che non usano nuovi mezzi della comunicazione e delle tecnologie nel senso originalmente assegnato a loro: divagano piuttosto, appropriando ed annettendo queste tecnologie. Per essere in grado di concentrarsi sugli aspetti immateriali di arte di mezzi di comunicazione, generalmente le condizioni materiali del lavoro d'arte devono essere rese invisibili (4). Qui, è il contrario esatto: questi progetti accentuano le condizioni materiali e le supposizioni generalmente in tecniche non richieste,sottostanti a queste tecnologie sociali ed ideologiche. Si concentrano su quelle realtà che attraverso la loro invisibilità garantiscono il frictionless funzionante dalle macchine dei mezzi di comunicazione, e come tali interrogano le promesse utopiste delle superfici di sistema liscie.

Inke Arns