Pour une typologie de la creation sur Internet

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Titolo:

Pour une typologie de la création sur Internet Tratto da: http://www.olats.org/livresetudes/etudes/typInternet.shtml

Autore:

Annick Bureaud

Anno:

1998 d.c.

Luogo:

Sito web:

Descrizione:

L’analisi qui proposta è l’oggetto di una comunicazione avvenuta nell’ambito del R.A.T. (Rete Arte Tecnologia) organizzato a Cipro nel Novembre 1997. L’Autore precisa subito come per tipologia di creazione in Internet si intenda l’analisi e la descrizione non tanto dei contenuti, quanto degli aspetti formali delle varie ‘opere’ che compongono il web. La tipologia proposta tende a suddividere le opere in grandi categorie allo stesso tempo simili e differenti tra loro. Per la natura stessa del mezzo (la rete, il web) si tratta di una tipologia fluida ed instabile, in costante evoluzione, come le opere descritte che col corso del tempo si sono evolute o sono addirittura scomparse. Si chiarisce subito come ‘arte su Internet’ non equivalga a ‘creazione in (e per) Internet’ in quanto numerose opere artistiche come quadri, sculture, fotografie, musiche, si possono trovare in rete (che qua svolge una funzione puramente documentativa, esattamente come un libro, un catalogo e/o un centro di documentazione). La ‘creazione in Internet’ prevede lo sviluppo di opere che trovano sì spazio in rete, ma che sono costruite per le caratteristiche e per il linguaggio del medium specifico. Già prima di Internet (World Wide Web), vari artisti si erano cimentati in opere costruite su reti rudimentali, come La plissure du texte (sulla rete IP Sharp) di Roy Ascott per l’esposizione Electra del museo d’arte moderna Ville de Paris, nel 1983, o molte opere del brasiliano Eduardo Kak (documentate sul suo sito all’indirizzo http://www.ekac.org/ ). Per lo più si tratta di opere effimere di cui non esiste altro che una documentazione e che indagano il tema dell’arte della comunicazione. Stilizzando la storia della nascita di Internet in due date fondamentali, 1989 anno in cui Tim Berners-Lee propone il World Wide Web, un sistema funzionale e funzionante di organizzazione ipermediale delle informazioni, e il 1991 anno in cui l’NSCA (National Center for Supercomputing Application, Champain, Illinois) sviluppa e distribuisce gratuitamente MOSAIC, primo programma ad interfaccia grafica per la navigazione sul Web (poi rapidamente soppiantato da Netscape), arriviamo rapidamente al 1994 anno di’apparizione di due opere ‘storiche’ create appositamente per (ed in) Internet: Waxweb di David Blair e di The file room di Muntadas. Waxweb (http://bug.village.virginia.edu/, non più disponibile), è la prima opera esemplare di narrazione sulla rete. Waxweb fa uso di tutti gli strumenti messi a disposizione dalla comunicazione via web (Web,E-mail, FTP, listServ, tecnologia Moo, telnet) per costruire il primo Ipermedia composto da migliaia di informazioni (iper)testuali, immagini e video. Il tutto è stato elaborato e portato avanti secondo una logica di produzione collaborativa, orizzontale ed ‘aperta’. •The File Room è invece un ipertesto ‘aperto’ che ha per tema la censura culturale suddiviso in 4 categorie (Epoca, Luogo, Supporto artistico, Natura dlla censura). L’opera raccoglie numerosissimi esempi di censura e da la possibilità ai suoi fruitori di contribuire inserendo un caso non ancora documentato. È il primo esempio di opera ‘aperta’ e ‘controculturale’.

Dal 1994 in avanti le opere in Internet si sono sviluppate in modo esponenziale. Al momento in cui è stato scritto l’articolo si possono distinguere quattro grandi categorie: 1) Ipermedia ‘chiusi’ ed ‘aperti’; 2) opere ‘il medium è il messaggio’; 3) opere di comunicazione – collaborative e relazionali; 4) Cyberception, di cui fanno parte le opere di telepresenza.

1. Per Ipermedia si intende una struttura fatta di nodi e link che permette di creare diversi percorsi di significato attraverso l’interazione con blocchi di testo, immagini e suoni. Le opere ipermediali su internet possono essere suddivise in ipermedia ‘chiusi’ ed ipermedia ‘aperti’: • Ipermedia chiusi sono considerati quelle opere i cui nodi sono autonomi ed interni all’opera stessa e che utilizzano il web (e non CD-ROM o altri supporti digitali) solo a scopo divulgativo. Queste opere sfruttano la rete Internet per la sua logica di diffusione libera. Esempi di ipermedia chiusi ( ora per lo più non disponibili): a) lOveOne (http://www.eastgate.com/malloy/) di Judy Malloy; b) "GRAMMATRON" (Grammatron) di Mark Amerika; c) Notice (Notice) di Carol Flax est; d) FAMILIE AUER (Familie Auer) di Robert Adrian a) Ipermedia aperti sono quelle opere che sfruttano le caratteristiche intrinseche della rete, il suo aspetto rizomatico, ipertestuale e collaborativo, capace di mettere in contatto attivo persone anche lontanissime tra loro. Ipermedia aperti sono quelle opere le cui unità visive (ma non solo) formali fanno parte della rete, quindi esterne all’opera stessa. Alcuni esempi sono: a) The Multi-cultural Recycler (http://shoko.calarts.edu/~alex/recycler.html ) di Amy Alexander; b) The WWWArt Awards (http://www.easylife.org/award) di Alexei Shulgin; 2. Il messaggio è il medium. Questo tipo di opere che prende il nome dalla celebre frase di Mc Luhan, raggruppa opere la cui estetica fa coincidere medium e il messaggio: il contenuto coincide con le stesse unità formali che lo compongono. Di questa categoria sono celebri gli esperimenti del gruppo Jodi (www.jodi.org) e di Alexei Shulgin (Form, http://www.c3.hu/hyper3/form) che utillizzano i classici pulsanti dei browser con le sue slide bar e i classici link ipertestuali, per comporre immagini di estrema efficacia. 3. Opere di comunicazione – collaborative e relazionali. Sono opere basate sulla collaborazione collettiva. Sono opere formalmente effimere in quanto l’opera risiede nella collaboratività e nell’interconnettività anziché nel loro aspetto esteriore. Queste opere possono trovarsi interamente in rete oppure sotto forma di installazioni in spazi fisici. • Per quel che riguarda la sola rete l’opera più significativa è indubbiamente Chain reaction Chain Reaction di Bonnie Mitchell (1995) che a partire da alcune immagini, invitava a scaricarle, modificarle e rinviarle al server. In corso d’opera le immagini originali risentivano delle modifiche di un flusso collettivo. • Il connubio tra opera in rete ed opera nello spazio fisico permette di relazionare due diversi tipi di fruizione, quella virtuale e quella reale. Le opere del gruppo Knowbotic Research (Simulationsraum-Mosaik mobiler Datenklänge, http://www.aec.at/prix/1993/E93gnI-smdk.html) mettono in relazione lo spazio virtuale di un software audio-visuale o di una pagina web, con lo spazio fisico. Le due diverse fruizioni hanno modi relazionarsi attraverso la rete ed attraverso essa prendono coscienza di una dimensione interspaziale. 4. Cyberception. Il significato di cyberception è una percezione fisica e mentale non più determinata e condizionata dal solo spazio fisico e dai nostri limiti fisici, allargata e aumentata anzi da (e dentro) il cyberspazio. La telepresenza rappresenta una delle maggiori attrattive in questo genere di opere. La tele presenza implica la coesistenza di due luoghi diversi in uno stesso spazio: uno fisico ed uno distante, ma compresente, in grado di influire attraverso dispositivi connettivi, sullo spazio fisico. La telepresenza ripropone una serie di questioni essenziali riguardo la distanza, la confinanza e la realtà e verità percepita dai nostri sensi. L’estetica di queste opere esce dalle canoniche estetiche ‘flash’ o animazioni gif o java. Qua il contributo grafico è minimo, per non dire nullo, ma il magico meccanismo tele-spaziale circonda di un aura evocativa questi esperimenti. In The Light on the Net di Masaki Fujihata permette di interagire a distanza e collettivamente con una scultura costituita da una matrice di sorgenti luminose, posta all’interno di un edificio pubblico. Sul Web gli spettatori sono in grado di scegliere quale lampadina accendere e quale no. Il risultato è un’azione collettiva e telepresente nello stesso spazio fisico, la scultura. In Telegarden di Ken Goldberg il fruitore può osservare un giardino a distanza grazie ad un dispositivo che permette il controllo di una web-cam, oppure può occuparsi attivamente del giardino, divenendo membro di una comunità. L’esperimento ha dimostrato come diversi membri provenienti da luoghi diversi e distanti tra loro, possa dare la possibilità di creare ‘realmente’ (e fisicamente) un giardino. Questi esperimenti sono volti a dimostrare come in realtà dispositivi virtuali sono in grado di produrre cambiamenti reali nello spazio fisico.

In conclusione la creazione su Internet ha bisogno di una fruizione attiva perché l’opera viva. Solo le azioni di un flusso collettivo interconnesso permette all’opera d’arte in rete di assumere una forma, e a prescindere da ogni stile estetico è solo questo elemento che contraddistingue le opere in rete da quelle di altri media.


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