Virtual skin: articulating race in cyberspace

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Traduzione da rivedere perché presenta diverse inesattezze.

Autore:

Cameron Bailey

Cameron Bailey è uno scrittore di Toronto e un programmatore dei media, che scrisse per Border/Lines, Screen, e The Village Voice. È il co-autore di The Hibrid State Films (Exit Art 1991). Questo saggio racconta di come i discorsi virtuali ricreano le dinamiche potenziali di Cartesio, pregiudizio razziale, e l’ esclusione.


Tratto da:

Trend David (2001), Reading Digital Culture, Wiley-Blackwell, ISBN 0631223029, 9780631223023.
Cameron Bailey, “Virtual Skin: Articulating Race in Cyberspace”, in Anne Moser e Douglas MacLead, eds., Immersed in Technology: Art and Virtual Environments (Cambridge: MIT Press, 1996), pp. 29-46. Ristampato su licenza della MIT Press

Titolo Originale:

Virtual skin: articulating race in cyberspace

Traduzione di:

Parodi Chiara

Anno:

1996

Titolo del brano tradotto in italiano:

La Pelle virtuale: articolando la razza nel Cyberspace

La “razza” è corporea? Tutto questo è uno dei più complessi e contestati discorsi dell’era moderna – pelle, occhi, labbra e capelli? Chiaramente no. Molte teorie sulla razza rifiutano completamente le basi biologiche in favore di un groviglio sociale, politico e di forze fisiche che agiscono con il loro strano e buffo lavoro su ognuno di noi ogni giorno. Questo è quanto accade nel mondo reale. Ma cosa dire a riguardo del cyberspace? Vi sono applicate le stesse leggi? Recenti scritti su sistemi di comunicazione elettronica insistono sul fatto che a dispetto della sua natura disincarnata, il cyberspace rimane quello che Michael Benedikt chiama un costrutto sociale familiare “senza la zavorra della materialità”. Questo suggerisce che la razza può agire negli stessi modi del mondo dove noi siamo maggiormente e direttamente responsabili dei nostri corpi. Può in realtà significare questo, ma è difficile spiegarlo, perché pochissimi teorici indagano attualmente sulla parola razza rapportata al cyberspace. Paragonata alla prospettiva delirante di abbandonare i nostri corpi in favore del lasciarsi dolcemente trasportare dalla comunicazione digitale, molti teorici di spicco del cyberspace hanno indirizzato le implicazioni filosofiche di una nuova tecnologia verso una vecchia ragione. Nello scenario della critica culturale contemporanea dove i discorsi di razza, genere, classe e sessualità hanno spesso condotto a grandi salti nel sapere – dove infatti sono stati completamente usati per diventare come un mantra – questi argomenti interpretativi sono giunti curiosamente tardi per discutere sul cyberspace. È possibile che la discussione corrente della soggettività assistita si concentri in modo digitale non su come esiste oggi la cultura del cyberspace, ma sul potenziale del cyberspace, su un’utopica visione del domani. Da allora non abbiamo mai rivelato noi stessi così tanto come lo facciamo nei sogni, e non vale niente di più delle ipotesi sul futuro del cyberspace o sul ritorno di domande sulla razza, in particolare sui margini. Volumi come il cyberspace di Benedikt : “First steps” e “Terminal Identity” di Scott Bukatman citano semplicemente il soggetto e nient’ altro; solo il lavoro di scrittrici come Donna Haraway e Vivian Sobchack ha portato il significato di identità cibernetica aldilà di una diretta relazione tra tecnologia ed unificata, tipica, ovvia soggettività umana. Ma è importante la razza? Può resistere in uno spazio modificato di comunità virtuali? Sembrerebbe chiaro che la sicurezza di opposizioni binarie – se stessi/altri, nero/bianco, maschio/femmina, etero/gay, scrittore/lettore – voglia evaporare in un mondo forzatamente incerto di discorsi elettronici. Un messaggio viene e va senza una faccia, comunicazioni si svolgono senza corpi intorno ad essi per stabilire i profondi strati di conoscenza posti sotto la superficie, e dalla quale noi tutti dipendiamo. Questo è specialmente importante nel dare l’estensione nella quale l’interazione sociale conta sulla comunicazione espressa, su stabilità, generi conosciuti, sessualità, razze, e classi alcune volte presenti nell’atto comunicativo. Senza ciò potrebbe non esserci potere nel fluire attraverso la comunicazione, e senza il flusso del potere, cosa avremmo da dire ad un altro? La comunicazione cyber spaziale combatte tutto questo. Nel mondo online l’identità è spesso scelta, fatta per gioco, sovvertita o in primo piano proprio come una costruzione. Appare per essere una dimostrazione della libertà concessa dalla comunicazione personificata, l’elemento ludico che è centrale nell’attività cyber spaziale in generale, proprio come l’influenza di venticinque anni di post modernità. Cosa rende il cyberspace interessante come una sfera pubblica è il fatto che nessuno dei comuni punti di riferimento può essere credibile. Inoltre, la vecchia economia di lettori e scrittori, narratori ed ascoltatori è cambiata obliquamente; con la simultaneità e la multi-direzionalità della comunicazione online, l’autorità è vinta e persa con una frequenza che diventa strettamente irrilevante. Comunque, l’interazione online è tutto tranne che un’utopia di comunicazione democratica. Femministe critiche come Allucquère Rosanne Stone, Sally Pryor, e Jill Scott hanno sentenziato il cyberspazio in generale come riproduttore di limiti noiosi di espressione. Molti hanno notato che l’ideale di democrazia venduta da così tanti campioni dell’internet contiene in se stesso contenuti ideologicamente morti. Avvocati in rete, spesso, sembrano intrappolati dai confini delle nozioni di libertà individuale da una parte, e dall’utopia di Marshall McLuhan sulla comunicazione dall’altra. Come la democrazia degli antichi greci, la democrazia digitale di oggi è riservata per un gruppo con l’intento di divertirsi. E così lo si fa con la razza. Discorsi di esistenza razziale trovano il loro riferimento nel cyberspace, non semplicemente come un’accontentarsi ma come parte della struttura che ha concretizzato il posto. Come con ogni altra “arena” dove le identità sono prodotte e scambiate, questo aspetto di cyberspazio rimane sul tema della ripresentazione. Voglio dare uno sguardo agli scopi della rappresentazione di entrambi i livelli, sociale e personale, per distinguere tra cosa Kobena Mercer e Isaac Julien chiamano rappresentazione come una delegazione e rappresentazione come una descrizione. In termini sociali, è necessario esaminare come le comunità varie sono costruite online e che tipo di accesso hanno le differenti comunità per avere la tecnologia della comunicazione. Negli Stati uniti, per esempio, c’è un crescente movimento di afroamericani per opporsi all’esclusione da parte di enti pubblici, preparandosi ad avvertire la periferia per l’imminente ideologia – a.k.a. information – di una grande strada principale. Mentre questo è principalmente un problema del consumatore che rasenta solamente più affondo i problemi dell’impegno con l’apparato, grazie a questa mobilitazione arriva una spinta per rendere migliore la letteratura tecnologica tra i neri e le altre persone non aventi diritto al voto. In termini personali, dobbiamo esplorare cosa significa costruire un’identità. Senza l’aiuto di indicatori razziali e culturali come l’apparenza fisica, l’accento e così via. Così mi occuperò esclusivamente di queste forme di comunicazione elettronica che si affidano al testo. Invece di qualche rappresentazione raffigurativa del corpo – cioè, notizie su internet, discussioni in rete, posta elettronica e spazi scritti come il (MUDs). Apparentemente sembrerebbe che queste scritture abbiano la funzione di scambio di corrispondenza o di pagine scritte di un quotidiano. I vantaggi del linguaggio e delle forme di scrittura stanno nel richiedere azioni di costruzione di un’identità, pubblicazione selettiva e racconto di bugie. Ma la comunicazione in rete aggiunge qualcos’altro ancora: velocità ed incertezza. MUDs opera in stretto tempo reale, provvedendo ad un istantaneità che rimane disincorporata come la scrittura, ma è immediata come il telefono. Il contratto letterario tra scrittore e lettore diventa (indistinto-confuso). Nel mondo delle notizie su internet, delle liste postali, dei sistemi di bollettino di bordo elettronico (BBSs), gli scrittori pubblicano messaggi simultaneamente a singoli e a gruppi che condividono uno stesso interesse. Il significato di indirizzo diventa più complesso. Inoltre, il modo in cui questi messaggi sono rintracciati e letti, dà al lettore un potere simile all’autorità del campionatore Hiphop, oltre che la sorgente musicale – è un mercato del consumatore. Tutto ciò sradica il senso degli scrittori in rete. Se l’identità è creata unicamente attraverso il testo, quest’ultimo diventa come un fluido. I miei punti di partenza per esplorare lo splendore speciale della pelle sono formati, prima di tutto, dalla prospettiva di un collegamento in rete, che è stato incorporato nei locali di BBSs, come Matrix e Magic in Toronto, il programma di rete commerciale, proprio come internet senza regolazioni, e anche da un interesse continuo per la formazione di nuove comunità. Come tutti i buoni cittadini post-moderni, ho imparato a muovermi attraverso cambiamenti nelle comunità figurative per arrivare a sapere che, come fa notare Allucquère Rosanne Stone “ la tecnologia e la cultura costituiscono l’un l’altro “. Posso non nuotare, ma ho imparato a surfare. La mia prima esperienza di comunità virtuale avvenne in Rock Dundo, Barbados, nel 1969, quando inizialmente mi persi in un liscio, plastificato, verde militare View Master. Mia madre, lontana centinaia di km in Canada, mi mandò entrambe le macchine ed il loro software – dischi che portai alla luce prima ancora che i miei occhi potessero immaginare una cosa mai vista: le cascate del Niagara e l’isola Flowerpot e il palazzo di Toronto in visione stereoscopica. Dovrebbe essere stato vent’anni prima che provai un casco, subito dopo conobbi il brivido per la realtà virtuale. Ero trasportato. Ogni volta che ritornavo a quella macchina lasciavo lo splendore post- coloniale alle spalle per le meraviglie del Canada. Immerso nel profondo, nella risoluzione, e nello splendore di quelle immagini, divenni parte del Canada attraverso un’esperienza vissuta con ogni turista che avesse tempo per dare una buona occhiata al palazzo e con chi era meravigliato dalle cascate più importanti fino al punto di meravigliarsi davanti a queste immagini; potrei condividere l ‘amore per lo spettacolo del Canada con mia madre che si è recentemente trasferita là. Adesso trasferendo queste parole su un più nuovo hardware feticcio- un IBM Think Pad nero- posso estendermi negli angoli del cyberspace rifacendomi al futuro incidente, leggendo e interpretando erroneamente altro. È esilarante all’inizio, ma non è nuovo. Come la Stuart Hall e altri che si sono posti in rilievo, la migrazione è una parte centrale dell’esperienza post-coloniale, ed è necessario includere un’ identità. È nella natura dei nuovi asiatici ed africani passare attraverso differenti fedeltà, credo sistemi d’accenti- per me era Wembley, Rock Dundo, e adesso la periferia di Toronto – come una qualsiasi parte di vita. Allo stesso tempo, una persona può sviluppare una iper-disinformazione della relazione fra la fisicità e l’identità. Come le donne, come le lesbiche ed i gay, le persone di colore che risiedono nelle metropoli occidentali vivono una parte cruciale della loro esistenza come corpi, come soggetti nominati e identificati attraverso il loro “essere umano”. Ad uno basta sentire “scimmia!”o “bufalo indiano!”urlato per strada per ricordarsi di ciò ogni volta.

Lo Spirito del Corpo Io non sono quell’insieme di arti chiamato corpo umano.

                                                                                                                          Renè Descartes

Descartes ha catturato un inferno disimmaginato da pensatori innumerevoli per dividere l’io in funzioni mentali e del corpo molto chiaramente. I cyberteoristi ritornano al suo lavoro non solo per la sua mappatura dello spazio ma anche per la sua nozione del soggetto separato, consapevolmente diviso dal corpo. In parti specifiche Descartes sembrava invece apparire binario: Dal “corpo” intendo che qualsiasi cosa è capace di essere delimitata da qualche figura, e compresa da qualche luogo, e di occupare lo spazio in modo che tutti gli altri corpi siano esclusi; ancora di più dall’essere percepito dal tatto, dalla vista, dall’udito, dal gusto o dall’odore; e inoltre, dell’essere mossi in diversi modi, non da se stessi ma da qualche altro corpo che li tocchi … Il potere dell’auto movimento, e potere della sensazione e della consapevolezza(del sentire, o del pensare) , non sentenzio in ogni modo l’assenza del corpo. Comunque, nel processo della sua discussione uno può sforzarsi di trovare la differenza tra mente e corpo, una lotta che crede nelle sue conclusioni più definitive. Quello che rimane importante è l’indeterminazione. La conoscenza incontra la corporalità in aspetti innumerevoli; qualche volta si scambiano gli abiti. Uno dei terreni principali per mente e corpo è sempre stata l’arte. L’esperienza del visuale, della letteratura e delle forme figurative e narrative. Quando giochiamo a un videogioco in parte siamo in un aldilà di noi stessi- piloti di aerei da caccia, combattenti di strada, o Sonic. Quando guardiamo un film, in modo particolare un film narrativo, ci identifichiamo con i protagonisti, poniamo noi stessi all’interno del racconto. La persistenza della visione vedeva Harrison Ford diventare me. Un processo simile avviene con la finzione scritta. In entrambi i casi una combinazione di immagini e di tecnologia che produce immagini serve per progettare un io al di fuori dei nostri corpi. La progettazione del cyberspace si differenzia in modi importanti. In rete, il soggetto viene formato per la persona nella quale lei o lui si progettano. Quello che l’io virtuale non può raggiungere viene già fatto da Hollywood, Harlequin, o Nintendo. È un prodotto delle proprie parole ed atti di ognuno. Inoltre la metafora del cyberspace enfatizza la qualità profonda dell’esperienza: una persona si immedesima più di quanto lo faccia nella scrittura e nel cinema. Mentre il cinema permette un’ illusione della partecipazione, il cyberspace è basato proprio su questo. Dai primissimi giochi per computer, la grafica di Spacewar e il testo su cui è basato Adventure, il modello del disincorporato, un soggetto simulato si muove attraverso lo spazio cartesiano, che Scott Bukatman chiama il soggetto cibernetico. Ma c’è un’ illusione in corso nel modello di immersione del cyberspace e nella realtà virtuale. Come Sally Pryor e Jill Scott fanno notare, a dispetto della natura partecipatoria del VR, questa metafora spaziale ancora enfatizza “l’io dietro una macchina fotografica guardando attraverso una finestra che da sul mondo”. Il soggetto cibernetico rimane distinto e lontano dall’ambiente virtuale di lui o lei, che è un risultato della natura dello spazio cartesiano, il quale richiede un punto di vantaggio fuori dal campo spaziale, e rimane anche distaccato dalla supremazia fino al minimo di realtà virtuale, in modo da guardarsi e muoversi indietro. Quindi eccoci qua, scagliati contro l’ideologia: le metafore sviluppate per descrivere l’esperienza del cyberspace sono un prodotto dello stesso occidente, ideali maschilisti precedentemente demoliti da questo quarto di secolo di pensiero post-strutturalista. L’idea cyberspaziale di libertà, disincorporazione e comunicazione decentrata è effettivamente contata da un sistema immaginario che riscrive una netta opposizione binaria tra il se stesso e l’altro. Il cyberspace come è definito dalle maggiori teorie correnti, non è soltanto generalizzato ma ha anche una nitida specificità culturale che deriva da una calcificazione delle domande che attraversano il pensiero cartesiano. Steven Whittaker definisce il tipico cyberspace entusiasta come qualcuno che “ desidera l’incorporazione e la disincorporazione nello stesso istante. La sua macchina ideale dovrebbe aggiungersi ai suoi sensi, che lo liberano ancora dal suo corpo. La sua è una visione che ama le possibilità sensoriali mentre odia i limiti corporei. Egli ama i suoi sensi e odia il suo corpo!”. Suona sinistro come “io ero un cyborg adolescente”, pensiero non proprio innocente. Peyor e Scott ci ricordano del legame tra questa scissione mente-corpo e le relative composizioni come se stesso-altro, soggetto-oggetto,maschio-femmina; insistono anche sul ricordare la natura oppressa di queste opzioni, una parte piacevole, l’altra di peso morto:” non è sorprendente che il corpo, soggetto a vulnerabilità, dolore e mortalità possa diventare qualcosa dal quale sembrerebbe piacevole scappare. Puoi sentire dolore se non hai corpo? Puoi , vuoi vedere razzismo o sessismo?” Quindi, prendendo i principali stili primari di identificazione, il cyber soggetto come attualmente figura è maschio, bianco, onesto, fisicamente abile, di classe dominante. E allora? Qualsiasi identità che occupi la metà oscura di queste categorie (femmina, nera, falsa) rimane infranta al corpo di lui o di lei. Le librerie di pensiero femminista ci dicono che un’identità di una donna è stata storicamente definita e mantenuta attraverso il corpo. Le stesse ferme verità per africani dell’ovest, popolazioni aborigene e così via. La biologia è destino. La fisiologia è legge. Ciò diventa specialmente interessante in un campo che privilegia la perdita del corpo in maniera ardente. Quel processo non è nè universalmente semplice nè universalmente piacevole. È importante per distinguere il cyber soggetto come una figura prodotta da un pensiero corrente sul cyberspace dalla gente attuale che entra nel cyberspazio ogni giorno. Nello stesso modo quella teoria del film fa una distinzione tra lo spettatore del cinema come una funzione del testo cinematografico e “il mondo reale” degli spettatori dei film; dobbiamo notare che il cyber soggetto definito precedentemente è prodotto da nozioni ancora limitate nell’esperienza del cyberspazio, ed ha una relazione con, ma non reciproca, i milioni di persone che comunicano in rete o entrano nella realtà virtuale. Il cyberspazio è costruito per quel soggetto unificato, ma disabitato da un campo felicemente caotico di soggettività. Il primo movimento, la comunicazione, e la sensazione di essere limitati dalla carne potrebbero essere la promessa di un’ esperienza digitale, ma il corpo non verrà abbandonato così facilmente. La cultura occidentale è d’accordo col dire che la qualità dell’immaginazione è ciò che permette di avere un’ esperienza disincorporata, di essere immerso nella narrativa delle metafore del cyberspazio. Ritornando alla Descartes, la sua nozione di immaginazione appare improvvisamente pertinente: un “applicazione della facoltà cognitiva ad un corpo intimamente presente ad esso – un corpo quindi, che esiste”. Una consapevolezza della fisicità, quindi un corpo “reale”, è cruciale per le progettazioni disincorporate del cyberspace. Il corpo fisico rimane come un referente. Il cyberspace non avrebbe senso senza di esso. Qui nasce la connessione tra razza e cyberspace. Il discorso razziale dell’ovest cominciò in un contesto scientifico adatto per valutare le differenze fisiche tra la gente. Anche quando il suo significato lasciò alcune false apparenze alla scienza e venne esteso in sfere sociali e politiche, la questione del corpo rimane. Pelle, occhi, labbra e capelli si accettavano come un referente pieno di potere, pronto per essere portato in evidenza. Al massimo dell’astratto, il discorso razziale coinvolge ancora un atto immaginario che ricade sul corpo fisico. Habeas Corpus, o non c’è niente da discutere.

Lo Shareware

Umntu ngumntu ngabantu – un essere umano è una persona attraverso (altre) persone.

                                                                                                                                                          Proverbio bantu

La nazione del cyberspace è con noi. Con la sua posta, i gruppi di discussione, i bollettini di bordo, con la merce, con la sua geografia e i suoi idiomi, il cyberspace simula la comunità, una comunità più dipendente dall’immaginazione del dovuto. Benedict Anderson sostiene che “ tutte le comunità più grandi dei villaggi primordiali a contatto faccia-faccia ( e magari sempre questi) sono immaginate. Le comunità nascono per essere distinte, non dalla loro falsità/genuinità, ma dallo stile nel quale sono immaginate”. Nel suo schema, una nazione si basa su tre principi: 1-essere limitata: “nessuna nazione immagina se stessa con la mente dell’uomo”; 2-essere superiore; e 3-essere una comunità:” incurante dell’attuale diseguaglianza e dello sfruttamento che può prevalere, la nazione è sempre concepita come un profondo, orizzontale cameratismo”. Quindi cos’è la natura della comunità in rete? Prima di tutto le economie della comunicazione in rete richiedono che i principianti abbiano accesso al computer , al modem ed alla linea telefonica. Cancellare decine di milioni di nord-americani. Fino a poco fa l’accesso ad internet richiedeva di essere membri di un’istituzione – un’università, dipartimento del governo, o corporazioni maggiori. In milioni sono andati sempre oltre, ma rimanendo nel confine. Negli Stati Uniti, gli afroamericani e gli ispanici sono iper-rappresentati ma senza accesso alla rete, proprio come gli aborigeni in Canada. Il significato della partecipazione è un problema di classe, e questo è un altro esempio di come la classe è divisa per razza nel nord-america. Negli scritti sulla povertà e sull’informazione, Karen G. Schneider sostiene che “l’informazione dei ricchi, comunque ben esposta, ha largamente determinato e messo al vertice i problemi della rivoluzione informativa accordata alle loro proprie visioni e realtà”. Cosa succede quando la classe dell’informazione dei ricchi è anche razziale, quando oltre a questo continua ad essere prevalentemente bianca?. Dietro l’economia risulta difficile quantificare la cultura del cyberspace. La nazione della rete schiera una conoscenza ristretta ed un comune linguaggio per unirsi contro gli estranei: il gergo della rete si estende dietro un linguaggio tecnico per siglare entrambi, il favorevole (BTW,”dalla strada”) e il ritaglio (RTFM,”leggi il cavolo di manuale”). Include neologismi, ibridi testo-grafici chiamati emotività ed un muoversi attraverso una sorta di anti-snobbismo. Come qualsiasi altra comunità, usa un linguaggio per erigere barriere ai membri. Come Anderson anche sostiene, la cultura di stampa è fondamentale per la formazione di nazioni. Internet non è altro che una rivolta di pubblicazione, spesso riguardo se stesso. Le guide popolari come “lo zen e l’arte di internet” di Brendan Kehoe, proprio come le liste infinite di domande frequentemente richieste (FAQs), servono per fornire un corpo di conoscenza comune ed inoltre per far rispettare l’ordine nella rete. C’è in questi codici di linguaggio e nel vero concetto di “netiquette”, qualcosa della cultura della periferia americana; ognuno prende atto del fatto che queste strutture sono posizionate non semplicemente per ordinare il cyberspace ma per tenere il caos (la sfera urbana) all’esterno. Non è difficile capire che è intorno al cyberspace,e gli uomini bianchi di media classe che per primi lo popolarono cercavano rifugio dalle ostili forze fisiche, dallo spazio criminale urbano, dalla gente povera, dai vicini disperati, dai neri e dagli scuri di carnagione. Scrivendo su un BBS chiamato New York online, Noah Green confronta i rapporti ermetici della maggior parte dei BBS per i bianchi scappati dalla realtà urbana. NYO promette “una comunità virtuale che è un complemento di, non una fuga da, un’unica esistenza fisica”. Partendo dall’usuale brivido della comunicazione in rete- cancellando le immense e globali distanze attraverso l’istante, o la connessione essenziale- NYO enfatizza una chiusura elettronica che deriva da un posto unico. La maggior parte dei suoi membri – “50% minoranza e 40% donne”- vive a Brooklyn. Il modello, comunque, rimane più vicino alla visione di Michael Heim, dell’alienato soggetto sotto assedio: l’isolamento persiste come uno dei maggiori problemi della società urbana contemporanea- intendo l’isolamento spirituale, la cosa che tormenta gli individui ogni qualvolta le vie della città si affollano … per molti, i telegiornali e i bollettini di bordo funzionano da antidoti per l’atomismo della società. Sfortunatamente ciò che la tecnologia dà con una mano, è spesso portata via dall’altra mano. La tecnologia sta sempre più eliminando l’interdipendenza diretta umana … perché le macchine ci assistono con il potere per volare sull’universo, le nostre comunità crescono più fragili, illusorie, ed effimere, sempre come le nostre connessioni multiple. Così la provinciale idea di dopoguerra del nord-america ritorna in modo virtuale: comunicazione ad una distanza sicura e comunità senza contatto. Non è meraviglioso che durante il film Matrix la comunicazione del net assomigli molto ad un freddo e tipico modello di un quartiere durante la notte? Spesso un collaboratore anonimo della cultura della rete è una lucida aggressione di mascolinità adolescente. Abbiamo visto come il cyberspace è generalizzato come mascolino, ma la comunità degli Hackers, surfisti della rete nella notte, il BBS sysops, creatori di virus, ha spesso incluso grandi numeri di adolescenti. Particolarmente nell’era quando la cultura popolare venne all’inizio identificata come una cultura giovane, un’adolescenza prevalentemente maschile che è stata accordata di profonda importanza e che ha creato un profondo tumulto nella società occidentale – basta guardare tutti i meccanismi usati per controllarla. Infatti sia costruttivi che trasgressivi, i ragazzi adolescenti hanno usato il cyberspace per esprimere cambiamento, disperazione, collera, agitazione e dolore nel diventare adulti. Nel fare ciò, essi hanno creato il carattere della comunità in rete per ottenere riserbo, strutture gioco ed ostilità verso l’autorità. Il senso del combattivo generato da questo gruppo estende la catena al centro dell’azione immaginaria che entra nelle richieste del cyberspace. La Stone fa notare che: molti degli ingegneri che attualmente discutono la forma e la natura del cyberspace sono i giovani turchi dell’ingegneria informatica, uomini nella loro tarda adolescenza e ventenni, e sono preoccupati nello stesso modo in cui si preoccupano i bambini. Per meglio dire, questo gruppo genererà i codici e le descrizioni che rappresenteranno i corpi nel cyberspace. In termini di discorso razziale, un’interessante relazione è stabilita tra giovani bianchi e numerosi adolescenti americani e di origini asiatiche che hanno anche contribuito allo sviluppo della cultura in rete. L’esempio parallelo avviene con l’Indie Rock e la cultura Zine, i quali sono anche popolati da una predominante, ma né esclusiva né aggressiva, giovane razza bianca. In entrambi i casi, gli asiatici partecipano accordando i termini della sottocultura, la quale richiede una culturale “neutralità”. I neri, chiaramente con la loro definita e visibile cultura, devono partecipare maggiormente in una più complessa negoziazione. Una giovane generazione di cultura specifica nord-americana ha anche lasciato il suo marchio sul cyberspace. Philip Hayward identifica i principali avvocati della tecnologia come “uno specifico gruppo sociale che comprende individui che si sono aggrappati alle residue nozioni “culturali specifiche”, spesso articolate in termini di una perdente retorica neo-libertina, mentre era assimilata in certi settori di classi professionali americane. Il pioniere John James si adegua alla piccola parte di quella descrizione: nacque alla fine degli anni 70 come una comunità virtuale con principi e linguaggi estratti dall’era acquatica. Ironicamente, venne filtrata e poi distrutta da un giovane Hacker. Partendo da Benedict Anderson, possiamo dire che la nazione online si è costruita da sola come una comunità che non è razzista e che, visto che le strade delle nazioni sono sempre costruite, ha maturato affinità (e, da definizione, esclusioni) che hanno l’effetto di distaccarsi da voci, linguaggi e dialetti. Comunque, questa condizione storica si trova adesso in un flusso pazzesco, proprio come il mondo in rete che cresce per diventare una collezione di comunità. Il giornale “Time” disse che “adesso che la popolazione della rete è più grande nella maggior parte dei paesi del mondo … internet sta diventando Balcanica.” Preferisce vedere il cambiamento come una stabilizzazione, decentralizzando lo spirito della rete. Adesso, nello stadio transitorio e prima che il commercio si muova, il cyberspace è più aperto al libero gioco delle sottoculture di quanto non lo sia mai stato. Alcuni esempi: Società, cultura, africana, americana è uno dei gruppi più affollati fra quelli che usano la rete, accumulando centinaia di corrispondenze in poche ore. Dozzine di altri gruppi sono davanti a una varietà di comunità culturali autodefinite. La velocità, l’anonimità e la diffusione di gruppi di dibattito dicono che i soggetti sono di solito confinati per sicurezza, la conversazione privata tra amici e la famiglia stanno dando una diffusione semipubblica nell’uso della rete. Le teorie del genocidio e la datazione interrazziale sono perennemente nella società. Cultura africana, americana; tutto si ripresenta nella società e cultura asiatica-americana. In aggiunta a questo tipo di discussione, gli attivisti aborigeni usano la società e la cultura nativa per portare la parola sulle lotte locali e per chiamare il supporto delle comunità online. L’afroamericano Art McGee, attivista del cyberspace, crea e distribuisce relazioni regolari di liste postali, gruppi e BBSs di interesse per gli afroamericani. Il catalogo delle liste postali ne conta più di sessanta, incluse le liste allegate all’associazione di sociologisti neri, studenti camerunensi che studiano a Londra e il maestro del jazz Sun Ra. La frase di McGee è “la rivoluzione non sarà televisiva, ma gli sviluppi saranno disponibili in rete”. NativeNet, un network in rete organizzato in parti da artisti aborigeni che lavorano attraverso il Banff Centre per l’arte, e che abbraccia il nord dell’ America. Dozzine di bollettini di bordo elettronici per i neri sono spuntati attraverso il nord America includendo: il palcoscenico dei neri internazionale di Toronto, Ontario; Imhotep a Brooklyn, New York. L’africa in rete Pasadena, California, e la Fidanzata! ad Arlington, Virginia. Molti di questi BBSs sono registrati attraverso un network chiamato Afronet. Afronet è stato recentemente incluso da Melanet dalle persone di discendenza africana nel cyberspace. Il BBS Russell Couty fu creato in Hobson, Montana, designato come un posto di incontro ed una galleria d’arte. Russell Couty è uno dei pochi numeri di bollettini di bordo che usano NAPLPS (North American Presentation Level Protocol Syntax) per comprimere e distribuire l’arte visuale delle prime nazioni e l’animazione dei bambini. La vendita e lo scambio di immagini porno provvede sempre più al feticismo razziale, con donne bianche ed asiatiche raffigurate in scenari interraziali. I racconti del desiderio interraziale rimangono popolari sul porno BBSs, e spesso sui porno afroamericani BBSs come Ebony Shack, immagini di maschi neri/donne bianche che mostrano qualche volta tutte le loro fattezze. Come le persone aborigene le persone di colore organizzano la rete. D’accordo con Reuters e U.S. novità e informazioni dal mondo, la letteratura di idea neonazista è stata scovata dai navigatori dei sistemi meteorologici in Germania, Svezia, Francia e Olanda. Le dinamiche sociali della cultura e della rete in particolare incoraggiano le sottoculture; con la sua devozione verso la conoscenza commerciale e con la celebrazione di un’opinione spontanea che uno trova in tutte le radio nord-americane, questo mezzo è fatto su misura per generare comunità all’interno di comunità.

Il Digitalia

Ho occupato uno spazio. Mi muovevo verso l’altro e l’altro evanescente, ostile, ma non opaco, trasparente, non c’è, scomparso. Nausea.

                                                                                                                                             Frantz Fanon
                                                                                                                                 Black Skin, White Mascks

Il discorso di razza è, dalla storia e dal disegno, radicato nel corpo. La cyber soggettività promette la fantasia della comunicazione disincorporata, ma rimane fermamente connessa ai corpi attraverso l’atto figurativo necessario per fare un progetto nel cyberspace. Ciò che la cyber soggettività attualmente offre è la comunicazione rincorporata. Quindi come potrei rincorporare me stesso tra le possibilità della rete per un’autopresentazione? Dove potrei digitare il mio Digitalia, che stranamente confluisce in intimità (genitalia), nell’essere straniero (marginalia) e fili conduttori? Potrei dare a me stesso una sicura identità razziale? Come un esperimento, condussi uno scrutinio in un forum afroamericano di Compuserve, chiedendo quanti partecipanti collocassero se stessi in rete: più spesso di quanto non identifichi me stesso quando interagisco con persone eccetto nei forum, proprio come in questo caso. Perché dovrei veramente? Ho avuto più esperienze negative con persone razziste nel cyberspace che nella vita reale FTF ( faccia a faccia). La trovo un’esperienza intrigante, soprattutto quando credono che io sia bianco. Negli altri forum CompuServe e nei gruppi della rete che frequento, incontro più messaggi razzisti (sessisti, omofobici, antisematici, e sotto altri aspetti sematici) che nella vita reale. Penso che l’anonimità delle comunicazioni online sia molto attraente per gli stupidi.

Qui lascio un quesito:  pensi che le persone stupide siano entrate nel cyberspace, o sono le persone “normali” che sono incoraggiate a mostrare maggiormente la loro parte stupida? 

Ho sentito persone che liberano derogatorie, lasciare commenti sugli americani messicani, gli asiatici, i gay, le lesbiche, e i bisessuali, ecc … e dato che non sono un membro di questi gruppi, sento necessario provare intolleranza. Credo, così, che sia importante che le persone conoscano chi sono io, come è importante per me che le persone conoscano ciò che io non tollererò. Ciò che era più interessante riguardo la risposta era quanto velocemente il discorso si allontanasse dalla domanda di come uno identifica se stesso per agevolare un dibattito sul razzismo. Da quello che sono stato in grado di raccogliere in questa e nell’altra conversazione online molti afroamericani (la mia indagine si limita ad un campione) sono poco propensi ad esplorare in maniera approfondita nell’identità di parte razziale che c’è nella concezione di se stessi, ed alcuni infatti rimangono “neri” anche quando questo aspetto si manifesta debolmente. La razza è sia presa per concessione che deliberatamente lasciata indefinita. In una conferenza sull’accesso dell’afroamericano all’informazione sulla tecnologia, un timido consenso emerge sul valore dell’anonimità razziale in rete: una cosa carina sulla comunicazione online è che tutti siamo uguali; nessuno conosce l’età di un partecipante, o il colore, o la sessualità, o la religione - che libera le nostre menti sufficientemente per ascoltare maggiormente differenti opinioni. Un altro partecipante commenta: quando tu chatti, nessuno in rete ha bisogno di conoscere il tuo colore della pelle. Gli accenti non hanno significato . L’alta tecnologia ha un bellissimo modo per combattere lo snobbismo! Dato che il cyberspace è un dominio realizzato, questa sorta di travestimento virtuale non è per niente neutrale, e veniva usato per essere definito passeggero. C’è un’altra opzione. Prendendo una battuta dai ragazzi adolescenti che hanno determinato così tanto la cyber cultura, “potrei buttarmi”. Potrei provare ad estendere il mio ricavato con il cyberspace. Dietro le ludiche economie degli adolescenti nord americani tutto ciò non fa che aumentare lo svilupparsi dell’imbroglio, e di elementi di spiritualità. Quel tipo di soggettività non ha bisogno di essere un’asserzione razziale o un travestimento calcolato; potrebbe essere più fluido, più strategico. William Gibson fu il primo a scrivere su varianti approcci cosmologici al cyberspace, contrastando il suo protagonista Case con una persona rasta in Neuromancer e facendo un grosso uso di Vodum in Count Zero e Mona Lisa Overdrive. Nonostante questo offra enormi possibilità c’è un pericolo, al principio nella finzione, ovvero quello di arrendersi alla stessa sorta di essenzialismo che definisce le persone di colore secondo termini esotici e corporali. Michael Heim per esempio nel ritratto lamentoso del cyberspace dal corpo fisico, offre il personaggio rasta di Gibson come un simbolo di salvezza: Gibson ci lascia l’immagine di un gruppo umano che istintivamente prende le proprie distanze dal computer. Questi sono gli Zionites, le religiose tribù Folk che preferiscono la musica ai computer e le intuitive devozioni alla calcolazione … come noi ci adattiamo per l’emozionante futuro nel cyberspace non dobbiamo perdere il contatto con gli Zionites, le persone corporali che rimangono radicate alle energie della terra. Nella novella di Gibson, gli Zionites sono attaccati alla tecnologia e alla spiritualità. Ma presi da Heim come un simbolo, essi sono ridotti a “ persone fisiche “. Preferisco ritornare a quella View Master mantenendo tutto al sole delle Barbados, così potrei vedere meglio il Canada. Forse questa è la risposta: l’estasi della comunità progettata e l’irrisolvibile differenza vengono entrambe rivendicate nello stesso momento.[[categoria:]] [[categoria:]] [[categoria:]] [[categoria:]] [[categoria:]]