Vostell Wolf

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Personaggio

Vostell Wolf

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Di fronte alle bombe intelligenti e ad un'ennesima guerra americana quasi dimenticata tra le notizie trasmesse in televisione, la posizione politica assunta fin dall'inizio dalla Germania, alla ricerca di una legalità internazionalmente riconosciuta, con il rifiuto dello strumento bellico per la risoluzione dei problemi, trova un suo rimando artistico in un'opera del tedesco Wolf Vostell intitolata B 52, dove l'aereo americano impiegato negli anni Sessanta in Vietnam (e oggi in Iraq) sgancia file di rossetti e denuncia la brutalità spesso esteticamente - cosmeticamente - nascosta. Fin dal secondo dopoguerra del resto, con la divisione della Germania in due realtà ideologiche e politiche distinte, il rifiuto della guerra e il problema della scelta tra l'impegno e l'evasione hanno spesso dominato la ricerca artistica tedesca che ha assunto la forma di una ricerca della propria identità nazionale, come emerge anche dalle installazioni presentate negli anni alle Biennali di Venezia, fino al pavimento distrutto della Germania di Hans Haacke del 1993: la Schuldfrage, la "questione della colpa" secondo il titolo di un pamphlet dell'immediato dopoguerra nel quale Karl Jaspers pose la questione della responsabilità del popolo tedesco nei confronti del nazismo, sembra continuare ad ossessionare l'inconscio collettivo della generazione di Wolf Vostell gravando sulle scelte attuali. A circa un mese dall'inaugurazione della corrente edizione della Biennale, che quest'anno presenta nel padiglione tedesco l'esposizione di opere di Candida Hšfer e Martin Kippenberger, quest'ultimo, tra l'altro, autore negli anni Ottanta di un ciclo di opere nel quale Babbo Natale si scaglia contro le navi da guerra, la forza evocativa del padiglione tedesco della precedente edizione è sempre presente. Due anni fa infatti Gregor Schneider presentava una ricostruzione in scala reale della casa della sua infanzia e l'installazione, che valse alla Germania il Leone d'oro per la migliore partecipazione nazionale, era intitolata Totenhaus, letteralmente "casa dei morti". Nel 1958, in un contesto di denuncia del nuovo mezzo televisivo, Vostell aveva già realizzato una ricostruzione "privata", la Schwarzes Zimmer, la "camera nera" della memoria tedesca, creando un'analogia tra nazismo ed informazione televisiva ed associando i campi di sterminio rievocati in tre assemblaggi sull'Olocausto agli avvenimenti del 1936, quando la strumentalizzazione dei Giochi Olimpici di Berlino da parte della propaganda nazionalsocialista si avvalse del mezzo televisivo. Tra materiali compositi, transistor, asfalto e filo spinato, un televisore trasmetteva immagini confortanti, persino una Maya Desnuda di Goya, ma erano solo eccezioni in un contesto di disperazione. Nello stesso anno, in un lavoro intitolato Transmigracion, l'artista inserisce il primo televisore presente in un'opera d'arte: dietro un taglio orizzontale, una televisione trasmette un cattivo segnale dal canale UHF; da allora, schermi televisivi sintonizzati su programmi locali, iniziano ad essere collocati da Vostell nelle "ferite" di quadri e di blocchi materici per trasmettere senza sosta il flusso quotidiano delle informazioni. In un'epoca in cui quasi nessuno ipotizzava l'uso critico di uno strumento come la televisione (un uso diverso e politico del mezzo, fino ad allora adoperato negli Stati Uniti essenzialmente come mezzo di documentazione di performance e body-art, inizia ad essere proposto nel 1970-71 con la rivista "Radical Software" di Ira Schneider e con la pubblicazione di Guerrilla Television di Michael Shamberg), Wolf Vostell critica e classifica come pericoloso ciò che era ritenuto comunemente simbolo del benessere e dell'avanzamento sociale. Un ulteriore atto di riverenza ironico e non certo servile alla televisione l'artista lo rende nel 1959 con l'happening teletrasmesso TV dé-coll/age Ereignisse und Handlungen fur Millionen, dove emerge soprattutto la volontà di rifiuto della passività davanti al piccolo schermo. Brevi indicazioni da eseguire come "sedetevi vicinissimi allo schermo e lavatevi i denti" o "correte o strisciate nella vostra stanza e ripetete tutto ciò che viene detto in televisione", agendo coercitivamente sullo spettatore, lo incitano a respingere la manipolazione ideologica esercitata dal nuovo medium. Tutte le azioni suggerite (baciare un volto sullo schermo, bere una coca-cola pensando alla pubblicità della pepsi, stendersi nel letto con la televisione sotto le coperte) devono essere compiute da soli in una stanza chiusa, e sottolineano la natura privata e intima dell'happening che riflette la condizione d'isolamento nell'attuale società; lo scopo è quello di provocare la reazione e la partecipazione dei telespettatori, generalmente irrigiditi e passivi davanti allo schermo, anche di fronte alle immagini di guerra mostrate attualmente. v Tra le azioni da svolgere, si chiede al telespettatore di strappare o ritagliare (il riferimento è naturalmente al processo del dé-coll/age ideato da Vostell) una bottiglia di cognac riprodotta sulla pagina pubblicitaria di una rivista e di continuare a guardare la televisione attraverso la forma vuota della pagina; la sovrapposizione di differenti livelli di realtà, apparentemente contraddittori e privi di legami, è comparabile al processo dei manifesti strappati e rivela anche il legame con i videotapes realizzati da Vostell nei quali più strati di immagini si moltiplicano senza fine. Significativo in proposito il film a 16 mm Sun in Your Head del 1963, video di sette minuti nel quale le immagini sono riprese da comuni programmi della televisione tedesca alterati elettronicamente con varie tecniche, ad esempio attraverso l'uso di calamite. Filmando direttamente allo schermo una trasmissione televisiva, Vostell offre una campionatura dei generi dominanti i programmi dell'epoca: presenta, tra le altre immagini caotiche d'attualità, l'ammaraggio di una capsula spaziale, frammenti di un programma intitolato Magazin der Woche, scene di un documentario della Seconda Guerra Mondiale sull'US Air Force e altri estratti di telegiornali, mescolando un reportage su una manifestazione di strada ad una riunione di responsabili governativi e industriali. Il primo video realizzato da Vostell allude, già nel Sessantatre, con il contrasto tra l'oggetto-televisore statico e il flusso delle sequenze di immagini in dé-coll/age, al bombardamento incessante delle informazioni attraverso i media. La tecnica della sovrapposizione di immagini estrapolate da trasmissione televisive ritorna in successivi video dell'artista ma è accantonata in TV Cubisme del 1985, prodotto dalla RTBF di Liegi per la trasmissione Vidéographie di Jean-Paul Tréfos: figure femminili truccate pesantemente si aggrovigliano, accarezzano blocchi di cemento in un gioco di sovrimpressioni; la telecamera segue le teste in movimento delle modelle sedute su sedie girevoli mentre i corpi continuano a ruotare, a torcersi in un vortice accompagnato da un ritmo sonoro di voci, soffi, gemiti e respiri cadenzati. Il soggetto di questo video, il confronto tra materia animata e materia inanimata, ritorna nel corso degli anni Settanta e Ottanta anche nelle dieci versioni, eseguite dal 1975 al 1986, di Endogene Depression, nelle quali la presenza di televisori è associata ad esseri animali che sottolineano il contrasto tra l'universo naturale e l'artificialità della macchina. La prima versione dell'environment del 1975 mostra una serie di televisori accesi, immobilizzati in colate di cemento, con tacchini che circolano nella stanza; l'installazione, però, viene modificata nelle differenti sedi: a Lisbona nel 1978 ed a Lione nel 1979, i tacchini erano sostituiti da dieci cani; nel 1980, invece, all'Institute of Contemporary Art di Los Angeles, di nuovo numerosi tacchini si aggiravano tra trenta monitor televisivi alterati nel suono e nell'immagine, e cementati a metà; inoltre all'interno di cassetti semi-aperti la presenza di foto d'indiani d'America quasi interamente ricoperte di cemento alludeva a una realtà soffocata della storia americana. E proprio in America, a New York, nel maggio del 1963, Wolf Vostell aveva presentato alla Smolin Gallery l'opera 6 TV-dé-coll/agen, la prima "videoinstallazione" esposta negli Stati Uniti, nella quale sei televisori presentavano diverse forme di anomalie, anche con immagini estrapolate da comuni trasmissioni televisive, smontate, ricomposte e alterate da disturbi e interferenze. La distorsione elettronica trasformava le immagini in sequenze nuove e astratte secondo un processo di "destrutturazione" (o dé-coll/age) del flusso elettromagnetico. All'interno del contesto Fluxus, 'movimento' al quale l'artista si avvicinò negli anni Sessanta, l'interesse di Vostell per il nuovo mezzo televisivo, del quale previde l'enorme potenzialità massificatrice, è parallelo al contemporaneo lavoro di Nam June Paik che l'11 marzo del 1963 presenta alla Galerie Parnass di Wuppertal l'opera 13 Distorted Tv-sets. Convenzionalmente si fa coincidere la data di inizio della "videoarte" con questa mostra di Wuppertal dal titolo "Exposition of music/Electronic television", dove l'artista coreano espone tredici monitor, posizionati in sequenza orizzontale su mobiletti in legno e sintonizzati su trasmissioni televisive, ma alterati tecnicamente con l'applicazione di magneti al tubo catodico. Pur non assumendo l'arte elettronica come privilegiato territorio di ricerca, Vostell, come Paik o Joseph Beuys, elabora già alla fine degli anni Cinquanta opere nelle quali appare il mezzo televisivo, o nelle quali sono presenti delle immagini alterate elettronicamente; solo dall'ottobre del 1965 però, sarà possibile intervenire direttamente e curare in prima persona la produzione dell'immagine con la messa in vendita, a prezzo accessibile, sul mercato statunitense, di uno strumento portatile per la registrazione su nastro magnetico, il Portapack della Sony. La "videoarte" e le "videoinstallazioni" nascono quindi alla fine degli anni Cinquanta con Wolf Vostell e Nam June Paik in Germania, in un periodo in cui il monopolio dell'informazione e delle immagini video è ancora delle grandi stazioni televisive. In Vostell l'atto di ribellione contro questa situazione di monopolio si esplica nell'attacco alla televisione come simbolo dell'ideologia di un sistema da sovvertire con gli unici mezzi allora possibili, con la distorsione delle immagini quotidiane o con il loro inserimento all'interno di sculture che ne rivelino la parzialità. L'attacco è sferzato contro la mitologia tecnologica denunciando l'alienazione collettiva nell'era dei mass media; nelle sue opere i televisori sono avvolti con filo spinato, sotterrati, cementati, fucilati, incastrati nel sesso di una donna o nella gola di un lupo imbalsamato, gettati su letti d'ospedale o tra frammenti di vetro e scarpe logore. Il gesto, non sempre solo simbolico, di distruzione, rappresenta un atto di liberazione dal controllo e dall'influenza massmediatica. Esso si manifesta in Vostell con una veemenza ormai quasi sopita nell'attuale arte elettronica che, come emerge dall'ultima Biennale e soprattutto dalla precedente edizione (quella con il maggior numero di video mai presentata), nell'autoesaltazione della propria tecnica, molto spesso rinuncia alla polemicità e alla potenza irruente dei suoi esordi.

Biografia

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Nasce a Leverkusen (Colonia) nel 1932 da una famiglia di origine ebrea che dovette lasciare il paese all'inizio della guerra. Nel 1954 avviene la prima rivelazione fondamentale nelle sue scelte artistiche: nel suo primo viaggio a Parigi, leggendo una notizia su Le Figaro, egli scopre il termine decoll/age, che oltre a significare decollo, elevazione di un aereo da terra, vuol dire anche separazione, distacco, morte. Vostell si esprime fra assemblaggi di dipinti, frammenti di giornali, foto incollate e cancellate da sovrapposizioni pittoriche, inserimenti di televisori o macchine fotografiche, emblemi della civiltà tecnologica che squarciano le opere come lacerata e frammentata e' la realtà di cui ci parlano. Comincia anche l'uso del cemento che ingloba gli oggetti (ad esempio un'automobile nel '69 ), simbolo della distruzione che risucchia tutto nel grigio anonimo e amorfo della sua pesantezza. Pur non assumendo l'arte elettronica come privilegiato territorio di ricerca Vostell elabora già alla fine degli anni Cinquanta opere nelle quali appare il mezzo televisivo, o nelle quali sono presenti delle immagini alterate elettronicamente Per Vostell il televisore diventa il ready-made per eccellenza già dalla fine degli anni Cinquanta. Nel 1958, in un contesto di denuncia del nuovo mezzo televisivo, Vostell aveva realizzato una ricostruzione "privata", la Schwarzes Zimmer la "camera nera" della memoria tedesca, creando un'analogia tra nazismo ed informazione televisiva ed associando i campi di sterminio rievocati in tre assemblaggi sull'Olocausto agli avvenimenti del 1936, quando la strumentalizzazione dei Giochi Olimpici di Berlino da parte della propaganda nazionalsocialista si avvalse del mezzo televisivo. Tra materiali compositi, transistor, asfalto e filo spinato, un televisore trasmetteva immagini confortanti, persino una Maya Desnuda di Goya, ma erano solo eccezioni in un contesto di disperazione. Nello stesso anno, in un lavoro intitolato Transmigracion, l'artista inserisce il primo televisore presente in un'opera d'arte: dietro un taglio orizzontale, una televisione trasmette un cattivo segnale dal canale UHF; da allora, schermi televisivi sintonizzati su programmi locali, iniziano ad essere collocati da Vostell nelle "ferite" di quadri e di blocchi materici per trasmettere senza sosta il flusso quotidiano delle informazioni. In un'epoca in cui quasi nessuno ipotizzava l'uso critico di uno strumento come la televisione Wolf Vostell critica e classifica come pericoloso ciò che era ritenuto comunemente simbolo del benessere e dell'avanzamento sociale. Nel 1958 Vostell dà vita ai TV dé-collage e c’è chi con questa data vede la nascita della videoarte. Un ulteriore atto di riverenza ironico e non certo servile alla televisione l'artista lo rende nel 1959 con l'happening teletrasmesso TV dé-coll/age “Ereignisse und Handlungen fur Millionen", dove emerge soprattutto la volontà di rifiuto della passività davanti al piccolo schermo. Nei primi anni Sessanta, insieme a Allan Kaprow, Ban Vautrier, Ben Patterson, Emmett Williams, La Monte Young, Henry Flynt, Robert Raushemberg, John Cage, George Maciunas, Christo, Daniel Spoerri, Nam June Paik, Joseph Beyus, Yoko Ono e Giuseppe Chiari, Vostell fa parte della costellazione Fluxus e diverrà un protagonista di spicco. Si inserisce così in un’orbita internazionale. Nel 1963 Vostell espone per la prima volta Television dè-coll/age presso la galleria Parnass di New York. Significativo è il video girato in 16mm. “Sun in Your Head", della durata di sette minuti, le immagini sono riprese da comuni programmi della televisione tedesca alterati elettronicamente con varie tecniche, ad esempio attraverso l'uso di calamite. Il primo video realizzato da Vostell allude, già nel Sessantatre, con il contrasto tra l'oggetto-televisore statico e il flusso delle sequenze di immagini in dé-coll/age, al bombardamento incessante delle informazioni attraverso i media. La tecnica della sovrapposizione di immagini estrapolate da trasmissione televisive ritorna in successivi video dell'artista ma è accantonata in TV Cubisme del 1985, prodotto dalla RTBF di Liegi per la trasmissione Vidéographie di Jean-Paul Tréfos: figure femminili truccate pesantemente si aggrovigliano, accarezzano blocchi di cemento in un gioco di sovrimpressioni; la telecamera segue le teste in movimento delle modelle sedute su sedie girevoli mentre i corpi continuano a ruotare, a torcersi in un vortice accompagnato da un ritmo sonoro di voci, soffi, gemiti e respiri cadenzati. Il soggetto di questo video, il confronto tra materia animata e materia inanimata, ritorna nel corso degli anni Settanta e Ottanta anche nelle dieci versioni, eseguite dal 1975 al 1986, di Endogene Depression (4-5), nelle quali la presenza di televisori è associata ad esseri animali che sottolineano il contrasto tra l'universo naturale e l'artificialità della macchina. In America, a New York, nel maggio del 1963, Wolf Vostell aveva presentato alla Smolin Gallery l'opera 6 TV-dé-coll/agen, la prima "videoinstallazione" esposta negli Stati Uniti, nella quale sei televisori presentavano diverse forme di anomalie, anche con immagini estrapolate da comuni trasmissioni televisive, smontate, ricomposte e alterate da disturbi e interferenze. La distorsione elettronica trasformava le immagini in sequenze nuove e astratte secondo un processo di "destrutturazione" (o dé-coll/age) del flusso elettromagnetico. Dopo il '70 gran parte della sua produzione si concentra su quadri-oggetto, su pittura e disegno, le sue opere riprendono sia la grande pittura del Cinquecento e del Seicento, sia i grandi drammi della sua Storia, gli effetti della seconda guerra mondiale e la guerra fredda (la serie Zyklus Calatayud e quella Berlin-Fieber nel '73): la morte, il caos, la disperazione, la speranza, che nell'atto creativo dell'arte trova la sua prima espressione, sono i temi predominanti. Nel 1980 Vostell realizza la serie di dipinti, esposti in mostra, dedicati alla principessa Giovanna di Castilla che aveva già ispirato altri famosi pittori prima di lui. Nel 1981 a seguito di un viaggio nella regione della Extremadura, l'artista tedesco rimane impressionato dalla durezza del luogo e dai suoi appunti nasce una serie di grandi dipinti , tra cui Victoria Mendez del 1982 presente in mostra. Nel 1989, in occasione della caduta del muro di Berlino, realizza il trittico 9. November 1989, che viene esposto a Berlino Est, e The fall of the Berlin Wall, nell'anno successivo; anche in queste opere egli impone una profonda riflessione, affrontando il tema del muro come metafora della paura e delle chiusure politiche ed economiche che bloccano l'Uomo nella sua aspirazione alla libertà . Instancabile testimone ed osservatore della realtà , Vostell si interessa agli altri disastri che continuano ad affliggere il mondo: la Guerra del Golfo e la guerra in Bosnia (Fine del Golfo, nel '91; Sara-Jevo 3 Fluxus Pianos, nel '94; Shoah 1492-1945, tra il '92 ed il '97). Muore a Berlino nel 1998.


Sito web

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http://www.wolf-vostell.de

Poetica

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“…l’arte come spazio, lo spazio come ambiente, l’ambiente come evento, l’evento come arte, l’arte come vita..."? Fluxus: Comuni erano gli obiettivi polemici, una sorta di insofferenza verso la tradizione e la separazione delle arti, e una nebulosa volontà di fondere le discipline, di esplorare territori nuovi, di dare all’arte nuovi strumenti e nuove materie, di includere nell’esperienza estetica gli oggetti e le situazioni della vita quotidiana, di attribuire allo spettatore un ruolo sempre più attivo all’interno del processo di creazione. “…la vita è un’opera d’arte, e l’opera d’arte è vita – ma come processo musicale. […] Tutto può essere musica: in questo concetto sta la prodezza di Fluxus, e la sua unità. […] L’essere umano è, prima di tutto, un’opera d’arte, Poi, può diventare un artista" sostiene Vostell. Il dé-collage di Wolf Vostell è una singolare destrutturazione nello spazio dell’apparecchio televisivo, ridotto a singole unità disperse nell’ambiente. Il dé-collage di Vostell, esteso dalle carte all’immagine televisiva e alla scena urbana, ha origini nell’operazione sonora: “Il rumore dello strappo" è “come un concerto, come un pezzo di musicale". Così lo stesso Vostell definisce l’operazione: “Il termine dé-coll/age rinvia a un principio della negazione estetica, o a un’estetica della negazione: a forme di distruzione volontaria o involontaria, per opera dell’uomo o del destino. Duchamp aveva dichiarato che “l’oggetto intatto" era nuovo in quanto opera d’arte. Il processo di dé-coll/age, che deforma l’oggetto, è anche un evento, un avvenimento, un’azione che ha la stessa importanza del risultato estetico. La vita trovata al posto dell’oggetto trovato, la vita trovata “dé-coll/age" è la scoperta che determina la mia opera: distorsione di immagini televisive, manifesti bruciati, cancellamento di riviste, azioni dé-coll/age, dimostrazione in pubblico della produzione dei miei oggetti." L'arte per Vostell non e' silenziosa, e' polemica, non accetta compromessi, deve dire come stanno le cose e stimolare una coscienza critica, deve mettere in crisi i sistemi morali e le ideologie affermate dalla storia, deve rendere liberi.

Opere

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Alcune opere



  • Transmigracion, 1958.

Olio/tela; lacerazione con TV, cm. 92x100x39.


  • Deutscher Ausblick, dal ciclo Schwarzes Zimmer, 1958/59.

Dé-coll/age, legno, filo spinato, metallo, rivista, ossa, apparecchio televisivo, cm. 197,5x129,5x81,5


Happening teletrasmesso.



  • Endogene Depression, 1963.


Happening.


Film composta da immagini televisive modificate e riversate successivamente in pellicola.


  • You, 1964.


  • E.d.H.R., Elektronischer dé-coll/age-Happening Raum, 1968.

Happening.


  • Die Winde, 1981.


  • Endogene Depression, 1983.

Happening.


  • Fine del Golfo, 1991.


  • Ritz, 1992-98.


  • Arc de Triomphe N°1, 1993.


  • Sara Jevo 3 Fluxus Pianos, 1994.


  • Energie II, 1996.

Bibliografia

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  • 1989, L’immagine video, Fagone Vittorio, ed. Feltrinelli, Milano, pp. 67.
  • 2002, Le icone fluttuanti, Madesani Angela, ed. Mondadori, Milano, pp. 108, 120, 142, 289, 458-459, 487-488.
  • 2004, Le arti multimediali digitali, Balzola Andrea e Monteverdi Anna Maria, ed. Garzanti, Milano, pp. 168


Webliografia

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