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Piero Simondo nasce a Cosio d' Arroscia , comune ligure in provincia di Imperia, il 25 agosto del 1928.<br>  
 
Piero Simondo nasce a Cosio d' Arroscia , comune ligure in provincia di Imperia, il 25 agosto del 1928.<br>  
Nel settembre del 1955 fonda ad Alba con [[Jorn Asger]] e [[Pinot Gallizio]] il Laboratorio di esperienze immaginiste del [[Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI)]].<br>
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Nel settembre del 1955 fonda ad Alba con '''[[Jorn Asger]]''' e '''[[Gallizio Giuseppe - Pinot Gallizio]]''' il Laboratorio di esperienze immaginiste del '''[[Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI)]]'''.<br>
 
Nel 1956 organizza con Jorn e Gallizio il "Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi" (Alba, 2-9 Settembre 1956).  
 
Nel 1956 organizza con Jorn e Gallizio il "Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi" (Alba, 2-9 Settembre 1956).  
Nell'estate del 1957 in occasione di una vacanza nella sua casa di Cosio d'Arroscia viene fondata l'[[Internazionale situazionista]], da cui esce nel gennaio successivo con Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con [[Debord Guy]].<br>  
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Nell'estate del 1957 in occasione di una vacanza nella sua casa di Cosio d'Arroscia viene fondata l''''[[Internazionale situazionista]]''', da cui esce nel gennaio successivo con Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con '''[[Debord Guy]]'''.<br>  
 
Nel 1962 fonda a Torino il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di Ricerche Artistiche) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di Alba.<br>  
 
Nel 1962 fonda a Torino il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di Ricerche Artistiche) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di Alba.<br>  
 
Dal 1968 prosegue individualmente la propria ricerca artistica.<br>  
 
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==Poetica:==
 
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'''Piero Simondo, intervista sulla pittura''' a cura di Sandro Ricaldone:<br><br>
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S.R. - Benché nato a Cosio d'Arroscia, nel Ponente ligure, hai vissuto soprattutto in Piemonte, ad Alba e a Torino.<br><br>
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SIMONDO - A Torino sono venuto per l'Università, nel 1948. E adesso, ironia della sorte, sono qui per lo stesso motivo. M'ero iscritto a Chimica (e questo è indizio di un interesse per la scienza che ho mantenuto e che traspare nel mio lavoro più propriamente artistico, sia a livello di impostazione generale, sia anche in certe soluzioni tecniche di cui mi sono avvalso).<br><br>
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S.R. - Contemporaneamente, però ...<br><br>
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SIMONDO - Sì, frequentavo i corsi dell'Accademia Albertina.<br><br>
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S.R. - Sei stato allievo di Casorati, mi pare.<br><br>
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SIMONDO - Ero nella sua classe, anche se non posso dire di averne tratto grandi cose. Casorati si teneva sulle sue posizioni, ormai consolidate. I miei interessi, invece, s'indirizzavano in maniera forse ingenua verso le avanguardie che allora si andavano scoprendo, in specie verso Klee e Kandinskij che in quegli anni erano esposti a Torino dalla Bussola. Curiosamente, potrei dire che ad Alba sono approdato per il tramite dell'Espressionismo tedesco.<br><br>
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S.R. - All'origine del trasferimento è stata, mi sembra, una tua mostra di ceramiche.<br><br>
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SIMONDO - Prima ancora, una conferenza che avevo tenuto con un mio compagno di corso (nel 1950-51, dopo aver sostenuto un buon numero di esami, avevo lasciato Chimica per Filosofia, dove avevo incontrato Elena Verrone, che è poi divenuta mia moglie). Ero stato invitato da un letterato amico di Arpino, Campanella, a parlare di avanguardie storiche al "Circolo dei Signori". Con un altro studente, Lo Sacco, che si occupava di teatro e di musica, abbiamo tentato di tracciare un panorama delle tendenze espressioniste. E' stato allora che ho incontrato Gallizio. La mostra di ceramiche l'ho tenuta dopo - sempre nel 1952, comunque, e sempre al Circolo - con un collega dell'Accademia, Catti.<br><br>
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S.R. - Che tipo di lavoro facevi, allora?<br><br>
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SIMONDO - Un lavoro abbastanza fortunoso, direi. M'ero procurato delle terraglie da una fornace vicino a Mondovì e per i colori mi ero servito di campioni ottenuti scrivendo alle fabbriche. Vivevo in modo abbastanza bohèmien. L'impronta stilistica era, una volta ancora, derivata dall'Espressionismo.<br><br>
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S.R. - E' abbastanza eccentrica questa tua predilezione nel clima torinese dei primi anni '50 in cui era prevalente, sul fronte dell'apertura al nuovo, l'astrattismo geometrico legato al M.A.C. ...<br><br>
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SIMONDO - Certo. Ma con il gruppo che ruotava attorno a Galvano allora non avevo rapporti. Nelle mie ricerche, peraltro, acuni aspetti matematici e geometrici sono presenti. Non solo con riferimento alla grafica computerizzata, di cui mi sono occupato in questi ultimi anni, dove la funzione dell'algoritmo, per quanto celata, è preminente, ma nelle "Topologie" dei primi anni '60, che testimoniavano, con la loro tridimensionalità, la rottura dell'ordine frontale e - insieme - una sorta di mediazione fra geometria e informale.<br><br>
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S.R. - D'altronde anche Galvano, anche Parisot, avranno una svolta informale fra il '54 e il '55. Torniamo però alle ceramiche ...<br><br>
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SIMONDO - Ho già accennato all'incontro con Gallizio. Negli sviluppi che ne sono seguiti e che hanno contribuito al mio trasferimento d Alba, non l'Espressionismo ma la ceramica ha contato parecchio. Gallizio all'epoca, sulla scia del ritrovamento di reperti del Neolitico nelle argille estratte nei dintorni di Alba per la fabbricazione di laterizi, raccoglieva utensili primitivi e frammenti di vasellame in terracotta che gli procuravano i fornaciai. Studiava le forme peculiari di questi reperti "liguri": vasi a bcca quadrata, con pomoli e piedini, che voleva - per così dire - riportare in auge, con la mia collaborazione.<br><br>
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Un vecchio fornaciaio, Rigaglia, comunista del '21, aveva costruito nel cortile di casa Gallizio un forno circolare per cuocere i pezzi. Ne uscivano lavori che ricordarono a Siri venuto ad Alba con Sciutto e Caldanzano per una mostra di ceramiche che avevamo organizzato per loro in occasione della Fiera del Tartufo, nel '54, le cose di Jorn.<br><br>
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S.R. - Con Jorn, quindi, esisteva - anche sul piano formale - una consonanza significativa.<br><br>
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SIMONDO - Direi di sì, benché l'incontro con lui sia avvenuto soprattutto sul piano delle problematiche: la sua concezione del rapporto arte-scienza, la polemica contro il funzionalismo, la mia critica del professionismo artistico, che saranno alla base del Laboratorio di Alba. Ad ogni modo se per Jorn, come più in generale per Cobra, la lezione dell'Espressionismo è stata fondamentale, credo che proprio la componente "primitivista", che lui desumeva dal folklore scandinavo e in me nasceva anche dagli interessi archeologici di Gallizio, abbia potuto rappresentare un reale punto di contatto, sotto il profilo formale.<br><br>
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S.R. - Ad Albisola, nel '55, esponevi con Gallizio quadri realizzati con la pece. Com'erano?<br><br>
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SIMONDO - Le varie imprese di Gallizio, che era chimico e farmacista, includevano certe lavorazioni con la pece per cerotti antireumatici. Cominciammo a utilizzarla per produrre vasi e constatammo che le si potevano mischiare colori ad olio e in polvere. Non ho idea di dove siano finiti i lavori che mostrammo allora ad Albisola. Un paio li prese Jorn e dovrebbero trovarsi al Museo di Silkeborg. Ad ogni modo, per le caratteristiche del materiale, erano cose di notevole consistenza, con una connotazione decisamente informale.<br><br>
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S.R. - A quell'epoca avevi inziato a produrre la serie dei "Monotipi" che rivelano invece affioramenti figurali.<br><br>
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SIMONDO - Ne ho fatti molti, una quantità davvero quasi infinita, di monotipi. Anche - al solito - per questioni economiche. La carta, fogli 50 x 70, me la regalava una tipografia. Carta comune, grossolana, e qualche avanzo d'inchiostro, Come solvente usavo la nafta. Quanto al discorso della figura, sì, c'era, ma in modo indiretto. In un'ottica che potremmo definire leonardiana, per cui si scopre la figura nella nuvola o nella macchia sui muri.<br><br>
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S.R. - Imprimendo il colore sulla carta ...<br><br>
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SIMONDO - Esattamente. E qui troviamo un aspetto che m'interessava molto: la casualità o, almeno, la non intenzionalità del segno. Nel monotipo ciò che vien fuori sulla carta è abbastanza diverso dalla stesura che si opera sul vetro. In superficie appare uno strato pittorico che in origine era coperto. Un solo granello di polvere crea un alone imprevisto. La traccia manuale si ammorbidisce, si prosciuga, scompare. E, infine, il monotipo è una tecnica che permette di "scoprire" la figura, come dicevo, di inseguire l'idea che si rinviene in un'immagine, riprendendo e modificando nel vetro masse e contorni.<br><br>
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E' una strada che ho seguito anche negli anni '60 quando dipingevo una tela a partire da un'impianto realizzato a partire dalla tecnica del monotipo.<br><br>
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S.R. - In fondo si tratta dello stesso modus operandi che si riscontra nelle "Pitture-manifesto" del decennio seguente.<br><br>
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SIMONDO - Per certi aspetti, sì. Anche se con il decalco d'immagini già mediatizzate, di foto estratte da riviste, si entra in un ordine di problemi diverso, per quanto attiene ai contenuti.<br><br>
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S.R. - S'introduce una componente retorica ...<br><br>
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SIMONDO - Ho giocato sul dispiegamento sincronico degli stereotipi, alternativamente per banalizzare o drammatizzare determinati messaggi. Ma nello stesso tempo per riciclare, recuperare un deposito disperso di figure. Per ripittoricizzare l'inquadratura asettica dell'indossatrice accosciata che mima inconsapevolmente la posa di un quadro pompier. Al di là di questo, però, anche nel caso della "Pitture-manifesto" viene in campo, con il trasferimento, un problema di mutazione dell'immagine in cui si ha a che fare con la perdita di definizione (d'informazione se si vuole), con l'alterazione del colore, con l'insorgere d'incidenti che ne modificano alcuni tratti non soltanto esteriori.<br><br>
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S.R. - Un'operazione rovesciata, quindi, rispetto alle "peintures detournées" di Jorn, ove la banalità oleografica dell'immagine di base è annichilita, e non riciclata, dall'intervento pittorico. In taluni casi, poi, sembra sia la cancellazione, più del riporto, ad assumere un ruolo centrale.<br><br>
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SIMONDO - La cancellatura, sì ... E' una cosa che, con il "gioco del rovescio" (nei primi tempi ho prodotto anche tele in cui la pittura era stesa sul verso del quadro e filtrava, per dir così, in superficie, per gl'interstizi della trama), mi ha interessato profondamente. Quasi tutta la fase delle "Ipo-pitture" è basata su questa idea.<br><br>
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S.R. - Nel senso che operavi cancellando una stesura originaria?<br><br>
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SIMONDO - Non precisamente. Potrei affermare, piuttosto, che ogni stesura cancellava e si fondeva nella precedente. Avevo riscontrato che - con l'impiego, ancora una volta, di materiali non ortodossi (In questo caso le nitropitture per carrozzeria miscelate con una forte quantità di solventi) - si poteva ottenere una pittura in buona parte autoprodotta, nel senso che i vari strati, sotto l'azione del solvente, si compenetravano, si addensavano o, più facimente, scomparivano. Io mi limitavo a spruzzare - rigorosamente a macchina - queste misture e a constatare i risultati.<br><br>
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S.R. - Nei "Nitroraschiati" che, sempre negli anni '80, seguono le "Ipo-pitture", al contrario, l'intervento manuale è presente.<br><br>
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SIMONDO - E' così, sebbene si tratti, nuovamente, di un intervento attuato con strumenti o almeno con modalità improprie. Da ultimo, d'altra parte, mi sono concesso una sorta di vacanza, riprendendo ad utilizzare il pennello, dando spazio a certe suggestioni, a risvolti anche naturalistici, nei dittici o nei trittici dpinti alle soglie del decennio in corso. Dopo tanto dibattere attraverso il M.I.B.I. il Laboratorio sperimentale ed il CIRA (un'esperienza di gruppo sviluppata negli anni '60 fra microsociologia e teoria dei giochi, happening e progetto) l'angoscia da avanguardia si è attenuata ...<br><br>
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''(intervista realizzata a Torino il 15 maggio 1993)''
  
 
==Opere:==
 
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* Simondo Piero, 1956, '''[[Monotipo]]'''
  
 
==Bibliografia:==
 
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* [http://www.quatorze.org/simoviel.html Intervista a Piero Simondo: Jorn, l'arte e la scienza, il laboratorio...,a cura di Cesare Viel]
 
* [http://www.quatorze.org/simoviel.html Intervista a Piero Simondo: Jorn, l'arte e la scienza, il laboratorio...,a cura di Cesare Viel]
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* [http://it.wikipedia.org/wiki/Piero_Simondo Piero Simondo su wikipedia]
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* [http://www.geocities.com/Paris/Rue/4853/simint1.html Piero Simondo, intervista sulla pittura, a cura di Sandro Ricaldone]
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* [http://www.geocities.com/Paris/Rue/4853/index.html Sandro Ricaldone webpage]
  
 
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Versione attuale delle 12:15, 11 Nov 2012

Piero Simondo

Personaggio o Gruppo:

Piero Simondo, artista e pittore italiano.

Biografia:

Piero Simondo nasce a Cosio d' Arroscia , comune ligure in provincia di Imperia, il 25 agosto del 1928.
Nel settembre del 1955 fonda ad Alba con Jorn Asger e Gallizio Giuseppe - Pinot Gallizio il Laboratorio di esperienze immaginiste del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI).
Nel 1956 organizza con Jorn e Gallizio il "Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi" (Alba, 2-9 Settembre 1956). Nell'estate del 1957 in occasione di una vacanza nella sua casa di Cosio d'Arroscia viene fondata l'Internazionale situazionista, da cui esce nel gennaio successivo con Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con Debord Guy.
Nel 1962 fonda a Torino il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di Ricerche Artistiche) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di Alba.
Dal 1968 prosegue individualmente la propria ricerca artistica.
A partire dal 1972 al 1996 ha lavorato all'Università di Torino dove ha seguito i laboratori di attività sperimentali presso l'Istituto di Pedagogia ed ha tenuto la cattedra di Metodologia e didattica degli audiovisivi.

Sito web:


Poetica:

Piero Simondo, intervista sulla pittura a cura di Sandro Ricaldone:

S.R. - Benché nato a Cosio d'Arroscia, nel Ponente ligure, hai vissuto soprattutto in Piemonte, ad Alba e a Torino.

SIMONDO - A Torino sono venuto per l'Università, nel 1948. E adesso, ironia della sorte, sono qui per lo stesso motivo. M'ero iscritto a Chimica (e questo è indizio di un interesse per la scienza che ho mantenuto e che traspare nel mio lavoro più propriamente artistico, sia a livello di impostazione generale, sia anche in certe soluzioni tecniche di cui mi sono avvalso).

S.R. - Contemporaneamente, però ...

SIMONDO - Sì, frequentavo i corsi dell'Accademia Albertina.

S.R. - Sei stato allievo di Casorati, mi pare.

SIMONDO - Ero nella sua classe, anche se non posso dire di averne tratto grandi cose. Casorati si teneva sulle sue posizioni, ormai consolidate. I miei interessi, invece, s'indirizzavano in maniera forse ingenua verso le avanguardie che allora si andavano scoprendo, in specie verso Klee e Kandinskij che in quegli anni erano esposti a Torino dalla Bussola. Curiosamente, potrei dire che ad Alba sono approdato per il tramite dell'Espressionismo tedesco.

S.R. - All'origine del trasferimento è stata, mi sembra, una tua mostra di ceramiche.

SIMONDO - Prima ancora, una conferenza che avevo tenuto con un mio compagno di corso (nel 1950-51, dopo aver sostenuto un buon numero di esami, avevo lasciato Chimica per Filosofia, dove avevo incontrato Elena Verrone, che è poi divenuta mia moglie). Ero stato invitato da un letterato amico di Arpino, Campanella, a parlare di avanguardie storiche al "Circolo dei Signori". Con un altro studente, Lo Sacco, che si occupava di teatro e di musica, abbiamo tentato di tracciare un panorama delle tendenze espressioniste. E' stato allora che ho incontrato Gallizio. La mostra di ceramiche l'ho tenuta dopo - sempre nel 1952, comunque, e sempre al Circolo - con un collega dell'Accademia, Catti.

S.R. - Che tipo di lavoro facevi, allora?

SIMONDO - Un lavoro abbastanza fortunoso, direi. M'ero procurato delle terraglie da una fornace vicino a Mondovì e per i colori mi ero servito di campioni ottenuti scrivendo alle fabbriche. Vivevo in modo abbastanza bohèmien. L'impronta stilistica era, una volta ancora, derivata dall'Espressionismo.

S.R. - E' abbastanza eccentrica questa tua predilezione nel clima torinese dei primi anni '50 in cui era prevalente, sul fronte dell'apertura al nuovo, l'astrattismo geometrico legato al M.A.C. ...

SIMONDO - Certo. Ma con il gruppo che ruotava attorno a Galvano allora non avevo rapporti. Nelle mie ricerche, peraltro, acuni aspetti matematici e geometrici sono presenti. Non solo con riferimento alla grafica computerizzata, di cui mi sono occupato in questi ultimi anni, dove la funzione dell'algoritmo, per quanto celata, è preminente, ma nelle "Topologie" dei primi anni '60, che testimoniavano, con la loro tridimensionalità, la rottura dell'ordine frontale e - insieme - una sorta di mediazione fra geometria e informale.

S.R. - D'altronde anche Galvano, anche Parisot, avranno una svolta informale fra il '54 e il '55. Torniamo però alle ceramiche ...

SIMONDO - Ho già accennato all'incontro con Gallizio. Negli sviluppi che ne sono seguiti e che hanno contribuito al mio trasferimento d Alba, non l'Espressionismo ma la ceramica ha contato parecchio. Gallizio all'epoca, sulla scia del ritrovamento di reperti del Neolitico nelle argille estratte nei dintorni di Alba per la fabbricazione di laterizi, raccoglieva utensili primitivi e frammenti di vasellame in terracotta che gli procuravano i fornaciai. Studiava le forme peculiari di questi reperti "liguri": vasi a bcca quadrata, con pomoli e piedini, che voleva - per così dire - riportare in auge, con la mia collaborazione.

Un vecchio fornaciaio, Rigaglia, comunista del '21, aveva costruito nel cortile di casa Gallizio un forno circolare per cuocere i pezzi. Ne uscivano lavori che ricordarono a Siri venuto ad Alba con Sciutto e Caldanzano per una mostra di ceramiche che avevamo organizzato per loro in occasione della Fiera del Tartufo, nel '54, le cose di Jorn.

S.R. - Con Jorn, quindi, esisteva - anche sul piano formale - una consonanza significativa.

SIMONDO - Direi di sì, benché l'incontro con lui sia avvenuto soprattutto sul piano delle problematiche: la sua concezione del rapporto arte-scienza, la polemica contro il funzionalismo, la mia critica del professionismo artistico, che saranno alla base del Laboratorio di Alba. Ad ogni modo se per Jorn, come più in generale per Cobra, la lezione dell'Espressionismo è stata fondamentale, credo che proprio la componente "primitivista", che lui desumeva dal folklore scandinavo e in me nasceva anche dagli interessi archeologici di Gallizio, abbia potuto rappresentare un reale punto di contatto, sotto il profilo formale.

S.R. - Ad Albisola, nel '55, esponevi con Gallizio quadri realizzati con la pece. Com'erano?

SIMONDO - Le varie imprese di Gallizio, che era chimico e farmacista, includevano certe lavorazioni con la pece per cerotti antireumatici. Cominciammo a utilizzarla per produrre vasi e constatammo che le si potevano mischiare colori ad olio e in polvere. Non ho idea di dove siano finiti i lavori che mostrammo allora ad Albisola. Un paio li prese Jorn e dovrebbero trovarsi al Museo di Silkeborg. Ad ogni modo, per le caratteristiche del materiale, erano cose di notevole consistenza, con una connotazione decisamente informale.

S.R. - A quell'epoca avevi inziato a produrre la serie dei "Monotipi" che rivelano invece affioramenti figurali.

SIMONDO - Ne ho fatti molti, una quantità davvero quasi infinita, di monotipi. Anche - al solito - per questioni economiche. La carta, fogli 50 x 70, me la regalava una tipografia. Carta comune, grossolana, e qualche avanzo d'inchiostro, Come solvente usavo la nafta. Quanto al discorso della figura, sì, c'era, ma in modo indiretto. In un'ottica che potremmo definire leonardiana, per cui si scopre la figura nella nuvola o nella macchia sui muri.

S.R. - Imprimendo il colore sulla carta ...

SIMONDO - Esattamente. E qui troviamo un aspetto che m'interessava molto: la casualità o, almeno, la non intenzionalità del segno. Nel monotipo ciò che vien fuori sulla carta è abbastanza diverso dalla stesura che si opera sul vetro. In superficie appare uno strato pittorico che in origine era coperto. Un solo granello di polvere crea un alone imprevisto. La traccia manuale si ammorbidisce, si prosciuga, scompare. E, infine, il monotipo è una tecnica che permette di "scoprire" la figura, come dicevo, di inseguire l'idea che si rinviene in un'immagine, riprendendo e modificando nel vetro masse e contorni.

E' una strada che ho seguito anche negli anni '60 quando dipingevo una tela a partire da un'impianto realizzato a partire dalla tecnica del monotipo.

S.R. - In fondo si tratta dello stesso modus operandi che si riscontra nelle "Pitture-manifesto" del decennio seguente.

SIMONDO - Per certi aspetti, sì. Anche se con il decalco d'immagini già mediatizzate, di foto estratte da riviste, si entra in un ordine di problemi diverso, per quanto attiene ai contenuti.

S.R. - S'introduce una componente retorica ...

SIMONDO - Ho giocato sul dispiegamento sincronico degli stereotipi, alternativamente per banalizzare o drammatizzare determinati messaggi. Ma nello stesso tempo per riciclare, recuperare un deposito disperso di figure. Per ripittoricizzare l'inquadratura asettica dell'indossatrice accosciata che mima inconsapevolmente la posa di un quadro pompier. Al di là di questo, però, anche nel caso della "Pitture-manifesto" viene in campo, con il trasferimento, un problema di mutazione dell'immagine in cui si ha a che fare con la perdita di definizione (d'informazione se si vuole), con l'alterazione del colore, con l'insorgere d'incidenti che ne modificano alcuni tratti non soltanto esteriori.

S.R. - Un'operazione rovesciata, quindi, rispetto alle "peintures detournées" di Jorn, ove la banalità oleografica dell'immagine di base è annichilita, e non riciclata, dall'intervento pittorico. In taluni casi, poi, sembra sia la cancellazione, più del riporto, ad assumere un ruolo centrale.

SIMONDO - La cancellatura, sì ... E' una cosa che, con il "gioco del rovescio" (nei primi tempi ho prodotto anche tele in cui la pittura era stesa sul verso del quadro e filtrava, per dir così, in superficie, per gl'interstizi della trama), mi ha interessato profondamente. Quasi tutta la fase delle "Ipo-pitture" è basata su questa idea.

S.R. - Nel senso che operavi cancellando una stesura originaria?

SIMONDO - Non precisamente. Potrei affermare, piuttosto, che ogni stesura cancellava e si fondeva nella precedente. Avevo riscontrato che - con l'impiego, ancora una volta, di materiali non ortodossi (In questo caso le nitropitture per carrozzeria miscelate con una forte quantità di solventi) - si poteva ottenere una pittura in buona parte autoprodotta, nel senso che i vari strati, sotto l'azione del solvente, si compenetravano, si addensavano o, più facimente, scomparivano. Io mi limitavo a spruzzare - rigorosamente a macchina - queste misture e a constatare i risultati.

S.R. - Nei "Nitroraschiati" che, sempre negli anni '80, seguono le "Ipo-pitture", al contrario, l'intervento manuale è presente.

SIMONDO - E' così, sebbene si tratti, nuovamente, di un intervento attuato con strumenti o almeno con modalità improprie. Da ultimo, d'altra parte, mi sono concesso una sorta di vacanza, riprendendo ad utilizzare il pennello, dando spazio a certe suggestioni, a risvolti anche naturalistici, nei dittici o nei trittici dpinti alle soglie del decennio in corso. Dopo tanto dibattere attraverso il M.I.B.I. il Laboratorio sperimentale ed il CIRA (un'esperienza di gruppo sviluppata negli anni '60 fra microsociologia e teoria dei giochi, happening e progetto) l'angoscia da avanguardia si è attenuata ...

(intervista realizzata a Torino il 15 maggio 1993)

Opere:

Bibliografia:

  • 1967, L’alba della logica, Torino, SEI.
  • 1971,Ars vetus, ars modernorum, Torino, SEI.
  • 1981, Spazi educativi e ricerca in situazioni di Laboratorio, Torino, Tirrenia Stampatori.
  • 1986, Che cos’è stato il Laboratorio sperimentale di Alba, Genova, Libreria Sileno Editrice.
  • 1987, La situazione laboratorio, Torino, Tirrenia Stampatori.
  • 1989, Formazione e produzione di immagini, Milano, Franco Angeli.
  • 1990, Il colore dei colori, Firenze, La Nuova Italia.
  • 1997, A mo’ di prefazione, nel catalogo Jorn in Italia. Gli anni del Bauhaus imaginista, Torino, Fratelli Pozzo.
  • 2004, Guarda chi c’era, guarda chi c’è. L’infondata fondazione dell’Internazionale Situazionista, Genova, Ocra Press.

riviste:

  • Eristica, rivista del M.I.B.I., creata da Pinot Gallizio, Piero Simondo ed Asger Jorn ad Alba.

Webliografia: