Robotic art

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Robotic art

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Oggigiorno la robotica, oltre ad avere un ruolo importante per quanto riguarda lo sviluppo di tecnologie all'avanguardia in vari campi del sapere, si e' guadagnata anche una notevole importanza nell'arte contemporanea. In passato abbiamo potuto ammirare attraverso la mitologia di varie culture, opere letterarie, pellicole cinematografiche e programmi televisivi, le varie interpretazioni del concetto di robot. "Robot" e' una parola ceca che significa "schiavo della macchina", racchiudendo in se' diversi punti di vista: E' l'uomo che da' origine ai robot? Oppure e' il robot che creando arte, si identifica completamente con l'artista? Queste domande sono tutt'ora il punto di partenza per vari dibattiti nell'arte,tutti incentrati pero' su una domanda precisa: Chi e' il creatore finale, nell'arte robotica?. Nella storia i primi a compiere dei passi in questo campo furono i cinesi della dinastia Han nel III secolo a.C. con la creazione di un'orchestra e di oggetti come carri e giocattoli tutti meccanicizzati, messi in moto per lo piu' idraulicamente per lo svago di imperatori e ingegneri-costruttori. Anche nell'antica Roma al tempo di Nerone si realizzarono oggetti semplici ma gia' automatizzati nei meccanismi, tecnica ripresa anche nel XIII secolo d.C. da Al-Badi Zaman'Isma'il Al-Razzaz Jazari [1], inventore musulmano che si dedico' alla meccanica realizzando diversi marchingegni idraulici, creando persino un'orologio ad acqua. Inoltre nel Medioevo, degli orologiai costruirono l'orologio astronomico di Praga [2], il quale allo scoccare di ogni ora aziona una serie di meccanismi, come ad esempio la statuetta di uno scheletro con una clessidra in mano che fa suonare un campanello,assieme alla statuetta di un turco che mostra la sua spada. Esempi illuminanti piu' recenti sul tema dell'arte robotica si possono ritrovare in letteratura con capolavori come "Frankenstein" di Mary Shelley (1818), "The Golem" di Gustav Meyrink (1915), "Cutie" di Isaac Asimov (1941), ma anche nel cinema con "Metropolis" di Fritz Lang (1926), "Forbidden Planet" di Fred Wilcox (1956), "Star Wars" di George Lucas (1977), "Blade Runner" di Ridley Scott (1982), e molti altri. L'arte robotica in campo artistico ha trovato numerose applicazioni,grazie all'interesse e alla curiosita' suscitati da sempre nell'uomo, come superamento per certi versi dei propri limiti naturali. Egli tende ad introdurre la robotica come un nuovo "medium", migliorando sempre piu' ogni fase della creazione dei robot, dall'ideazione al loro utilizzo in vari contesti e spesso tramite sistemi di ibridazione con altre forme di vita in altri campi scientifici. In questo senso quando si parla di creature prettamente elettroniche ci si riferisce all'arte robotica in se', mentre nel caso dell'elettronica applicata all'organico si spazia nell'"arte cibernetica", e nella cosiddetta "arte di telepresenza", dove si mette in atto la proiezione a distanza di un essere umano attraverso un robot. Continuando di questo passo si arrivera', in tempi non molto lontani, al creare una forma di vita dotata di un'intelligenza propria, la quale contribuirà alla nostra evoluzione, costituendo quindi una "nuova natura artificiale" in contrapposizione a quella umana. Uno dei primi passi di sviluppo nella ricerca di organismi automatizzati e' costituito dal percorso compiuto da personalita' come Wiener Norbert, il quale si dedico' ad una prospettiva di sviluppo di tipo cibernetico, ma soprattutto da William Grey Walter con la realizzazione di robot-tartarughe con un comportamento proprio in ambito sociale-animale. Questo inizio apri' le porte allo studio di una robotica incentrata sul comportamento. Tuttavia i primi modelli di robot che videro la luce negli anni '50 furono realizzati per l'intrattenimento e per fini scientifici, come il progetto "Stigmergy" introdotto da Pierre-Paul Grasse. L'intento di "Stigmergy" era quello di descrivere la comunicazione indiretta fra insetti/membri di una societa' animale, in particolar modo durante la ricostituzione di nidi di termiti. Nell'organizzazione delle mansioni che ciascun insetto ha nel suo gruppo d'appartenenza, svolgono un ruolo importante i feromoni, con i quali vengono inviati messaggi chimici di interazione piuttosto complessi. Questi studi furono molto utili per varie scienze sociali, e per i progressi sull'intelligenza artificiale. Tra gli anni '50-'60 l'arte cinetica aiuto' a reintrodurre il tema dell'automa nel panorama artistico, anche se vere e proprie opere d'arte robotica apparirono solamente negli anni '60. I robot di quell'epoca, oltre ad essere molto efficienti e instancabili lavoratori, erano progettati per svolgere sempre il solito compito e le solite azioni in modo meccanico, per questo venivano spesso usati nelle industrie, incrementando notevolemente la produttivita'. L'artista non fece altro che rielaborare questi prototipi in maniera artistica, per crearne di nuovi. Un'opera rilevante per questo periodo e' "CYSP 1" ("Cybernetic Spatiodynamic Sculpture") di Nicolas Schoffer del 1956, scultura che attraverso sensori e altre parti elettroniche/analogiche eseguiva azioni in risposta agli stimoli generati dal pubblico presente. Il tutto fu' filmato e mandato in onda da una trasmissione televisiva francese del '59 dal titolo "Robocybernétique". Nella seconda meta' degli anni '60 furono piu' che altro tre le opere considerate in seguito pilastri della robotic-art: il robot "K-456"[3] di Paik June Nam e Shuya Abe (1964), "Squat" di Tom Shannon (1966), "Ihnatowicz" di Edward II Senster (1969-70). Nell'opera di Paik-Abe prevalgono aspetti come i problemi di controllo remoto, la liberta' di movimento e l'interagire con gli spettatori. Il modo in cui Paik intende la sua opera e' piuttosto giocoso ed umanizzato. Nel 1982 il robot fu' rianimato per una retrospettiva proprio su Nam June Paik al Whitney Museum of American Art: per l'evento Paik allesti' il set di una performance intitolata "La catastrofe del secolo XXI", durante la quale K-456 fu fatto investire da un'auto in corsa, all'incrocio tra la 75th Street e la Madison Avenue. Cio' che l'artista volle trasmettere con questo gesto fu il pericolo che si puo' generare dall'incontro di tecnologie senza supervisione umana. L'opera di Tom Shannon invece produceva un effetto finale piu' controllato rispetto a quella di Paik. Questa si basava su un impianto cibernetico costituito da un sistema di cablaggio installato su una pianta-scultura ricettiva, costituendo il primo esperimento di "arte cibernetica interattiva". Il pubblico, interagendo con la pianta poteva osservare, grazie ad un sensore, dei cambiamenti nel comportamento del robot, che incominciava a muoversi e a produrre luci e suoni, mentre nel caso di "Ihnatowicz" di Senster e' possibile attivare il robot con la propria voce o con la propria presenza rilevata in tempo reale. Da questi tre esempi presero campo tutta una serie di opere interattive dotate di nanotecnologie, programmi all'avanguardia, sensori di attivazione/ricezione, realizzate durante tutti gli anni '70-'80, le quali iniziarono ad intrecciarsi persino con nuove forme artistiche, definite come arte "post-human", con la creazione di nuovi robot-cyborg o con lo sfruttamento in campo medico ed artistico di protesi meccaniche. Dal '65 in poi esperienze interattive furono portate avanti da artisti come James Seawright[4] con lavori sul tipo di "Watcher" e "Searcher", e nell'elaborazione di spazi come "Electronic Peristilio" e "Rete III". Il funzionamento di queste opere si basava sull'interazione con l'esterno, perfezionata da un processore e riformulata come input. Verso la fine degli anni '70, precisamene nel '76, White Norman, a proposito di robot che intrattengono rapporti con l'esterno, creo' "Menage": un sistema costituito da cinque robot, che con l'inserimento al loro interno di scanner fotografici, erano programmati per riconoscere gli impulsi luminosi provenienti da altri robot dello stesso tipo, evitando quindi di scontrarsi tra loro. Successivamente l'arte robotica fu' impiegata anche nel miglioramento di eventi teatrali e performativi. Tra i piu' famosi rappresentanti incontriamo Mark Pauline e Stelarc. Il primo mise su' un gruppo organizzato in "Laboratori di Ricerca di Sopravvivenza"[5]("Survival Research Laboratories") o SRL, che usando vari materiali come esplosivi, sistemi di controllo-radio, fuoco, liquidi, parti di animali e vari materiali organici riuscivano a dare vita a performance particolari arricchite con la musica. Essendo spettacoli piuttosto crudi e violenti, tendevano a scioccare ed impaurire il pubblico, comprendendo finali talvolta pure auto-distruttivi, con lo scopo di sollevare temi diffusi nella societa' d'oggi, come gli aspetti talvolta negativi dell'impatto della tecnologia sulla mentalita' umana. Ma Pauline non si limito' a questo, tentando di creare un ibrido dal corpo di un coniglio morto, dotato di un esoscheletro artificiale ribattezzato "Rabot". Prosegui' poi a fine anni '90 con "Crime Wave" e "The Unexpected Destruction of Elaborately Engineered Artifacts". Sterlac invece pone la sua attenzione sul corpo, in questo caso il proprio, esplorando l'aggiunta di protesi inorganiche per il miglioramento delle proprie facolta' prensili. Nel 1981,compie alcune performance: "The Third Hand" e "Deca-Dance". Grazie alla sua mentalita' molto innovativa soprattutto per l'epoca, in date piu' recenti l'ha portato a cimentarsi con la stimolazione muscolare diretta e a distanza, al fine di provocare azioni e movimenti involontari. Dall'80 in poi anche un noto artista, Kac Eduardo ha compiuto ricerche innovative in diversi campi, nelle telecomunicazioni, nella genetica, nella bio-art, nella telepresenza con notevoli risultati. Negli anni '90, un team di artisti, gli "Austrian X-Space" progettarono l'installazione "Winke Winke", inspirandosi al telegrafo ottico, anticipatore di quello elettrico. Il funzionamento di quest'opera consiste nel digitare messaggi su un computer di un robot posto sul tetto di un edificio, il quale traduce in simboli del sistema di comunicazione della marina internazionale, muovendo delle bandiere. Poco distante sul tetto di un altro luogo, in linea diretta col robot, vengono ripresi e registrati automaticamente i segnali comunicati da Winke Winke. Il computer che legge le immagini del robot, trasforma il messaggio in codice tramite telegrafo ottico. E' in questi anni che con l'avvento del World Wide Web, nato il 6 agosto del 1991, iniziarono sempre piu' collaborazioni tra vari artisti e utenti della rete da ogni parte del pianeta, al fine di creare comunita' virtuali, le quali si scambiavano opinioni o notizie, ossia "chattare" (anche grazie alla nascita di forum di discussione), oppure creare gruppi di persone che nonostante la lontananza, possono partecipare a progetti comuni come installazioni virtuali, esperimenti di telepresenza sul web. Quest'ultimo fu' tentato per la prima volta da un ampio gruppo d'artisti, i "TeleGarden" del 1995. Vi parteciparono Goldberg Ken, Joseph Santaromana, George Bekey, Steven Gentner, Rosemary Morris, Carl Sutter e Jeff Wiegley. In questo giardino virtuale ognuno poteva improvvisarsi botanico, facendo crescere virtualmente le proprie piante. Alcune opere d'arte si basano al giorno d'oggi sulla telepresenza e su rapporti con robot a distanza, altre invece riguardano artisti che proseguono le ricerche in campo robotico, per arrivare alla totale indipendenza di un'intelligenza artificiale in un dato spazio. Per citare un esempio, nel 1996 Penny Simon realizzo' il suo robot-automa, "Petit Mal", il quale si comportava da esploratore nello spazio circostante reagendo alla presenza di persone. Nonostante andasse a batteria Petit Mal era fornito di tre sensori a ultrasuoni e altri tre di calore corporeo, che gli permetteva di orientarsi nell'ambiente circostante. Alcuni fra i piu' noti artisti odierni, tra cui Bill Vorn, Rinaldo Ken, Margot Apostolos, Ted Krueger, Martin Spanjaard, Leonel Moura, continuano a lavorare in questa direzione e verso nuovi orizzonti sia artistici che non, come ad esempio sviluppare l'arte robotica a pieno, traendone vantaggi applicabili anche alla quotidianita'. Conoscere il passato di quest'arte, e credere nelle sue enormi potenzialita', e' basilare per poter continuare a elaborarla in futuro.

Bibliografia:

Webliografia: