Youngblood Gene

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Personaggio:

Youngblood Gene


Biografia:

Youngblood Gene è statunitense teorico e metadesigner, cioè un artista che non crea direttamente le opere, ma che lavora alla progettazione e alla realizzazione di dispositivi e contesti per la produzione di eventi artistici. E’ uno studioso della storia e della teoria cinematografica sperimentale e della videoarte che lui insegna da 34 anni. E’ famoso per il suo libro “Expanded Cinema? del 1970. Lui è anche molto noto come pioniere del movimento di Democrazia dei Media, ed insegna la Democrazia dei Media da 30 anni. Ha tenuto diverse conferenze in più delle 400 università: in America del Nord, Europa, Giappone e Australia, e i suoi scritti sono pubblicati in tutto il mondo. Ha ricevuto concessioni da varie Fondazioni. Ha insegnato a CalArts, all’Istituti di Tecnologia della California, all’Università di Columbia, all’Istituto d’Arte di Chicago, UCLA ed USC.

Sito web:

Poetica:

Gene Youngblood delimita in modo netto il campo d’intervento dell’artista video rispetto alla televisione convenzionale distinguendo il videotape sinestetici e cinema videografico: l’artista video non ha intenzione di trasformare il proprio lavoro in un film. Ha anche sottolineato una differenza tra coloro che utilizzano la telecamera per ottenere un filmato e gli artisti che si servono del video per esplorarne le espansioni possibili e le peculiari qualità visuali. Così il rapporto tra la televisione come mezzo di grande comunicazione e le ricerche video o arte video sarebbe lontano, meno stretto di quello che esiste tra video e cinema sperimentale. Gene Youngblood nel suo libro "Expanded Cinema" scrive uno dei primi saggi sulle risorse del video, tiene a precisare che chi lavora nel video, lavora contro la televisione. In questo libro ci fa percepire i media come estensione e potenziamento dei sensi e riunisce nella categoria di "cinema espanso" le performance dal vivo, le animazioni sperimentali, la computer art, il video, i film olografici, le polivisioni e i labirinti di proiezioni, gli schermi giganti e le esperienze immersive, le multivisioni ipertecnologiche , le ambientazioni visivo-sonore avvolgenti. Un cinema che si estende ad altre arti e le ingloba, le ridefinisce, le ricrea; ma anche un cinema sintetico, che "include varie modalità estetiche, molti percorsi di conoscenza, simultaneamente operativi"; capace di estendere e potenziare le nostre capacità sensoriali e di pensiero, oltre la sterile contrapposizione mente-corpo, emozione-conoscenza. Quindi ha teorizzato la pratica cinematografica come spazio audiovisivo: la moltiplicazione dei livelli di proiezione; l’abolizione dei limiti di separazione fra le arti; il ritorno alla corporeità; la decostruzione delle tecniche filmiche; la creazione di opere di "pura luce". Per Youngblood il cinema è quindi un "metamedium" (anni dopo questa funzione sarà invece affidata al computer) capace di assumere tutte le arti precedenti, non solo con finalità estetiche e di rinnovamento di modalità di costruzione di linguaggi ma anche con finalità sociali arrivando così a riproporre, con i nuovi elementi portati dall’esperienza moderna, il leopardiano "paragone tra i media". Vent’anni dopo la pubblicazione dei "Expanded Cinema", nel 1991, ha affermato che "una rivoluzione delle comunicazioni dovrebbe occuparsi di creare un mezzo combinando televisione, computer, telefono, satellite in un’unica rete multimediale controllata dall’utente, e il cui uso sarebbe gratuito". E oggi sta concludendo un nuovo, imponente studio sulla comunicazione interattiva che recuperi una reale dimensione comunicativa e relazionale delle tecnologie elettroniche, una loro funzione interattiva interpersonale e sociale. Gene Youngblood fa una precisazione sul passaggio da un’arte filmica di "transizione", quale è il cinema meccanico, a quella di "trasformazione" che egli attribuisce soprattutto all’immagine digitale ma che è portata fino alle più estreme conseguenze proprio dall’immagine sintetica tridimensionale. In poche parole l’immagine digitale prima e quella sintetica poi hanno messo in discussione il concetto stesso di fotogramma che nel nuovo cinema non è più un oggetto ma il segmento del tempo di un segnale continuo. Ciò rende possibile una sintassi basata sulla trasformazione e non sulla transizione. Si tratta quindi di un concetto di montaggio completamente diverso che a sua volta comporta una resa diversa del ritmo delle immagini in rapporto allo spazio e al tempo.


Opere:

Alcuni scritti


Libro che è uno degli studi più rilevanti per la teoria del cinema nel secondo Novecento.


  • Cinema elettronico e simulacro digitale, 1986


  • Metaphysical Structuralism, "Millennium Film Journal", 1988-89


  • Cinema and the Code, 1989

Bibliografia:

  • 1989, L’immagine video, Fagone Vittorio, ed. Feltrinelli, Milano, pp. 32, 55
  • 2004, Le arti multimediali digitali, Balzola Andrea e Monteverdi Anna Maria, ed. Garzanti, Milano, pp. 15, 70-71, 154, 272-273, 508


Webliografia: