Baj Enrico: differenze tra le versioni

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Enrico Baj,  pittore e scultore italiano, Trascendente Satrapo e Imperatore Analogico della Patafisica Milanese,  raffinato saggista e polemista d'eccezione, nasce a Milano il 31 ottobre 1924.
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Dopo gli studi classici, si iscrive a Medicina, che abbandonarli dopo la seconda guerra mondiale per laurearsi in Giurisprudenza.
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Parallelamente agli studi "economici" Enrico Baj frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera.
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Attivo rappresentante delle avanguardie degli anni Cinquanta, fonda, con Dangelo e Gianni Dova, il "Movimento Nucleare", movimento innovativo sia dal punto di vista formale sia da quello ideologico, tendente a instaurare contatti con artisti ed intellettuali europei.
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In aperta opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico dell'arte del tempo, Enrico Baj aderisce al "Manifesto della Pittura nucleare" nel 1952, alla fondazione con Asger Jorn, nel 1954, del "Mouvement internetional pour une Bauhaus imaginiste", schierato contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte, contro il dominio della linea retta e dell’angolo retto, poi, nel 1957, aderisce al "Manifesto Contro lo stile".
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L'opera di Enrico Baj si snoda nel tempo, utilizzando varie tecniche, ma con la presenza continua dell’ironia dissacratoria ed il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiale.
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Sperimentatore per natura, Baj passa senza soluzione di continuità dal "dripping", dei primi dipinti nucleari, al classicismo delle illustrazioni per il De Rerum Natura, dagli "interventi materici", su pattern e arazzi, alle ricerche con gli specchi infranti e col collage.
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Per Enrico Baj, molto spesso, dipingere è un gioco e pertanto anche i soggetti risentono dello sguardo divertito dell'artista che si permette anche rifacimenti grotteschi di opere di Picasso  ed altri mostri sacri della pittura.
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In stretto contato con pittori e intellettuali suoi contemporanei, analizza con gli amici Lucio Fontana, Piero Manzoni, Sergio Dangelo, Joe Colombo e Lucio Del Pezzo, il mondo dell'arte, tenendo sempre d'occhio le mutazioni politiche e sociali.
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La Guerra Fredda ripropone  al mondo lo spetro di Hiroshima e l'artista proietta nei suoi lavori le angosce e le paure del futuro.
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Baj, in applicazione dei principi del "Movimento Nucleare" coltiva rapporti e scambi anche con artisti stranieri, come Max Ernst, Marcel Duchamp, Yves Klein, E.L.T. Mesens, Asger Jorn e altri artisti del gruppo Cobra, con il Nouveau Realisme ed il Surrealismo.
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All'inizio degli anni Sessanta incontra la Patafisica di Alfred Jarry , da cui trae nuovo  vigore alla sua vena ironica e giocosa legandolo  ai grandi esponenti del Dadaismo e del Surrealismo,  come Duchamp, Man Ray, Queneau, Ernst, e Breton.
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Enrico Baj esprime il suo impegno civile contro ogni tipo di aggressività e, attraverso "generali" e  "parate militari",  icone dell'antiautoritarismo e della denuncia sarcastica del potere,  mette alla berlina personaggi, cinici e arroganti, resi maggiormente anacronistici e ridicoli dalle decorazioni che ostentano: medaglie, coccarde e altre preziosità del genere.
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Negli anni Settanta Enrico Baj lavora, tra l'altro, a tre grandi opere, "I funerali dell’anarchico Pinelli" (1972), "Nixon Parade" (1974), suggerito dall’impeachment del presidente americano, ed a "l’Apocalisse" (1979).
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Quest’ultima composizione "in progress" (sarà infatti arricchita negli anni successivi da nuovi elementi), costituita da teli e sagome in legno che possono essere combinati con montaggi variabili per formare un’ampia scenografia, mette in scena quasi teatralmente il degrado della contemporaneità e i mostri generati dal sonno della ragione e da un supino asservimento al modernismo e alla tecnoscienza.
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Negli anni Ottanta, Bay si accosta più direttamente al teatro, collaborando a varie realizzazioni, la più famosa delle quali resta "Ubu re" di Alfred Jarry, messo in scena da Massimo Schuster nel 1984 e rappresentato per oltre dieci anni in tutto il mondo.
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l’Ubu re di Baj consiste in una cinquantina di marionette in meccano usate da Schuster come elementi di un teatro di oggetti.
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Per contestare l’abuso tecnologico e il mito della velocità, Enrico Baj crea "Epater le robot" (1983),  "Manifesto del futurismo statico" (1983-86) e "I manichini" (1984-87), figure senza volto, spersonalizzate, nelle quali Baj abbandona temporaneamente il collage e dove sono evidenti i riferimenti al manierismo e alla metafisica.
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Attraverso la serie di opere "Metamorfosi e Metafore" del 1988, nelle quali la pittura prevale ancora sul collage, Enrico Baj sviluppa una figurazione dell’immaginario e del fantastico che porterà alla sua massima espressione nelle opere "kitsch" degli anni successivi.
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"Amore e Psiche", "Adamo ed Eva", "la Bella e la Bestia", le "Tre Grazie" sono soggetti, realizzati in maiolica a Faenza nel 1991, quando Baj torna alla ceramica, alla quale era già stato spinto da Jorn quasi quarant'anni prima.
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Nel 1993 inizia il ciclo delle Maschere tribali, immagini di un moderno "primitivismo" con cui la società opulenta vuole rifarsi un look istintuale e selvaggio riciclando, come simboli, gli oggetti del consumo quotidiano.
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Nella stessa linea si collocano i Feltri (1993-98) e i Totem (1997).
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I totem, che costituiscono uno sviluppo verticale delle maschere, hanno nei titoli un ironico riferimento a personaggi della storia, come già in passato molte dame e personaggi decorati, dotati di roboanti, titoli aristocratici e militari.
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Tra le maschere e i totem si colloca "Berluskaiser" (1994), composizione di sagome alla maniera dell’Apocalisse, satira della conquista dell’allora presidente del Consiglio attraverso i media e le partite di calcio.
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E’ del 1996 un "Monumento a Bakunin", omaggio all’anarchia alle cui idee libertarie l’artista si è sempre sentito vicino.
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Negli anni '90 Enrico Baj lavora spesso a quattro mani con altri artisti internazionali come Mark Kostabi e Corneille.
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Baj ha sempre affiancato la scrittura alla pittura. Già dagli anni Cinquanta partecipa alla redazione di varie riviste d’avanguardia, tra cui "Il Gesto", "Direzioni", "Phases", "Documento Sud". In seguito collabora a quotidiani e riviste: il momento di maggiore attività in questo campo sono gli anni Ottanta.
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Ha pubblicato numerosi libri, tra cui Autodamé (Cappelli, 1980), Patafisica (Bompiani, 1982), Automitobiografia (Rizzoli, 1983), Impariamo la pittura (Rizzoli, 1985), con Renato Guttuso Fantasia e realtà (Rizzoli, 1987), Cose, fatti, persone (Eleuthera, 1988), Ecologia dell’Arte (Rizzoli, 1990), Cosa dell’altro mondo (Eleuthera, 1990), Che cos’è la patafisica? (L’Affranchi, 1994), Scritti sull’arte: dal futurismo statico alla merda d’artista (A.A.A, 1996), Impariamo la pittura (Rizzoli, 1999); inoltre, con Luciano Caprile, Conversazioni con Enrico Baj (Eleuthera, 1997) con E. M. Arnico, eteronimo del figlio Angelo, Manuale di sopravvivenza: duecento voci per non capire (A.A.A, 1999), con Paul Virilio Discorso sull’orrore dell’arte (Eleuthera, 2002).
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Il pittore Enrico Baj muore nella sua casa di Vergiate nel varesotto, il 16 giugno 2003, ultimo testimone delle avanguardie del dopoguerra.
  
 
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* [http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Baj Enrico Baj su wikipedia]
 
* [http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Baj Enrico Baj su wikipedia]
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* [http://www.windoweb.it/guida/arte/biografia_enrico_baj.htm Biografia dell'artista]
  
 
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Revisione 17:22, 1 Set 2009

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Personaggio o Gruppo:

Baj Enrico, pittore, scultore e anarchico italiano.

Biografia:

Enrico Baj, pittore e scultore italiano, Trascendente Satrapo e Imperatore Analogico della Patafisica Milanese, raffinato saggista e polemista d'eccezione, nasce a Milano il 31 ottobre 1924.

Dopo gli studi classici, si iscrive a Medicina, che abbandonarli dopo la seconda guerra mondiale per laurearsi in Giurisprudenza.

Parallelamente agli studi "economici" Enrico Baj frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera.

Attivo rappresentante delle avanguardie degli anni Cinquanta, fonda, con Dangelo e Gianni Dova, il "Movimento Nucleare", movimento innovativo sia dal punto di vista formale sia da quello ideologico, tendente a instaurare contatti con artisti ed intellettuali europei.

In aperta opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico dell'arte del tempo, Enrico Baj aderisce al "Manifesto della Pittura nucleare" nel 1952, alla fondazione con Asger Jorn, nel 1954, del "Mouvement internetional pour une Bauhaus imaginiste", schierato contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte, contro il dominio della linea retta e dell’angolo retto, poi, nel 1957, aderisce al "Manifesto Contro lo stile".

L'opera di Enrico Baj si snoda nel tempo, utilizzando varie tecniche, ma con la presenza continua dell’ironia dissacratoria ed il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiale.

Sperimentatore per natura, Baj passa senza soluzione di continuità dal "dripping", dei primi dipinti nucleari, al classicismo delle illustrazioni per il De Rerum Natura, dagli "interventi materici", su pattern e arazzi, alle ricerche con gli specchi infranti e col collage.

Per Enrico Baj, molto spesso, dipingere è un gioco e pertanto anche i soggetti risentono dello sguardo divertito dell'artista che si permette anche rifacimenti grotteschi di opere di Picasso ed altri mostri sacri della pittura.

In stretto contato con pittori e intellettuali suoi contemporanei, analizza con gli amici Lucio Fontana, Piero Manzoni, Sergio Dangelo, Joe Colombo e Lucio Del Pezzo, il mondo dell'arte, tenendo sempre d'occhio le mutazioni politiche e sociali.

La Guerra Fredda ripropone al mondo lo spetro di Hiroshima e l'artista proietta nei suoi lavori le angosce e le paure del futuro.

Baj, in applicazione dei principi del "Movimento Nucleare" coltiva rapporti e scambi anche con artisti stranieri, come Max Ernst, Marcel Duchamp, Yves Klein, E.L.T. Mesens, Asger Jorn e altri artisti del gruppo Cobra, con il Nouveau Realisme ed il Surrealismo.

All'inizio degli anni Sessanta incontra la Patafisica di Alfred Jarry , da cui trae nuovo vigore alla sua vena ironica e giocosa legandolo ai grandi esponenti del Dadaismo e del Surrealismo, come Duchamp, Man Ray, Queneau, Ernst, e Breton.

Enrico Baj esprime il suo impegno civile contro ogni tipo di aggressività e, attraverso "generali" e  "parate militari",  icone dell'antiautoritarismo e della denuncia sarcastica del potere,  mette alla berlina personaggi, cinici e arroganti, resi maggiormente anacronistici e ridicoli dalle decorazioni che ostentano: medaglie, coccarde e altre preziosità del genere.

Negli anni Settanta Enrico Baj lavora, tra l'altro, a tre grandi opere, "I funerali dell’anarchico Pinelli" (1972), "Nixon Parade" (1974), suggerito dall’impeachment del presidente americano, ed a "l’Apocalisse" (1979).

Quest’ultima composizione "in progress" (sarà infatti arricchita negli anni successivi da nuovi elementi), costituita da teli e sagome in legno che possono essere combinati con montaggi variabili per formare un’ampia scenografia, mette in scena quasi teatralmente il degrado della contemporaneità e i mostri generati dal sonno della ragione e da un supino asservimento al modernismo e alla tecnoscienza.

Negli anni Ottanta, Bay si accosta più direttamente al teatro, collaborando a varie realizzazioni, la più famosa delle quali resta "Ubu re" di Alfred Jarry, messo in scena da Massimo Schuster nel 1984 e rappresentato per oltre dieci anni in tutto il mondo.

l’Ubu re di Baj consiste in una cinquantina di marionette in meccano usate da Schuster come elementi di un teatro di oggetti.

Per contestare l’abuso tecnologico e il mito della velocità, Enrico Baj crea "Epater le robot" (1983), "Manifesto del futurismo statico" (1983-86) e "I manichini" (1984-87), figure senza volto, spersonalizzate, nelle quali Baj abbandona temporaneamente il collage e dove sono evidenti i riferimenti al manierismo e alla metafisica.

Attraverso la serie di opere "Metamorfosi e Metafore" del 1988, nelle quali la pittura prevale ancora sul collage, Enrico Baj sviluppa una figurazione dell’immaginario e del fantastico che porterà alla sua massima espressione nelle opere "kitsch" degli anni successivi.

"Amore e Psiche", "Adamo ed Eva", "la Bella e la Bestia", le "Tre Grazie" sono soggetti, realizzati in maiolica a Faenza nel 1991, quando Baj torna alla ceramica, alla quale era già stato spinto da Jorn quasi quarant'anni prima.

Nel 1993 inizia il ciclo delle Maschere tribali, immagini di un moderno "primitivismo" con cui la società opulenta vuole rifarsi un look istintuale e selvaggio riciclando, come simboli, gli oggetti del consumo quotidiano.

Nella stessa linea si collocano i Feltri (1993-98) e i Totem (1997).

I totem, che costituiscono uno sviluppo verticale delle maschere, hanno nei titoli un ironico riferimento a personaggi della storia, come già in passato molte dame e personaggi decorati, dotati di roboanti, titoli aristocratici e militari.

Tra le maschere e i totem si colloca "Berluskaiser" (1994), composizione di sagome alla maniera dell’Apocalisse, satira della conquista dell’allora presidente del Consiglio attraverso i media e le partite di calcio.

E’ del 1996 un "Monumento a Bakunin", omaggio all’anarchia alle cui idee libertarie l’artista si è sempre sentito vicino.

Negli anni '90 Enrico Baj lavora spesso a quattro mani con altri artisti internazionali come Mark Kostabi e Corneille.

Baj ha sempre affiancato la scrittura alla pittura. Già dagli anni Cinquanta partecipa alla redazione di varie riviste d’avanguardia, tra cui "Il Gesto", "Direzioni", "Phases", "Documento Sud". In seguito collabora a quotidiani e riviste: il momento di maggiore attività in questo campo sono gli anni Ottanta.

Ha pubblicato numerosi libri, tra cui Autodamé (Cappelli, 1980), Patafisica (Bompiani, 1982), Automitobiografia (Rizzoli, 1983), Impariamo la pittura (Rizzoli, 1985), con Renato Guttuso Fantasia e realtà (Rizzoli, 1987), Cose, fatti, persone (Eleuthera, 1988), Ecologia dell’Arte (Rizzoli, 1990), Cosa dell’altro mondo (Eleuthera, 1990), Che cos’è la patafisica? (L’Affranchi, 1994), Scritti sull’arte: dal futurismo statico alla merda d’artista (A.A.A, 1996), Impariamo la pittura (Rizzoli, 1999); inoltre, con Luciano Caprile, Conversazioni con Enrico Baj (Eleuthera, 1997) con E. M. Arnico, eteronimo del figlio Angelo, Manuale di sopravvivenza: duecento voci per non capire (A.A.A, 1999), con Paul Virilio Discorso sull’orrore dell’arte (Eleuthera, 2002).

Il pittore Enrico Baj muore nella sua casa di Vergiate nel varesotto, il 16 giugno 2003, ultimo testimone delle avanguardie del dopoguerra.

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Bibliografia:

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