Sara' virtuale ma e' gia arte
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Titolo:
Sarà virtuale ma è gia arte
Autore:
Anno:
1992
Luogo:
Genova
Sito web:
Descrizione:
Se ne parla sempre di più, con stupore o diffidenza, con entusiasmo o inquietudine. Su giornali, riviste, libri. Alla radio e alla televisione. Le possono sperimentare i visitatori di grandi mostre e piccole rassegne. Alla Triennale di Milano, per esempio, fino al 3 maggio, nei "Laboratori virtuali". O nella specifica manifestazione ad esse dedicata dall'Arci Nova, "Giù nel ciberspazio", a Padova dal 24 al 26 aprile. Le realtà virtuali cominciano così, a meno di dieci anni dalla loro nascita, ad assolvere anche da noi, paese forse poco tecnologico ma molto creativo (dicono) e consumista, il compito per cui sono nate. Che è quello di consentire alla gente di sperimentare nuove realtà: realtà che hanno tutte le carte in regola dal punto di vista sensoriale, perché si vedono, si sentono, adesso anche si toccano (per il momento non si odorano e non si gustano ma presto forse chissà), eppure non ci sono, almeno non non nel senso usuale, perch‚ sono realtà sintetiche, create dal computer. Che sia una realtà un po' diversa da quella usuale lo capiamo: passiamo attraverso i muri, alcuni gesti hanno effetti imprevedibili, se per esempio puntiamo il dito in una direzione voliamo. Ma mentre vi siamo immersi è una realtà del tutto convincente. La "sospensione dell'incredulità" che Coleridge raccomandava come condizione per il godimento delle opere d'arte qui giunge rapida e, sospetto, molto più radicale. I bambini sono i più rapidi ad afferrare codici e convenzioni di questa illusione elettronica. Li abbiamo visti poche settimane fa a Umbriafiction, centinaia e centinaia di scolari eccitati e vocianti quando facevano la fila, silenziosi e attoniti ma fluidi e sicuri nei movimenti una volta indossato il casco. L'aspetto più interessante della realtà virtuale è proprio la nuova possibilità, la nuova libertà che offre al corpo di abitare spazi nuovi e sperimentare oggetti immateriali. Gioco, allora? Certo: ma anche, perché no?, arte. Le realizzazioni artistiche sembrano destinate ad essere, almeno in questa fase, le più immediate e le più spettacolari. I sistemi che si prestano forse meglio a questo tipo di attività non sono tanto quelli "a immersione", con casco e guanto, ma quelli in cui il corpo è libero; una telecamera riprende il partecipante e "miscela" la sua immagine al mondo artificiale, registra i suoi movimenti e provvede alle necessarie modifiche del mondo grafico. Il risultato è proiettato su un monitor o su un grande schermo che il partecipante può vedere di fronte a sé. E' l'essenza dei sistemi creati da Myron Krueger, pioniere di queste ricerche (esce adesso in Italia, per la Addison Wesley, il suo libro Realtà artificiale). Una versione più semplice delle installazioni interattive di Krueger è il sistema "Mandala", creato dal gruppo Vivid Group di Toronto, e utilizzato dai Giovanotti Mondani Meccanici per le loro installazioni (l'ultima in ordine di tempo è adesso esposta alla Triennale di Milano). E' un software che gira su un personal computer Amiga 3000 e mixa le sagome dei partecipanti, riprese da una telecamera, con un mondo grafico in cui scendono oggetti che si possono toccare, afferrare, lanciare, suonare. “E' un test attorno alle nuove gerarchie della percezione,” dice Andrea Zingoni dei GMM, “una esperienza straordinaria di liberazione corporea: ce ne accorgiamo dalle reazioni dei visitatori ai nostri lavori. E' un buon modo per cominciare a fare quello che oggi sembra sempre più necessario, vivere come se il mondo non esistesse.” Nel mondo dell'arte tecnologica le realtà virtuali stanno suscitando un grande interesse, specie presso coloro che, consapevolmente o no, hanno sempre fatto dell'imperativo calviniano della "leggerezza" il loro punto di partenza. Chi costruisce al computer oggetti "impossibili", chi ricerca col video situazioni paradossali trova nella realtà virtuale il naturale coronamento del suo lavoro. Così Michael Naimark propone il suo Eat, ambiente di ristorazione virtuale in cui il cameriere è in carne e ossa, ma il cibo sta in un monitor. E Mario Canali, uno dei più affermati artisti italiani al computer, sta pensando seriamente di cominciare a produrre installazioni interattive utilizzando le realtà virtuali. “Chi fa animazione al computer, in fondo,” dice Canali, “lavora un po' come se fosse già dentro una realtà virtuale, va avanti e indietro nel suo mondo grafico, agisce tramite il software. Qui si agisce col corpo, e il senso di identificazione con questa realtà è molto maggiore. Quello che mi interessa è la logica del sogno, che in molti casi sembra riproporsi nell'esperienza della realtà virtuale.” I mondi virtuali creano oggetti "che non esistono" e li trattano come se esistessero: è una tendenza che ritroviamo più in generale in quel processo di "smaterializzazione" degli oggetti, che gli osservatori hanno rilevano da tempo nel design e nella produzione. Di questo processo ci ha dato una bellissima metafora Studio Azzurro, con l'installazione "Il giardino delle cose" esposta all'ultima Triennale di Milano: ripresi al buio con una speciale "termocamera" sensibile ai raggi infrarossi, gli oggetti quotidiani si rivelano poco a poco solo se riscaldati dal calore delle mani, in immagini tremolanti e fluttuanti, piene di una nascosta poesia. L'arte sarà in grado di avvicinare alle realtà virtuali strati più vasti di pubblico, vincendo la diffidenza o la disinformazione? Per il momento i commenti che vengono dal mondo culturale sembrano ancora dominati dalla preoccupazione che questa questa nuova tecnologia porti con sé solipsismo, isolamento dalla realtà, nuove e rischiose dipendenze dalla macchina. Una voce, tanto più forte quanto più insospettata, discorda. Elémire Zolla, studioso delle culture esoteriche, critico acre anche se elegante della modernità, apre il suo ultimo libro Uscite dal mondo (Adelphi) con un riferimento alle realtà virtuali e ai loro "occhiali magici". Se tramite esse possiamo identificarci con ogni oggetto, con ogni essere vivente, le esperienze sciamaniche potranno rivivere, l'uomo potrà scivolare in quella “condizione liberata” in cui l'io non è più né il soggetto né l'oggetto, “né il conoscente né il conosciuto, è il conoscere.” “Spero”, scrive ancora, “che dopo aver soddisfatto la volontà di violenza e di sesso per quanto vasta essa sia, dopo aver quindi introdotto all'avventura sciamanica virtuale, gli occhiali magici mostreranno la natura illusoria d'ogni realtà, la sua scambievolezza, la sua sostituibilità e faranno quindi accedere o molti o pochi al massimo fine, la liberazione.” Eccoci allora a un punto importante: “molti o pochi?”. Abbandoniamo per un attimo il dibattito artistico e filosofico, e cerchiamo di capire quali e quanti sono i sistemi disponibili, quanto costano, che cosa possono fare. Nel nostro paese sono già distribuiti alcuni sistemi americani e inglesi. Ditte spesso guidate da personaggi giovanissimi, pieni di inziativa, che uno o due anni fa hanno letto i primi articoli, si sono entusiasmati, sono volati in California, a Redwood City, per conoscere il guru della realtà virtuale, Jaron Lanier, e vedere le realizzazioni della Vpl (Visual Programming Languages), prima ditta a produrre dei sistemi RV commercializzabili. Poi hanno scoperto che meno lontano, in Inghilterra, altre ditte producevano macchine analoghe a prezzi decisamente più bassi. Così R&C Elgra, di Palazzolo milanese, distribuisce in Italia Virtuality, macchina inglese prodotta dalla W Industries di Leicester completa di casco e guanto e disponibile nella versione "in piedi" (Cyberspace) o "seduti", per i videogiochi: in Italia sono stati già venduti una quindicina di esemplari, equamenti suddivisi fra sale giochi e privati eccentrici (oltre che benestanti: il costo di un Virtuality SD, cioè versione videogioco, si aggira sugli 85 milioni di lire). Più caro il sistema Provision (della ditta britannica Division), commercializzato in Italia dalla ATMA di Milano al prezzo di 180 milioni: grazie a una speciale archittettura interna, Provision gestisce separatamente (e quindi più velocemente) ogni immagine, ogni oggetto della realtà virtuale e poi li coordina al proprio interno. Ma ci sono anche sistemi più economici, che con l'aggiunta di una scheda grafica speciale possono essere installati anche sul proprio personal computer. E' il caso di WorldToolKit, dell'americana Sense8, distribuito in Italia dalla Artificial Reality Systems di Milano, che ha l'esclusiva anche dei più costosi sistemi VPL: completo di casco e di un mouse speciale per il movimento, questo sistema vi costerà meno di 50 milioni.
Abbiamo chiesto a Francesco Gardin, che insegna al Dipartimento di Scienze dell'informazione dell'Università di Milano ed è stato fra i primi in Italia ad occuparsi di realtà virtuale, quali sono le prospettive di diffusione di questi sistemi nel nostro paese. “Gli utenti per il momento non rappresentano ancora un 'mercato' in senso proprio: sono solo centri di ricerca, curiosi. Il fatto è che non si è ancora raggiunto un buon punto di equilibrio fra costi e prestazioni tale da rendere possibile l'investimento a studi professionali di medie dimensioni. Ma i costi stanno scendendo, e anche alla recente conferenza di Londra sulla realtà virtuale [tenutasi l'1 e il 2 aprile, ndr] si è constatato che il mercato potenziale più cospicuo, anche all'estero, è quello dei sistemi che consentono diverse possibilità di utilizzo. WorldToolKit o sistemi analoghi, per esempio, possono essere "navigati" o in immersione completa, con il casco, o "dall'esterno", guardando lo schermo e muovendosi con speciali mouse o altri strumenti: come in una animazione tridimensionale, insomma, per• in tempo reale. Quando i primi studi professionali, in qualche gara di appalto, cominceranno a presentare dei progetti 'navigabili' invece dei soliti disegni o delle animazioni tradizionali, l'effetto di emulazione sarà irresistibile.” Per quanto riguarda la ricerca scientifica e tecnologica, anche da noi qualcosa si muove. L'istituto Piero Pirelli, centro di ricerca del gruppo omonimo, sta realizzando con R&C Elgra uno "pneumatico virtuale", in cui il ricercatore possa entrare ed esplorarne le caratteristiche di resistenza ed elasticità guardandolo in scala ingrandita e "toccandolo" dal vivo (se così si può dire). Ma le applicazioni all'architettura, all'urbanistica, al design? Gabriella Belotti, responsabile della sezione comunicazione visiva del Centro di Documentazione di Architettura, è attenta da tempo all'evoluzione delle nuove tecnologie e da due anni organizza un seminario sulle realtà virtuali: “Io rilevo un grande interesse fra gli architetti per le possibilità che offre questa nuova tecnologia. E' vero che per il momento, per quanto riguarda l'elaborazione dei progetti, l'informatica offre ancora strumenti e tecniche di simulazione più avanzati della realtà virtuale, più soddisfacenti come qualità dell'immagine. Ma dal punto di vista comunicativo, o promozionale se si preferisce, insomma per comunicare la filosofia e le possibilità di un progetto a committenti e spettatori, la realtà virtuale è di grande efficacia, perch‚ rappresenta una nuova soglia percettiva. E anche le limitazioni attuali della qualità dell'immagine e dell'elaborazione in tempo reale dovrebbero essere ben presto superate.”
Intanto al Dipartimento di scienze dell'informazione di Milano, e alla ARS, si lavora ad un progetto che dovrebbe segnare un punto a favore della nostra ricerca: è il sistema "Futura", un sistema di teleconferenza per personal computer connessi in rete, in cui ogni partecipante potrà muoversi e parlare con gli altri partecipanti in una città virtuale, girando per strade e piazze in assoluta libertà. La metafora della agorà informatica diventa concreta: concreta per quanto può esserlo una realtà virtuale.