Aspects of the aesthetics of telecommunications

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Aspects of the aesthetics of telecommunications

Autore:

Kac Eduardo

Tratto da:

http://www.ekac.org/Telecom.Paper.Siggrap.html

Titolo Originale:

Traduzione di:

Anno:

1992

Aspetti dell'estetica delle telecomunicazioni

INTRODUZIONE

Negli ultimi quindici anni, un numero sempre crescente di artisti in tutto il mondo sta lavorando in collaborazione con le telecomunicazioni. Nei loro “lavori�?, che noi considereremo come eventi, immagini e grafica non sono create come il fine ultimo o il prodotto finale, come è solito nelle belle arti. Impiegando i computers, i video, i modem e altre apparecchiature, questi artisti usano immagini come parte di un più grande contesto comunicativo interattivo e bidirezionale. Immagini e grafica non sono create semplicemente per essere trasmesse dall’artista da una parte all’altra, ma per accendere un dialogo visuale multidirezionale con gli altri artisti e partecipanti in posizioni remote. Questo dialogo visuale presume che le immagini saranno cambiate e trasformate attraverso il processo nel momento in cui il discorso viene interrotto, completato, alterato e riconfigurato in una spontanea conversazione faccia a faccia. Una volta che l’evento è finito, immagini e grafica non sono il "risultato", ma una documentazione del processo di dialogo visuale promossa dai partecipanti. Questa particolare sperimentazione in continua evoluzione di immagini e grafica, sviluppa ed espande la nozione di pensiero visuale contando primariamente sullo scambio e sulla manipolazione di materiali visuali come mezzo di comunicazione. Gli eventi artistici creati dagli artisti di telematica o di telecomunicazione nascono come movimento che anima e altera l’equilibrio di reti strutturate con media interattivi relativamente accessibili come telefono, fax, personal computer, e-mail, e slow-scan TV(SSTV). Più raramente entrano in gioco radio, televisione in diretta, videotelefoni, satelliti ed altri strumenti meno accessibile di comunicazione. Ma identificare i media impiegati in questi “eventi�? non è abbastanza. Invece, non si devono avere pregiudizi che allontanano questi media dal reame dei media artistici "legittimi" e considerare questi eventi ugualmente come imprese artistiche legittime. Quest’esperimento, in parte, esamina la storia di questo settore e tratta eventi di arte che sono stati motivati o concepiti specialmente per media delle telecomunicazioni. L’esperimento tenta di mostrare la transizione dalla fase iniziale, quando la radio fornisce agli scrittori ed agli artisti un nuovo modello spazio-temporale, ad una seconda fase, dove i media delle telecomunicazioni, incluse le reti dei computer, divengono più accessibili a tutti, e gli artisti cominciano a creare eventi, qualche volta di proporzioni globali, in cui la comunicazione stessa diviene lavoro. L’arte delle telecomunicazioni in generale è, forse, il culmine del processo di dematerializzazione dell'oggetto artistico riassunto da Duchamp e perseguito da artisti associati al movimento di arte concettuale, come Joseph Kosuth. Se ora l'oggetto è totalmente eliminato e gli artisti sono assenti del tutto, il dibattito estetico si trova al di là dell’azione come forma, al di là dell'idea come arte. Esso si fonda sulle relazioni ed interazioni tra membri di una rete.


ARTE E TELECOMUNICAZIONI


Si deve cercare di comprendere le dimensioni culturali delle nuove forme di comunicazione come emergono dai lavori artistici innovativi che non saranno sperimentati o ammirati come messaggi unidirezionali. La complessità della scena sociale contemporanea permeata dai media elettronici, dove il flusso di informazioni diviene il vero tessuto della realtà, richiama una rivalutazione dell'estetica tradizionale ed apre il campo a nuovi sviluppi. In altre parole, parlare dell'estetica delle telecomunicazioni significa vedere come influenzò ed influenza le arti più tradizionali. Bisogna anche investigare a che profondità è creato, tramite la fusione di computer e telecomunicazioni, il contesto per un'arte nuova. Il nuovo materiale col quale tratteranno sempre più gli artisti deve essere identificato, poi, nell’unione tra i nuovi processi elettronici di virtualizzazione visuale e linguistica, portati irreversibilmente dalle telecomunicazioni e dal personal computer (elaborazione di testi, programmi grafici, programmi di animazione, fax/modems, satelliti, apparecchi per teleconferenza, ecc.), e le forme rimanenti che sono state il risultato del processo di dematerializzazione dell'oggetto artistico, da Duchamp all’arte concettuale (linguaggio, video, display elettronici, tecniche di stampa, eventi, mail art, ecc.). Questa nuova arte è collaborativa ed interattiva ed abolisce lo stato unidirezionale tradizionalmente tipico della letteratura e dell’arte. I suoi elementi sono il testo, il suono, l’immagine ed, eventualmente, il tocco virtuale basato su apparecchiature di azione-reazione. Questi elementi sono privi di equilibrio; sono segnali in continuo movimento come i gesti, il contatto visivo, le trasfigurazioni di significato perpetuamente inadempiuto. Ciò che viene commutato, è cambiato, ri-cambiato, s-cambiato. Si deve esplorare questa nuova arte nei suoi propri termini, cioè, comprendendo il suo corretto contesto (la società delle informazioni all'alba del ventunesimo secolo) e le teorie emergenti (post-strutturalismo, teoria del caos, studi culturali), che dà informazioni su un’insieme di nozioni largamente accettate come vere, come il soggetto, l’oggetto, lo spazio, il tempo, la cultura e la comunicazione umana. Il luogo dove questa nuova arte opera non è lo spazio illustrato e materialmente stabile di un dipinto, né lo spazio Euclideo di una forma scultoria; è lo spazio virtuale ed elettronico della telematica dove i segni galleggiano, dove l’interattività distrugge la nozione contemplativa di osservatore o conoscitore per sostituirla con la nozione sperimentale di utente o partecipante. L'estetica delle telecomunicazioni effettua il passaggio necessario da rappresentazione pittorica ad esperienza comunicazionale. Due delle più interessanti nuove forme di comunicazione che sembrano accantonare il vecchio modello di mittente-destinatario, proposte da Shannon e Weaver [1] e rinforzate da Jakobson [2], sono la posta elettronica (e-mail) e la chiamata in conferenza. Nell’e-mail un utente può scrivere un messaggio e lasciarlo alla deriva nello spazio elettronico, senza necessariamente spedirlo ad un specifico destinatario. Poi un altro utente, o contemporaneamente altri utenti, possono accedere a questo messaggio e rispondere, cambiarlo, aggiungere un commento o incorporare questo messaggio in un più grande e nuovo contesto, in un processo che non ha fine. Il messaggio chiuso come identità del soggetto è potenzialmente dissolto e perso nel vortice dei significati della rete. Se il tempo reale non è cruciale per l’e-mail, lo stesso non può essere detto della chiamata in conferenza, dove tre o più persone prendono parte a comunicazioni che non devono per forza limitarsi alla voce. [3] Se il modello lineare arriva a permettere al mittente di divenire destinatario quando i poli sono invertiti, questo nuovo modello multidirezionale e interconnesso scioglie i confini che separavano mittente e destinatario. Ciò configura uno spazio senza poli lineari nel quale la discussione sostituisce monologhi alternati, uno spazio con nodi, che punta in molte direzioni dove tutti sono simultaneamente (e non alternativamente) sia mittenti che destinatari. Questo non è uno spazio pittorico o volumetrico, ma uno spazio aporetico di informazione in flusso, un iperspazio disseminato che toglie la topologica rigidità del modello lineare. Esso condivide le proprietà dei sistemi non lineari, come ritrovato nell’ipermedia o nell’auto-somiglianza statistica dei frattali, come opposte alle abbellite superfici lineari dei dipinti postmoderni. È qui, possibilmente, che gli artisti possono intervenire criticamente e suggerire una ridefinizione della struttura ed il ruolo della telematica, esibendo quelle forze antagonistiche create mutuamente a vicenda. Quello che noi chiamavamo vero e reale è ed è stato sempre, reciprocamente e dinamicamente, nel suo gioco delle differenze, costituito da quello che noi chiamavamo falso ed irreale. I valori culturali sono messi in discussione anche, sin da quando le strutture che privilegiavano una cultura sulle altre sono state sfidate concettualmente, portando le differenze culturali in prima linea. Gli artisti possono mostrare anche, lavorando con i nuovi media, il ruolo che i nuovi media giocano nel formare o nel preservare strutture stabili che formano l’io, che modellano la comunicazione, e, ultimamente, che creano le relazioni sociali (incluse le relazioni di autorità e potere). In modo simile, anche l’artista ed il pubblico sono costruiti in questo gioco delle differenze. Se il libro prodotto per la massa generasse sia le nozioni di autore che di pubblico come noi le conosciamo oggi, associando al potere il controllo della distribuzione di informazioni stampate, il disseminato gioco del significato delle reti di telematica potenzialmente dissolve entrambi senza stabilire pienamente l’integrato, armonizzato, dorato villaggio globale sognato da McLuhan. Se la telecomunicazione avvicina le persone, essa le tiene anche separate. Se la telematica è ciò che crea informazioni accessibili ad ognuno in ogni momento, nonostante le frontiere geografiche, essa è anche ciò che crea alcuni tipi di dati, generati da particolari gruppi, in formati accessibili solo a persone coinvolte con questi specifici enti. Quello che avvicina la gente è anche ciò che li allontana, quello che pone domande è anche ciò che afferma certi valori impliciti nella struttura della domanda. Se non c'è fine a questo gioco, a questo moto, ci deve essere consapevolezza del suo contesto, ma poi di nuovo la consapevolezza non viene rimossa da questo moto attraverso il quale viene anche configurato. Al modello lineare di comunicazione, che privilegia l'artista come il codificatore di messaggi (dipinti, sculture, testi, fotografie), la telematica oppone un modello multidirezionale di comunicazione, uno in cui l’artista è creatore di contesti, agevolatore delle interazioni. Se nel primo caso i messaggi hanno integrità fisica e semiologica e sono aperti solo allo spazio che lasciano disponibile per le diverse interpretazioni, nel secondo caso non è mera ambivalenza semantica quella che caratterizza l’apertura di significazione. L’apertura del secondo caso è quella che combatte per neutralizzare sistemi chiusi di significato ed offre al primo osservatore (ora trasformato in utente, partecipante, o membro di rete) gli stessi strumenti di manipolazione e codici a disposizione dell'artista così che il significato può essere trasferito tra entrambi. Questa non è una semplice inversione di poli, come proposto da Enzensberger [4], ma un tentativo di riconoscere ed operare all'interno di un processo di significato che è dinamico, destabilizzato e multivocale, all'interno di un processo di significato non basato sull’opposizione artista-pubblico ma sulle differenze e le identità che condividono. I messaggi non sono “lavori�?, ma una parte di più grandi contesti comunicazionali, e possono essere cambiati, alterati e manipolati virtualmente da chiunque. Una delle questioni problematiche è che ora la dissoluzione dell'artista nell'utente e viceversa toglierebbe agli artisti la loro posizione privilegiata come mittenti o destinatari, perché non c'è più il messaggio o il lavoro artistico come tale. È chiaro che la maggior parte degli artisti non sono preparati o interessati a rinunciare a questa gerarchia, perché mina la pratica di arte come attività proficua e distinzione sociale associate a nozioni come abilità, arte, individualità, genio artistico, inspirazione e personalità. L'artista, dopo tutto, è colui che si rivede come qualcuno che dovrebbe essere ascoltato, come qualcuno che ha qualcosa di importante da dire, qualcosa di importante da trasmettere alla società [5]. D'altra parte, si può chiedere fino a che punto gli artisti che creano eventi di telecomunicazione non ripristinino la stessa gerarchia che sembrano negare presentandosi come gli organizzatori, direttori o creatori degli eventi che promuovono, in altre parole, come la figura centrale dalla quale si irradia il messaggio. È come se, mentre un direttore televisivo lavora in collaborazione con decine o centinaia di persone senza mai rinunciare alla responsabilità del risultato del lavoro, l'artista (creatore del contesto) che produce eventi di telecomunicazione, stabilisse una rete senza controllare pienamente il flusso di segnali attraverso essa. L'artista che lavora con i media di telecomunicazione, abbandona la sua responsabilità sul “lavoro�? per presentare l'evento come ciò che ripristina o tenta di ripristinare la responsabilità dei media (nel senso inteso da Baudrillard). [6] Devo osservare che certe tracce di entusiasmo, apparentemente prive di senso critico per questo cambiamento nei processi e nei problemi dell’arte, sono identificabili non solo in questa dissertazione ed in altri miei testi sull’argomento, [7] ma anche negli scritti di altri artisti che si indirizzano all'estetica delle comunicazioni in generale, e delle telecomunicazioni o telematica in particolare, come Bruce Breland [8], Roy Ascott [9], Karen O'Rourke [10], Eric Gidney [11] e Fred Forest [12]. Ora gli artisti sono dotati di nuovi strumenti coi quali riflettono sui problemi contemporanei, come il relativismo culturale, l’indeterminazione scientifica, l'economia politica dell'età dell’informazione, la decostruzione letteraria ed il decentramento di conoscenza; ora gli artisti sono capaci di rispondere a questi problemi con gli stessi mezzi materiali (hardware) ed immateriali (software) che le altre sfere sociali utilizzano nelle loro attività, nella loro comunione ed isolamento. Se muri attuali stanno cadendo (Muro di Berlino, Iron Curtain), e lo stesso vale per i muri metaforici (lo spazio telematico, la realtà virtuale, la telepresenza), non si può semplicemente trascurare o sopravvalutare questi traguardi storici e tecnici. Ciò avviene non solo con l’entusiasmo per i nuovi attrezzi con cui l'artista lavorerà sulle tecnologie di comunicazione, ma anche con un approccio critico e scettico riguardo alla logica di mediazione che comportano. Questo non significa ignorare il fatto che le utopie di ubiquità della comunicazione mediata elettronicamente escludono necessariamente quelle culture e quei paesi che, di solito per ragioni politiche ed economiche, non hanno stesse o simili tecnologie e perciò non possono partecipare a nessuno scambio globale. [13] Supponiamo che in un futuro non molto lontano il sogno di Jaron Lanier di comunicazione “post-simbolica�? [14] divenga possibile e che il costo al minuto in una matrice di cyberspazio sia comparabile al costo normale di una telefonata. Questa situazione ipotetica potrebbe essere un approccio vitale al problema delle barriere linguistiche (incluso il danneggiamento della lingua), ma non sarebbe diverso dagli altri casi di segregazione economica, dato che anche la tecnologia telefonica di base è piena di problemi seri in più paesi in via di sviluppo. Forse proprio a causa di questi problemi, e non nonostante essi, gli artisti stanno usando le tecniche odierne per discutere i problemi di oggi. Se l’arte delle telecomunicazioni non trascurerà semplicemente le contraddizioni ereditate nei media e negli altri monopoli tecnologici presenti nelle tarde società capitaliste, mi piace ancora pensare che forse forme più libere di comunicazione possano emergere da nuove pratiche artistiche interattive che fanno del processo del cambiamento simbolico il vero reame della propria esperienza.


VOCI SENZA CORPO


Uno sguardo sullo sviluppo parallelo dei media delle telecomunicazioni e delle forme della nuova arte nel ventesimo secolo rivela una transizione interessante: prima si nota l'impatto dei nuovi media su forme molto più vecchie, come la radio che influenza il teatro; poi, è possibile scoprire usi più sperimentali di questi media. Alla fine, gli artisti dominano i nuovi media elettronici ed esplorano il loro potenziale interattivo e comunicazionale. In questa prospettiva, la radio è il primo mezzo di comunicazione di massa elettronico usato dagli artisti. Nel tardo 1920 la commercializzazione di onde radio era al suo inizio. La radio era un nuovo mezzo che catturava l'immaginazione degli ascoltatori con un spazio uditivo capace di evocare immagini mentali senza limiti spazio-temporali. Fonte remota ed inosservata di suoni dissociati da immagini ottiche, la radio aprì agli ascoltatori una finestra sulla propria mente, avvolgendoli in un spazio acustico che potrebbe offrire socializzazione ed esperienze private. La radio era il primo vero mass-media, capace di collegare improvvisamente milioni di persone lontane, al contrario del cinema, per esempio, che era solamente disponibile ad un pubblico locale. Nel 1928 il creatore cinematografico tedesco Walter Ruttmann (1887-1941) fu invitato dal Berlin Broadcasting System a creare un pezzo per la radio. Ruttman aveva già avuto un riconoscimento internazionale per i suoi film animati astratti, come Opus I, II, III e IV, che scoprirono il genere e anticiparono l'animazione con il computer di metà secolo. Il suo documentario sperimentale “Berlin, Symphony of a Great City�? (1927) fu anche riconosciuto mondiale, ed inspirò una generazione intera di creatori cinematografici che poi crearono “sinfonie urbane�? filmate. Oltre al suo contributo alla creazione di film, il lavoro innovativo di Ruttman per la radio servì ad aprire alle onde radio l’estetica dell'avanguardia, sfidando la standardizzazione di una programmazione imposta da imperativi commerciali. Per creare il pezzo commissionato, a Ruttman fu dato accesso a quello che era uno dei migliori sistemi di incisione per film nel mondo, il metodo “Triergon�?. Venendo dal mondo del cinema, Ruttman decise di creare “Weekend�?, un film senza immagini, un racconto discontinuo basato su immagini mentali proiettate solo da suoni. Lui considerò la traccia sonora nella bobina come avrebbe considerato il fotogramma per registrare immagini. “Weekend�? dura approssimativamente quindici minuti e crea un'atmosfera aurale che ritrae lavoratori che lasciano la città e vanno in campagna dopo una giornata lavorativa. Se all’inizio suoni prodotti da seghe, macchine e treni sono predominanti, poi suoni di uccelli cinguettanti e voci di bambini appariranno più spesso. Come aveva fatto con “Symphony of a Great City�?, Ruttman creò questi film senza immagine in modo sperimentale: montò la bobina e con essa la traccia sonora, ripetendo alcuni suoni, riorganizzando la sequenza e la durata dei suoni. Lui creò i suoni come qualcuno crea film. “Weekend�?, come un montaggio di suoni, concepito per un mezzo di incisione e per una trasmissione radio, aprì nuove discussioni e anticipò l'estetica di movimenti come Concrete Music e di artisti come John Cage e Karlheinz Stockhausen. Se Ruttman definì i suoi film astratti come “musica ottica�?, chiunque non esiterebbe a descrivere “Weekend�? come il primo “film acustico�? creato per la radio. Come divenne più popolare, la radio inspirò ed attirò professionisti da diversi campi, incluso artisti, esecutori, scrittori e membri dell'avanguardia, come i Futuristi Italiani. Fin dall’inizio del Futurismo, nel 1909, Marinetti ed i suoi sostenitori promossero la superiorità delle forme tradizionali e l'invenzione di nuove, e allo stesso tempo celebrarono la militarizzazione tecnologica e la guerra. Marinetti collaborò da vicino col regime di Mussolini. Nel 1929 Marinetti divenne un membro dell'Accademia italiana, fondata da Mussolini, e nel 1939 operò in una commissione organizzata dal regime fascista per censurare i libri indesiderati, incluso quelli scritti da autori ebrei. Nel 1935 partecipò come volontario alla guerra in Etiopia, e nel 1942 partecipò, di nuovo come volontario, al fronte russo. L'ultima invocazione dei Futuristi per una forma di arte nuova arrivò nel settembre-ottobre del 1933, col “Manifesto della Radio�? o “La Radia�?, firmati da Marinetti e Pino Masnata e pubblicati entrambi nella “Gazzetta del Popolo�?, Torino, 22 settembre, e nel proprio periodico “Futurismo�?, Roma, 1 ottobre, anche se nell'ultimo appare solo il nome di Marinetti [15]. Il manifesto fu abbozzato due anni dopo che Masnata scrisse il libretto per l'opera radiofonica “Tum Tum Lullaby (o Wanda’s Heart)�?. Nel manifesto, loro proposero che la radio fosse liberata dalla tradizione artistica e letteraria e che l'arte radiofonica cominciasse dove il teatro e i film si fermano. Chiaramente, il loro progetto per un'arte di suoni e silenzi evolse dall'arte dei rumori di Russolo e, come Russolo, tentarono di espandere lo spettro di fonti che l'artista può usare in radio. Marinetti e Masnata proposero la ricezione, l’amplificazione e la trasfigurazione delle vibrazioni emesse dagli usi e dalle faccende della vita. Questa proposta fu favorita dal miscuglio di rumori concreti ed astratti e dal “canto�? di oggetti inanimati come fiori e diamanti. Affermarono che l'artista radiofonico (il “radiasta�?) avrebbe creato “parole in libertà�?, effettuando una trasposizione fonetica dell’assoluta libertà tipografica esplorata dagli scrittori Futuristi nella composizione visuale dei loro poemi. Ma anche se l'artista radiofonico non avesse dato voce a parole in libertà, le sue trasmissioni sarebbero dovute essere ancora nello stile parolibero (che deriva dalla nostra “parola in libertà�?) che già circola in romanzi d’avanguardia e nei giornali; uno stile tipicamente veloce, gettante, simultaneo e sintetico. La radio futurista poteva utilizzare parole isolate e ripetere verbi all’infinito. Poteva esplorare la “musica�? della gastronomia, della ginnastica e dell’amore, così come usare simultaneamente suoni, rumori, armonie, in gruppi e silenzi per comporre gradazioni di crescendo e diminuendo. Poteva creare una parte del lavoro con interferenze tra stazioni, o creare costruzioni “geometriche�? di silenzio. Infine, la radio Futurista, indirizzando le masse, voleva eliminare il concetto ed il prestigio del pubblico specializzato, che aveva sempre “un'influenza deformante e denigrante�?. Il 24 novembre 1933, Fortunato Depero e Marinetti fecero le prime trasmissioni futuriste su Radio Milano [16]. Nel 1941, Marinetti pubblicò un'antologia di teatro Futurista con un titolo lungo - “Il sorprendente teatro futurista sintetico (dinamico-alogico-autonomo-simultaneo-atecnico-irreale) radiofonico di musica da sala aeroradiotelevisivo (senza critiche ma con Misurazioni)�? [17] - in cui compilò nove lavori radiofonici di Masnata e cinque suoi (“sintesi radiofonica�?). In tutto il 1930, la radio non solo divenne tecnicamente affidabile ma sintonizzabile, permettendo all'ascoltatore di scegliere fra molte possibilità di programmazione. La radio ora poteva ricevere onde corte, medie e lunghe da distanze considerevoli. Usata per divertimento o utilizzata come mezzo di propaganda politica, la radio divenne un punto di convergenza domestico. Nel 1930 ascoltare la radio divenne un'abitudine generalizzata, quando il mondo era al limite di un altro conflitto mondiale. Il 30 ottobre 1938, il programma domenicale “The Mercury Theater in The Air�? diretto dal ventitreenne Orson Welles e trasmesso dal Columbia Broadcasting System, nel New Jersey, sempre alle 8 di sera, presentò un altro adattamento di un testo letterario, questa volta per celebrare Halloween. Lo scrittore Howard Koch adattò il romanzo scelto da Orson Welles, “The War of The Worlds�? (1898) di Herbert George Wells (1866-1946), aggiornando la storia e trasponendo l'azione ad un luogo virtualmente sconosciuto ma reale, Grovers Mill, nel New Jersey. La scelta era fortuita ma conveniente, in quanto Grovers Mill era vicino all'Osservatorio di Princeton, dove Koch assegnò l'autorità fittizia di Astronomia al professor Pierson. Ancora più importante, Koch strutturò la storia, apparentemente seguendo un suggerimento del Mercury Theater prodotto da John Houseman, intercalando musica e notizie, così sembrò che la musica fosse qualche volta interrotta a causa di eventi strani e flash di notizie che li riportavano alla vita reale. La voce drammatica di Orson Welles informò,a poco a poco, gli ascoltatori, che quelle che prima sembravano esplosioni osservate sulla superficie di Marte, si erano dimostrate poi disturbi causati da oggetti volanti non identificati che erano sbarcati su Grovers Mill. Poi, che i mostruosi invasori Marziani cominciavano ad usare il loro “raggio di calore�? e a puntare il suo “fascio parallelo�? contro tutto ciò che li circondava, bruciando persone vive e distruggendo macchine, case, città. Nonostante molti annunci, durante il programma, che questo era falso, la notizia colse gli ascoltatori appena sintonizzati di sorpresa. Alla fine, quando il professor Pierson lesse la sua agenda e rivelò che i Marziani erano stati sconfitti dai microrganismi terrestri, era troppo tardi. Con voci nervose, attori ed attrici del Mercury Theater descrissero lo sbarco delle macchine di guerra dei Marziani, il fuoco acceso dai raggi mortali, ed il panico dei testimoni. Il pubblico reagì con angoscia e disperazione. Nessuno morì ma molte persone rimasero sconcertate, accaddero fallimenti, furono lasciate case senza pensarci due volte, le strade furono bloccate da ingorghi di traffico enormi e poliziotti e pompieri furono mobilitati contro la minaccia invisibile. A New York City, molti residenti caricarono le loro macchine e partirono dal New Jersey. Telefonate dall'Est sovraccaricarono le linee telefoniche negli Stati Uniti Sud Occidentali ed in Newark, New Jersey, centinaia di dottori ed infermieri chiamarono gli ospedali per dare volontariamente i loro servizi. A Concrete, Washington, blackout accidentale avvenne precisamente nel momento della trasmissione in cui i Marziani stavano prendendo il controllo sul sistema di potere del paese. Nel Sud, le persone si rifugiarono in chiese locali ed in Pennsylvania una donna fu salvata dal suicidio dall’opportuno ritorno a casa del marito. Gli ascoltatori adirati riempirono denunce contro Welles e la CBS, senza conseguenze notevoli. Il contratto di Welles non lo rendeva responsabile delle conseguenze di nessuna trasmissioni di programma, e la CBS non poteva essere penalizzata severamente finché non ci fosse stato un caso simile precedente per basare una valutazione sull'incidente. L'invasione marziana simulata da Welles rivelò, per la prima volta, il vero potere della radio. Esibì l'abilità unica della radio di giocare con la respirazione delle parole e con la sonorità plastica dei suoi effetti speciali per eccitare l'immaginazione dell'ascoltatore. Mostrò come l'affidabilità tecnica del mezzo costruì la sua credibilità, dando veradicità alle notizie trasmesse da essa. Esplorò ritmi temporali unici, mescolando la realtà (la trasmissione durò approssimativamente un'ora) e la rappresentazione (il professor Pierson ci dice alla fine che l'intero evento avvenne in pochi giorni). Il silenzio tra i tagli (da musica a notizie e viceversa) non era semplicemente un'assenza di suono, come in una pausa musicale; fu presentato all'ascoltatore come il tempo di attesa reale per collegare il reporter, che si trovava alla scena dello sbarco, al gruppo nello studio. Forse, anche più significativo fu il fatto che, durante la trasmissione, il panico sentito da milioni di ascoltatori era vero. L'invasione era un avvenimento accaduto nel mezzo radiofonico e questo mezzo era già così radicato nelle vite degli ascoltatori, era così trasparente ed indiscutibilmente affidabile, che la trasmissione non fu sperimentata come rappresentazione o diffusione. Era “iper-reale�? nel senso inteso da Baudrillard, un'esperienza nella quale i segnali, non esistenti in realtà, sono così reali da divenire più reali del reale. [18] Welles fece esplicita la pseudo-trasparenza dei mass media, svelando i meccanismi attraverso i quali i media tentano di crearsi una finestra trasparente sulla verità, il modo in cui finge di ignorare la sua stessa mediazione e l'influenza che ha sull'inconsapevolezza collettiva della società. Senza dubbio, Welles attirò l'ira dei legislatori con un'inclinazione alla censura. La radio e i media elettronici non sarebbero stati mai più gli stessi dopo l'invasione simulata da Marte.


RITRATTI TELEFONICI

Il telefono, l'automobile, l'aeroplano e, chiaramente, la radio, furono, per gli artisti dell’avanguardia dei primi decenni di questo secolo, un simbolo di vita moderna, nel quale la tecnologia poteva tendere a percezione e capacità umane. Comunque, i Dadaisti si allontanarono dall'entusiasmo generale per il razionalismo scientifico e criticarono il potere distruttivo della tecnologia. Nel 1920, nel “Dada-Almanac�?, redatto a Berlino da Richard Huelsenbeck, pubblicarono la proposta irriverente che un pittore ora potrebbe ordinare dipinti per telefono e riceverli fatti da un ebanista. Quest’idea sembrò nell’ “Almanac�? una presa in giro ed una provocazione. L’artista costruttivista ungherese Laszlo Moholy-Nagy (1895-1946) viveva a Berlino in quel periodo, ma è incerto se lo lesse o ne sentì parlare. Quello che è sicuro, è che il futuro membro della Bauhaus, credette che, nel creare arte, le motivazioni intellettuali erano sia valide che emozionanti e decise di provarlo a se stesso. Anni più avanti, l'artista scrisse: “Nel 1922 ordinai per telefono ad una fabbrica di insegne cinque disegni in smalto per porcellana. Ebbi la tabella dei colori della fabbrica di fronte a me e feci i miei disegni su carta millimetrata. All'altro capo del telefono, il supervisore della fabbrica aveva lo stesso genere di carta, diviso in quadrati. Lui disegnò le forme dettate nella posizione corretta. (Era come giocare al gioco degli scacchi per corrispondenza). Uno dei disegni fu trasmesso in tre misure diverse, così che io potei studiare le sottili differenze nelle relazioni di colore causate dall'ingrandimento e dalla riduzione�?. [19] Coi tre ritratti telefonici descritti sopra, l'artista stava portando le sue idee costruttiviste molti passi avanti. Prima, egli doveva determinare precisamente la posizione delle forme nel piano di disegno con i quadratini della carta millimetrata, come in una griglia attraverso la quale gli elementi pittorici prendevano forma. Questo processo di “unione dei punti�?, in un certo senso, anticipò i metodi artistici del computer. Per spiegare la composizione attraverso il telefono, Moholy dovette convertire il lavoro artistico da entità fisica a descrizione dell'oggetto, stabilendo una relazione di equivalenza semiotica. Questa procedura anticipa gli interessi nati più avanti nell’arte concettuale del 1960. Poi, Moholy trasmise i dati pittorici, facendo del processo della trasmissione una parte significativa dell'esperienza complessiva. La trasmissione rappresentò l'idea che l'artista moderno può essere soggettivamente distante, può essere rimosso personalmente dal lavoro. Questo diffuse la nozione che l'oggetto artistico non deve essere il risultato diretto della mano o dell'abilità dell'artista. La decisione di Moholy di chiamare una fabbrica di insegne, capace di offrire precisione industriale definita e scientifica, invece di un pittore dilettante, giustifica i suoi motivi. Inoltre, la moltiplicazione dell’oggetto finale nelle tre variazioni, distrusse la nozione del lavoro “originale�?, puntando verso le nuove forme d’arte che emergono nell'età della riproduzione meccanica. Diversamente dai dipinti sequenziali di Monet, i tre ritratti telefonici simili non sono una serie. Loro sono copie senza un originale. Un altro aspetto interessante del lavoro è che la misura, aspetto fondamentale di ogni pezzo artistico, diviene relativa e secondaria. Il lavoro diviene volatilizzato, essendo capace di essere incarnato in misure diverse. È inutile dire che la scala relativa è una caratteristica dell’arte del computer, dove il lavoro esiste nello spazio virtuale dello schermo e può essere incarnato in un piccolo disegno ed in un murale di proporzioni gigantesche. Nonostante tutte le idee interessanti che ciò annuncia, il caso dei ritratti telefonici è controverso. La prima moglie di Moholy, Lucia, con la quale lui stava vivendo in quel periodo, stabilisce che infatti li ordinò di persona. Nella sua versione dell'esperienza, lei ricorda che lui era così entusiasta quando i dipinti di smalto furono consegnati che esclamò: “L’avrei anche potuto fare per telefono!�? [20]. La terza documentazione personale dell'evento, e da quanto ricordi ce ne sono solamente tre, viene da Sybil Moholy-Nagy, la seconda moglie dell'artista: “Lui doveva provare a se stesso il supra-individualismo del concetto di Construttivismo, l'esistenza di valori visuali oggettivi, indipendenti dall'inspirazione dell'artista e dal suo specifico modo di dipingere. Dettò i suoi dipinti al caposquadra di una fabbrica di insegne, usando una tabella di colori ed una carta millimetrata bianca per specificare la collocazione degli elementi tipo ed il loro colore esatto. Lo schizzo emesso fu eseguito in tre taglie diverse per dimostrare, attraverso le modifiche della densità e le relazioni di spazio, l'importanza della struttura ed il suo diverso impatto emotivo�?. [21] Abbiamo tralasciato la domanda, di solito trascurata dai commentatori, se Moholy usò davvero il telefono oppure no. Anche se evidentemente irrilevante, da quando i tre lavori furono effettivamente dipinti da un impiegato di una fabbrica di insegne secondo le direttive dell'artista e furono chiamati “Ritratti Telefonici�? dallo stesso Moholy-Nagy, questa domanda non può essere totalmente trascurata o chiarita. Lucia sembra chiaramente ricordare l'evento, ma la versione dell'artista, nell'assenza di prove che affermano il contrario, dovrebbe essere preponderante. Si tende a presumere che loro potrebbero essere stati guidati per telefono perché Moholy era un promotore delle tecnologie nuove in generale e delle telecomunicazioni in particolare. Nel libro “Painting, Photography, Film�? [22], originalmente pubblicato nel 1925, lui riprodusse due “fotografie telegrafate senza filo�? ed una sequenza di due immagini che descrisse come esempi di “cinema telegrafato�?, tutto tramite il professor A. Korn. Nello stesso libro, Moholy sembra concludere questo capitolo lanciando un primo appello per far emergere forme d’arte nuova nell'età delle telecomunicazioni: “Gli uomini ancora si uccidono l'un l'altro, non hanno capito ancora come vivono, perché vivono; i politici non riescono a comprendere che la terra è un'entità, anche ora che la televisione (il “Lungimirante Veggente�?) è stata inventata; domani saremo capaci di guardare nel cuore del prossimo, essere dappertutto ed essere ancora soli. (...) Con lo sviluppo della foto-telegrafia, che rende possibile riproduzioni ed illustrazioni accurate per essere fatte istantaneamente, anche i lavori filosofici useranno presumibilmente gli stessi mezzi, sebbene su un piano più alto, come fanno oggi i periodici americani�?. [23] Coi tre “ritratti telefonici�? di Moholy-Nagy, che furono esposti nella sua prima “mostra di un uomo�?, nel 1924, alla galleria Der Sturm, a Berlino, vedemmo l'artista dare credito al potere concettualizzante del cambiamento telefonico. Questo primo esperimento fu riconosciuto dal Museum of Contemporary Art, a Chicago, come precursore dell'arte concettuale del 1960 con l’esposizione “Arte per telefono�?, dal 1 novembre al 14 dicembre del 1969. A trentasei artisti fu chiesto di fare una telefonata al Museo, o rispondere alle telefonate del Museo, e poi informare il personale su quello che sarebbe stato il loro contributo alla mostra. Il Museo produsse poi i pezzi e li mostrò. Fu prodotto un catalogo di registrazioni con le incisioni degli appuntamenti telefonici tra artisti e Museo. Il Direttore del Museo, Jan van der Marck, sostenne che nessuna esposizione di gruppo aveva esaminato le possibilità estetiche della creazione con controllo remoto: “Fare l'assistente telefonico alla creazione ed assumere questo, come un collegamento tra mente e mano, non sono stati mai tentati in alcun modo formale�?. [24] L’ “Arte per telefono�? non rappresentò un evento di arte delle telecomunicazioni. Fu un'esposizione di gruppo di lavori prodotti con un metodo insolito: descrizioni telefoniche seguite dalle creazioni degli stessi curatori. L'artista doveva essere, come nel caso di Moholy, fisicamente assente nel processo. Marck considerò questo un'espansione del sincretismo tra lingua, spettacolo e arti visuali caratteristiche del decennio. L’arte concettuale creò le fondamenta per la comparsa dell’arte delle telecomunicazioni enfatizzando, quella “cosa mentale�? che Duchamp aveva già difeso dal risultato puramente visuale del dipinto retinico. Marck scrisse che i partecipanti vogliono allontanarsi dall'interpretazione di arte come oggetto specifico, fatto a mano, prezioso. Loro valutano il processo al di sopra del prodotto e l’esperienza al di sopra del possesso. Si preoccupano più su tempo e luogo che su spazio e forma. Sono affascinati dall’oggettiva qualità delle parole e della connotazione letteraria delle immagini. Nell’arte rifiutano l’illusione, la soggettività, il trattamento formalista ed una gerarchia di valori. [25] Lo status pionieristico di questa esposizione nello sviluppo dell'estetica delle telecomunicazioni, fu controbilanciato da molti artisti piuttosto intimiditi di rispondere alla sfida di avvalersi dell’uso creativo del telefono. La maggior parte dei partecipanti non aveva mai lavorato prima con le comunicazioni o le telecomunicazioni, ma ciò che è da notare, è che la loro risposta a quest’opportunità unica era ancora legata alla nozione che il lavoro artistico è materializzato in qualcosa di tangibile, anche se non durevole. La maggior parte degli artisti usavano il telefono in maniera convenzionale, offrendo istruzioni per la creazione di oggetti ed installazioni; solamente alcuni osarono trasformare un’esperienza di comunicazione attuale nel lavoro stesso. Le eccezioni più notevoli sono Stan VanDerBeek, Joseph Kosuth, James Lee Byars e Robert Huot. La proposta interattiva di Huot fu la più insolita se non la più precisa. Coinvolse potenzialmente tutti i visitatori del museo e tentò di organizzare i primi incontri “al buio�? usando casualità e anonimia. Furono scelte ventisei città americane, ognuna iniziante con una lettera dell'alfabeto, e furono selezionati ventisei uomini chiamati Arthur, uno in ogni città. La lettera iniziale del cognome di ogni “Arthur�? era la prima dell’elenco delle città (per esempio Arthur Bacon, a Baltimora). Il Museo mostrò un elenco di tutte le città e dei nomi, ed invitò i visitatori a chiamare e chiedere di “Art�?. Il lavoro era la conversazione inaspettata tra “Art�? ed il visitatore, ed il suo sviluppo totalmente indipendente da loro. Il pezzo di Huot, non importa se inteso come un gioco di parole sul titolo della mostra, presenta l'artista come il creatore di un contesto, non di un'esperienza passiva. Trascura la rappresentazione pittorica, rinuncia al controllo sul lavoro ed approfitta delle qualità tempo-reale ed interattive del telefono. Il pezzo fu creato per incrementare relazioni, e così facendo, anticipò molto del lavoro delle telecomunicazioni dei successivi due decenni.


VISUALE TELEFONICA ED OLTRE


Per tutte le implicazioni sociali, politiche e culturali del telefono, o più precisamente, la struttura dialogica del telefono, si è costretti ad osservare che è stata fatta poca attenzione critica. Studi sociologici, storici, tecnici e quantitativi possono fare chiarezza sulle più profonde problematiche del telefono che è adiacente alla linguistica, alla semiologia, alla filosofia ed all’arte. Avital Ronell ha mostrato una telefonata filosofica interurbana senza precedenti e gradita. Poiché la sua conversazione oscilla tra oralità e scrittura nelle ricezioni e risposte di un centralino metaforico, il libro di Ronell [26] ha offerto un nuovo intuito filosofico, una linea di multi-conversazione tra Martin Heidegger, Sigmund Freud, Jacques Derrida e, chiaramente, Alexander Graham Bell. Il gesto di Ronell, benché su un altro piano, è simile a quello di quegli artisti che fin dal tardo 1970 hanno trovato nel telefono una fonte incomparabile per la sperimentazione. Perché il telefono? In qualche modo [il telefono] era la strada più dritta per giungere al regime di un certo numero di certezze metafisiche. Destabilizza l'identità di io ed altro, soggetto e cosa, abolisce l’origine della posizione; mina l'autorità del Libro e minaccia costantemente l'esistenza della letteratura. È incerto della sua stessa identità come oggetto, cosa, pezzo di attrezzatura, intensità perlocutiva od opera d’arte (agli inizi della telefonia si discuteva se fosse un’opera d’arte); si offre come strumento di allarme determinato dal destino, e la forza allontanante del telefono ci induce a instaurare qualcosa come il superego materno. [27] Agli inizi della telefonia si discuteva sui meriti artistici del telefono, basati sulla sua capacità di trasmettere suoni a lunghe distanze, cioè, basati sulla sua somiglianza a quella che oggi noi conosciamo come radio. Sarebbe stato possibile, Bell e altri ricercatori lo speravano, ascoltare l’opera, notizie, concerti e commedie per telefono. Nelle prime conferenze e dimostrazioni di Bell, quando la bidirezionalità del mezzo era ancora un ostacolo tecnico, Watson avrebbe suonato l'organo e cantato al telefono per intrattenere il pubblico e dimostrare le capacità del nuovo apparecchio. Molti decenni più tardi, se il mercato del telefono moltiplicò gli affari, il suo uso nella colloquialità familiare provocò diverse reazioni. John Brooks afferma [28] che H. G. Wells, nel suo “Experiment in Autobiography�? (1934), si lamentava dell'invasione della privacy generata dal telefono. Wells espresse il desiderio di un telefono unidirezionale, così che quando vogliamo avere notizie possiamo chiederlo, e quando non stiamo ricevendo e assimilando notizie, non dovremmo essere costretti a farlo.[29] Wells stava scongiurando l'immagine di una futura stazione radiofonica che trattasse tutte le notizie, la cui creazione, come ha notato McLuhan, sarebbe poi risultata dall’impatto della televisione sulla radio. Ancora più importante, Wells stava reagendo all'intrusione di quel “allarme determinato dal destino�? di cui parla Ronell, a quella “forza allontanante�? del telefono che disturba ed attrae, sconvolge ed arresta. Quando Wells insiste che il telefono dà notizie anche quando lui non lo desidera, dà un avvertimento di quella caratteristica progettuale del telefono, che è l’instaurazione di un discorso (e solo discorso) con altri, in continua richiesta di immediata prontezza. Questa richiesta ha luogo nel dominio linguistico e si dà propriamente risposta tramite una domanda che è allo stesso tempo una risposta equivoca: “sì?�?. Forse quello che è unico sull’ordinaria telefonia è che nel suo circuito, circola solo la lingua parlata. Come ha suggerito Robert Hopper [30], il telefono enfatizza la linearità di segnali dividendo il suono da tutti gli altri sensi, isolando l'elemento vocale di comunicazione dalla sua naturale congruenza con il facciale ed il gestuale. Separando l’udibile dalla sua interrelazione col visuale ed il tattile, e distinguendo gli interlocutori dalla comunità vocale, il telefono astrae i processi di comunicazione e rinforza il fonocentrismo di Western [31], ora tradotto in un telefonocentrismo raggiungibile. Teorici come Ronell ed artisti delle telecomunicazioni impiegarono le proprie forze per destabilizzare questo fonocentrismo, e di conseguenza contribuire a sopprimere gerarchie e centralizzazioni di significato, conoscenza ed esperienza. Nel ventesimo secolo, quello che Derrida chiama fonocentrismo si può fare risalire a Saussure, e Hopper trova cautamente il limite di Saussure nel telefono. Hopper sostiene il suo argomento con il fatto che Saussure visse a Parigi quando la città vide la rapida espansione della telefonia. Ma ancora di più, lui ci ricorda che il telefono fu inventato da un insegnante per la comunicazione tra sordi (Bell) ed insiste sull’acuta somiglianza del circuito di parole di Saussure con la comunicazione telefonica. [32] Nel quasi scientifico isolamento vocale della telefonia e nell’assenza di locutori, il discorso appare forte della sua struttura lineare e si offre per un’investigazione teoretica (ed artistica). Poiché quest’entità esclude tutte quelle diverse dall'immediatezza vocale, il telefono dà ampia dimostrazione della sua struttura metafisica e platonica. Ma quando si focalizza l’attenzione su molti particolari dell’esperienza telematica, si scoprono nuove intuizioni sulla struttura del telefono che contribuiscono ad una possibile deconstruzione di quella struttura. Forse l'aspetto più rilevante della nuova sintassi telefonica è il suo recente assorbimento tecnico dell'elemento grafico. Ora non solo è tecnicamente possibile parlare, ma scrivere col telefono (e-mail), stampare (fax), produrre e registrare suoni e video (segreteria telefonica, slow-scan TV, videotelefono). Come abbiamo visto, è anche molto probabile che in futuro, la fibra ottica ci darà accesso al telecyberspazio. Il telefono sta divenendo il mezzo per eccellenza di quella scrittura “allargata e radicalizzata�? che segnala Derrida, ma contrariamente a quello che si potrebbe ipotizzare, più il telefono diventa “muto�? più il suo ruolo diventa centrale nelle nostre vite. È chiaro che il telefono sta scomparendo lentamente ma continuamente, essendo la sua esistenza dipendente esclusivamente dall’oralità, ma le implicazioni culturali di questo nuovo aspetto della vita contemporanea continuano ad essere elaborate ulteriormente come un'esperienza estetica. Se l'artista può avere un incontro unico con la tecnologia perché è un esperto consapevole dei cambiamenti nella percezione sensoriale, come voleva dire McLuhan [33], poi è l'artista che istigherà la scoperta di nuovi reami di esperienza oltre la cognizione ordinaria. Oggi un piccolo numero di artisti pieni di spirito di genuina indagine artistica si stanno voltando indietro sul mercato dell’arte e si stanno organizzando per creare eventi di telecomunicazioni nei luoghi senza luogo delle trasmissioni. Sin dal 1982, dopo le pionieristiche attività di telecomunicazione di Bill Bartlett, Stan VanDerBeek e Liza Bear, Bruce Breland, Matt Wrbican e altri membri del gruppo Dax con sede a Pittsburgh (che ora ha degli affiliati a Bellingham, Washington), hanno lavorato costantemente con fax e slow-scan TV come media artistici. Dax ha creato o ha partecipato ad eventi di telecomunicazione nei quali linee telefoniche sono intasate con segnali che provengono da molte direzioni trasportando informazioni grafiche. Queste interazioni spesso includono anche gli altri media (ballo, musica del computer, ecc.), attraversano zone molte volte, sono disperse geograficamente e stabiliscono vari generi di relazioni tra partecipanti. Bruce Breland, Direttore del gruppo, scrisse che il concetto di sistemi interattivi ha annullato i vecchi confini del regionalismo o dell’arte nazionalistica. La telematica ha creato la possibilità di una nuova struttura per la partecipazione interattiva tra individui e gruppi. La telematica offre mezzi per la disseminazione istantanea ed immediata di informazioni, garantendo all'individuo una scelta tra il semplice recupero o più complessi eventi di arte collaborativa. [34] Una delle loro prime attività fu la partecipazione in “The World in 24 hours�? (1982), una rete globale organizzata da Robert Adrian per Ars Electronica, in Austria, che collegò sedici città in tre continenti per un giorno ed una notte. Tre anni dopo, sfruttarono la nozione di interazione mondiale con “The Ultimate Contact�?, un pezzo per la slow-scan TV creato sulla radio FM in collaborazione con lo space shuttle Challenger, in orbita intorno alla Terra. Il gruppo Dax partecipò anche nelle più grandi reti realizzate da riconosciute istituzioni artistiche, come il laboratorio di telecomunicazione “Ubiqua�? (1986) alla quarantaduesima Biennale di Venezia. In essa, parteciparono con un testo (IP Sharp), slow-scan TV, e fax. Più recentemente, furono i primi a collaborare con artisti africani in un evento di telecomunicazione. Nel luglio del 1990, crearono “Dax Dakar d’Accord�?, uno scambio tramite slow-scan TV con artisti di Pittsburgh e Dakar, in Senegal, come parte della quinquennale commemorazione Senegalese della Diaspora africana, il “Goree-Almadies Memorial�?. [35] I partecipanti di Dakar inclusero Breland, Wrbican, Bruce Taylor, Mor Gueye (per i dipinti sul vetro), Serigne Saliou Mbacke, De C.A.S.A. (per i dipinti con la sabbia), Les Ambassadeurs (per ballo e musica), Le Ballet UnitZ¥ Africaine (per balli e musica), e Fanta Mbacke Kouyate che esegue “Goree Song�?, che rappresenta l’Isola di Goree in Dakar Harbour, tenuta e luogo di imbarcazione per il commercio degli schiavi che ebbe luogo per più di quattrocento anni. In Brasile, o forse dovrei dire, dentro e fuori il Brasile, artisti come Mario Ramiro, Gilberto Prado (membro della French Art Reseaux), Paulo Bruscky e Carlos Fadon hanno lavorato con le telecomunicazioni fin dall’inizio o dalla metà del 1980. Gli eventi creati da questi artisti, alcuni dei quali hanno occasionalmente lavorato insieme, effettuarono collaborazioni sia su scala nazionale che internazionale. Mario Ramiro, che ora vive in Germania, è anche un scultore che lavora con l’assenza di gravità e con la radiazione infrarossa. Egli ha dato inizio ed ha partecipato in molti eventi di telecomunicazione con fax, slow-scan TV, videotext, dirette televisive e radio. Egli ha anche scritto molto sull’argomento. Paulo Bruscky, da Recife, conosciuto per il suo lavoro in xerografia e mail-art, è uno dei pochi artisti brasiliani ad essere stato onorato della collaborazione con Guggenheim. Il suo primo lavoro in telecomunicazione comportò esperimenti con telex e fax. Carlos Fadon, che visse a Chicago ed ora tornato a San Paolo, è un fotografo ed artista di computer il cui lavoro è parte di molte raccolte internazionali. Uno dei più originali pezzi per la slow-scan TV [36] è “Natureza Morta ao Vivo�? (“Still Life/Alive�?) il quale propone che una volta che un artista (A) spedisce un'immagine ad un altro (B), l'immagine ricevuta diviene lo sfondo per una vita ancora viva. L'artista (B) pone oggetti di fronte all'immagine elettronica e la combinazione di oggetto ed immagine sono catturate su un fotogramma video, il quale ora è spedito di nuovo all'artista (A). Questo artista ora usa questa nuova immagine come sfondo per una nuova composizione con oggetti nuovi e la spedisce all'artista (A). Questo processo è ripetuto di continuo, così che la generazione di un’opera ancora in vita rimane un lavoro in progresso attraverso il quale ha luogo un dialogo visuale. A Parigi, in Francia, il gruppo Art Reseaux, formato da Karen O'Rourke, Gilberto Prado, Christophe Le François ed altri, stanno sviluppando elaborati progetti come “City Portraits�? di O'Rourke [37], che mettono in viaggio i partecipanti in una rete globale in città immaginarie tramite scambi di immagini fax. Il progetto, di solito, comprende la creazione iniziale di un paio di immagini, la tappa iniziale e finale, che gli altri artisti prendono poi come estremi del percorso che esploreranno nella metamorfosi dello scambio di immagini attraverso la linea telefonica. Gli artisti creano le tappe iniziali e finali usando le immagini delle città nelle quali vivono, manipolando le altre immagini per formare panorami sintetici o anche mescolando aspetti delle esperienze dirette ed immaginarie dell'ambiente urbano. Gilberto Prado ha lavorato sul progetto “Connect�?, che implica almeno due luoghi e due macchine per fax in ogni luogo. È chiesto agli artisti in ogni luogo di non tagliare il rotolo di carta termale nella macchina quando le immagini fax cominciano ad apparire. Invece, è chiesto loro di inserire quel rotolo in un'altra macchina per fax ed interferire nelle immagini durante il processo. Si crea poi un ciclo, non solo connettendo gli artisti ma le loro stesse macchine. Questa nuova configurazione forma un cerchio nello spazio elettronico, collegando, in una topologia immaginaria, città che possono essere lontane come Parigi e Chicago. Come esempio di possibili sistemi di interazione oltre ai modelli lineari, Prado progettò un diagramma circolare in cui le mani (e non le bocche o gli orecchi degli interlocutori) sono gli organi usati per la comunicazione. Il progetto più recente di Le François è “Infest�?, nel quale gli artisti sono invitati ad investigare esteticamente su quel nuovo aspetto di vita contemporanea che è il deterioramento di immagini e documenti, dovuto alla contaminazione ed infezione da virus tramite il computer. Durante gli scambi, le immagini sono soggette a manipolazioni che tentano di distruggerle e ricostruirle (infezione/disinfezione), puntando alla nuova condizione di decadimento elettronico nel mondo dell’epidemiologia digitale. Come le metafore dell’esistenza umana continuano a mescolarsi con quelle dell’esistenza cybernetica, i disegnatori imparano come affrontare problemi di rappresentazione e gli artisti equiparano la comunicazione remota all’interazione faccia a faccia. Riconoscendo l’importanza della telefonia nell’arte, Karen O'Rourke riflettè sulla natura degli scambi di fax come una pratica artistica: “La maggior parte di noi oggi non ha preso dipinti (neppure fotografie) come punto iniziale per le nostre immagini, ma il telefono stesso. Non solo l'usiamo per spedire immagini ma anche per riceverle. Questo ritorno, quasi istantaneo, trasforma la natura del messaggio che noi inviamo, proprio come la presenza di un pubblico dal vivo infetta il modo in cui gli attori interpretano i propri ruoli o i musicisti i propri spartiti�?. [38] Tradizionalmente, come nella relazione segno/idea, la rappresentazione (dipinto, scultura) è quella che ha luogo come assenza (il segno è ciò che evoca l'oggetto nella sua assenza). Similmente, l’esperienza (avvenimenti, spettacoli) è quella che ha luogo come presenza (si sperimenta qualcosa solamente quando questo qualcosa è presente nel campo della percezione). Nell’arte delle telecomunicazioni, la presenza e l'assenza prendono parte ad una chiamata interurbana che sconvolge i poli della rappresentazione e dell’esperienza. Il telefono è in continuo spostamento; è logocentrico ma il suo spazio fonetico, ora congrue con sistemi di scrittura (fax, e-mail ecc.), trova significato nell’assenza più tipicamente associata alla scrittura (assenza di mittente, assenza di destinatario). Il telefono sposta momentaneamente presenza e assenza ad esperienze istantanee non come mera presenza, ma, come scrisse Derrida, come “catene di segni differenziali�?[39].


CONCLUSIONE


Come si vede nelle pagine precedenti, la nuova estetica certamente tracciò la via d’uscita al problematico titolo di belle arti. I ruoli di artisti e pubblico divengono interconnessi; l’esposizione in un luogo pubblico, dove oggetti fisici impegnano la percezione dell'osservatore, perde la sua posizione centrale; la vera importanza del significato e della rappresentazione nelle arti visuali, associata alla presenza dell'artista e alle stabili convenzioni semio-linguistiche, è rivista e neutralizzata dalla struttura sperimentale delle comunicazioni. Avendo progredito dai primi esperimenti perseguiti da artisti associati al movimento dell’arte concettuale, dove linguaggio e media erano prima sperimentati programmaticamente come reami artistici, l’arte delle telecomunicazioni offre un nuovo contesto per il dibattito postmoderno. Le nostre nozioni tradizionali sugli scambi simbolici sono state relativizzate da nuove tecnologie, dalle segreterie telefoniche alla telefonia cellulare, dagli sportelli di prelievo automatico ai computer con interfaccia vocale, dai sistemi di sorveglianza ai satelliti, dalla radio ai modem senza fili, dalle reti di trasmissione alle reti e-mail, dalla telegrafia alle comunicazioni a spazio libero. Niente in questi promotori di rapporti sociali autorizza ad avere né sferzante ottimismo né mera trascuratezza ; loro chiedono una rottura dal concetto di comunicazione come trasmissione di un messaggio, come espressione della coscienza di ognuno, come corrispondente di un significato pre-definito. L'uso sperimentale delle telecomunicazioni da parte degli artisti punta a nuove problematiche culturali e ad un'arte nuova. Come descrivere, per esempio, l'incontro ora possibile tra due o più persone nello spazio delle immagini in una video telefonata? Se due persone possono parlare contemporaneamente al telefono, se le loro voci possono incontrarsi e sovrapporsi, cosa dire della nuova esperienza di teleconferenza nello spazio reciproco delle immagini? Cosa dire di tutti i modelli di telecomunicazione [40] che non tengono conto del tessuto di collegamenti multidirezionali delle reti planetarie? Dopo l’arte minimalista e concettuale, è sufficiente ritornare alla parodia ed imitazione di elementi decorativi nei dipinti? E che dire dell'ibridazione dei media che ora comprime le dimensioni di grandi processi informativi in poco spazio? Come trattare con i nuovi ipermedia che uniranno in un unico apparecchio il telefono, la televisione, la segreteria telefonica, video dischi, registratore di suoni, computer, fax/e-mail, videotelefono, elaboratori di testi e tant’altro? Come possono esistere chi riceve o chi trasmette come valori positivi, se è solamente nell'atto della connessione, solamente negli incroci degli scambi telefonici che tali posizioni si costituiscono temporaneamente? Artisti contemporanei devono osare lavori creati con mezzi materiali ed immateriali del nostro tempo ed indirizzare l'influenza penetrante delle nuove tecnologie in ogni aspetto della nostra vita, anche se questo implica interagire da lontano, rimanere invisibili, a debita distanza dal mercato dell’arte e dai suoi complici. Citando Derrida [41], per concludere: “Non si vede mai un'arte nuova, si pensa di vederla; ma un’“arte nuova�?, come dice la gente semplicisticamente, può essere riconosciuta dal fatto che non è riconosciuta, si direbbe che non può essere vista perché si è privi non solo di una dissertazione adeguata che organizzi l'esperienza della stessa arte ma anche perché si lavora sul nostro apparato ottico, sulla nostra visione più elementare. Ed ancora, se questa “arte nuova�? sboccia, è perché all'interno del vago terreno dell'implicito, qualcosa sta già nascendo, sta sviluppandosi.


REFERENZE E NOTE


1 - Claude E. Shannon e Warren Weaver, The Mathematical Theory of Communication (Urbana: The University of Illinois Press, 1949).

2 - Roman Jakobson, "Linguistics and Poetics", Style in Language (New York: MIT Press, 1960), Thomas Sebeok, org., pp. 353-356.

3 - Due esempi basati sull’esperienza personale: A) nel 1989, io e Carlos Fadon (a Chicago), Bruce Breland e Matt Wrbican (a Pittsburgh) e Dana Moser (a Boston) collaborammo in “Three Cities�?, uno scambio slow-scan effettuato attraverso una chiamata a tre linee; B) nel 1990, io e Fadon suggerimmo a Bruce Breland la creazione di un evento di telecomunicazione internazionale da chiamare “Impromptu�?, nel quale gli artisti avrebbero tentato di prendere parte in conversazioni con telemedia (fax, SSTV, ecc.) nello stesso modo improvvisato dalle conversazioni faccia-a-faccia. “Earth Day�? stava per essere presto celebrato, e Bruce ci suggerì di espandere l'idea di includere il contesto ecologico e renderlo “Earth Day Impromptu�?. Io e Fadon fummo d'accordo, e cominciammo a lavorare con Bruce ed il gruppo Dax, e con Irene Faiguenboim per organizzarlo. Poi, l’esperienza di Bruce con le grandi reti si dimostrò cruciale: lavorando con gli altri membri di Dax, rese possibile una chiamata di conferenza SSTV molto lunga con molti artisti in paesi diversi, che furono, insieme al fax ed alla rete di videotelefono, parte del “Earth Day Impromptu�?.

4 - Hans Magnus Enzensberger, “Constituents of a Theory of the Media�?, Video Culture (New York: Visual Studies Workshop Press, 1986), John Hanhardt, ed., p.104.

5 - Sull'uso da parte degli Artisti di sistemi di comunicazione interattivi basati sul telefono dal 1977-1984 (inedita tesi master sottoposta al City Art Institute, Sidney College of Advanced Education), 1986, p. 18, Eric Gidney diede un resoconto degli eventi di telecomunicazione dell’artista pionieristico Bill Bartlett ed anche della sua disapprovazione con la risposta dell’altro artista: “Bartlett fu costernato dalla rapacità di molti artisti del Nord America, che erano disposti a collaborare solamente finché questo favoriva le proprie carriere. Notò che alcuni artisti avevano semplicemente rifiutato di rispondere dopo che un progetto era completato. Si sentì trascurato, sfruttato e “consumato�?. Assalito da seri dubbi, decise di ritirarsi da ogni coinvolgimento col lavoro di telecomunicazioni�?. Gidney riassume anche il lavoro di telecomunicazione dell’artista pionieristica Liza Bear, e la cita (p. 21): “Una struttura gerarchica non è concettualmente ben appropriata e non crea per gli artisti la migliore atmosfera per la comunicazione. Questo [il mezzo] ha successo solamente in regioni dove artisti e persone del video hanno già un buon curriculum di lavoro collettivo, scambio di idee e preparazione del materiale�?.

6 - Jean Baudrillard, “Requiem for the Media�?, Video Culture (New York: Visual Studies Workshop Press, 1986), John Hanhardt, ed., p. 129. Baudrillard espone il problema della mancanza di responsabilità (o irresponsabilità) dei media con chiarezza: “Tutta l’architettura dei media esistente si fonda su questa definizione più recente: essi sono ciò che anticipa sempre una risposta, attuando tutti i processi di scambio impossibili (eccetto nelle varie forme di simulazione di risposta, esse stesse integrate nel processo di trasmissione, lasciando così intatta la natura unilaterale della comunicazione). Questa è la vera astrazione dei media. Ed il sistema di controllo sociale ed il potere è radicato in esso�?. Per ripristinare la possibilità di responso (o responsabilità) nella configurazione attuale dei media di telecomunicazioni sarebbe necessario provocare la distruzione della struttura dei media esistente. E questo sembra essere, come Baudrillard si affretta ad indicare, l'unica possibile strategia, almeno su un livello teoretico, perché, avere potere sui media o sostituire il suo contenuto con un altro significa preservare il monopolio del discorso.

7 - Vedi: Kac, E., “Arte pelo telefone�?, O Globo, 15 settembre, 1987, Rio de Janeiro; “O arco-íris de Paik�?, O Globo, 10 luglio, 1988, Rio de Janeiro; “Parallels between telematics and holography as art forms�?, in Navigating in the Telematic Sea, Bruce Breland, ed., New Observations, 76, New York, maggio-giugno 1990, p. 7; Kac, E., “Ornitorrinco: Exploring Telepresence and Remote Sensing�?, in Connectivity: Art and Interactive Telecommunications, Roy Ascott and Carl Eugene Loeffler, eds., Leonardo, Vol. 24, N.2, 1991, p. 233; Kac, E., “On the notion of art as a visual dialogue�?, in Art Reseaux, Karen O'Rourke, ed., UniversitZ¥ de Paris I, PanthZ¥on-Sorbonne, Parigi,1992, pp. 20-23.

8 - Art Com (una rivista di discussione on-line), Tim Anderson e Wendy Plesniak, eds., Numeri 40, Vol. 10, agosto 1990 riguardo al Dax Group.

9 - Ascott, R., “Art and Telematics�?, in Art Telecommunications, Heidi Grundmann, ed., The Western Front, Vancouver, Canada (Shakespeare Company, Vienna, Austria), 1984, pp. 25-58.

10 - O'Rourke, K., "Notes on Fax-Art", in Navigating in the Telematic Sea, Bruce Breland, ed., New Observations, 76, New York, maggio-giugno 1990, pp. 24-25.

11 - Gidney, E., "The Artist's use of telecommunications: a review", Leonardo, Vol. 16, N.41983,pp. 311-315

12 - Forest, F., "Communication Esthetics, Interactive Participation and Artistic Systems of Communication and Expression", in Designing the Immaterial Society, Design Issues special issue, Marco Diani, ed., Vol. IV, Ns. 1 & 2, University of Illinois, Chicago, pp. 97-115.

13 - Robert Adrian X si rivolge a questo problema quando osservò (“Communicating�?, in Art Telecommunications, Heidi Grundmann, ed., The Western Front, Vancouver, Canada (Shakespeare Company, Vienna, Austria), 1984, pp. 76-80): “Nessuno nell’Europa orientale può avere accesso ad attrezzatura telefax o ad attrezzatura di computer timesharing… e la situazione è molto più difficile in Africa e nella maggior parte dell’Asia e dell'America Latina. Se queste parti del mondo saranno prese in considerazione per essere incluse nei progetti di telecomunicazioni degli artisti, questo deve avvenire a livello della tecnologia elettronica ACCESSIBILE… il telefono o la radio ad onde corte. 14 - Il 28 ottobre 1991, Jaron Lanier fece una conferenza all'auditorium della School of The Art Institute of Chicago. In quell'occasione ebbi l'opportunità di chiedergli che cosa intendesse con questa frase spesso citata e raramente spiegata [“comunicazione post-simbolica�?]. Lanier spiegò che una delle direzioni che prevedeva per la realtà virtuale era quella di prenderne il controllo tramite le compagnie telefoniche, così da rendere possibile il timesharing nel cyberspazio. Con questi presupposti, sarebbe stato possibile a persone in luoghi distanti, che indossano data-vestiti, di incontrarsi nel cyberspazio. Queste persone sarebbero capaci di usare il pensiero visuale su una base regolare e comunicare utilizzando mezzi diversi dai vocaboli parlati; sarebbero capaci di esprimere un'idea semplicemente rendendo quest'idea visibile nel cyberspazio, o manipolando il loro stesso data-corpo o i data-corpi dei loro interlocutori [indicando con “data-corpo�? il corpo umano di un utente della realtà virtuale, per come è visto dall'utente una volta immerso nel cyberspazio]. Questo genere di comunicazione, realizzato con un uso dei segnali visuali ancora simbolico ma forse più diretto, è quello che Lanier chiamava “comunicazione post-simbolica�?. La sua “Realtà Costruita per Due�?, o “RB2�?, indica un passo in questa direzione, e possiamo aspettarci che anche il videotelefono venga utilizzato per esserne di supporto. 15 - Luciano Caruso, Manifesti Futuristi (Firenze: Spes-Salimbeni, 1980), pp. 255-256. 16 - Pontus Hulten, org., Futurism & Futurisms (Venice and New York: Palazzo Grassi and Abbeville Press, 1986), p. 546. 17 - Fillipo Marinetti, Il sorprendente teatro futurista sintetico (dinamico-alogico-autonomo-simultaneo-atecnico-irreale) radiofonico di musica da sala aeroradiotelevisivo (senza critiche ma con Misurazioni) (Napoli: Clet, 1941). Alcune parole in questo titolo furono neologismi coniati da Marinetti e lasciano spazio ad interpretazioni multiple. Le mie scelte nella traduzione del titolo sono solo alcune delle possibili soluzioni. 18 - Jean Baudrillard, Simulations (New York: Semiotext(e), 1983) p 54. Ora i media di telecomunicazione cancellano la distinzione tra se stessi e ciò che era prima percepito come qualcosa da essi separata, totalmente diverso ed indipendente da essi, qualcosa che una volta chiamavamo “reale�?. Baudrillard chiama questa situazione “iper-reale�?, o “iper-realtà�?. Questa mancanza di distinzione tra segno (forma o mezzo) e referente (contenuto o reale) come enti stabili si allontana da McLuhan ed allo stesso tempo si avvicina al nuovo criticismo letterario riassunto da Derrida. In quello che è probabilmente la sua composizione più celebre, “The Precession of Simulacra�?, egli ancora una volta dà credito all’idea di McLuhan che nell'età elettronica i media non sono più identificabili come opposto al suo contenuto. Ma Baudrillard va avanti dicendo che: “Non c’è più il mezzo in senso letterale: ora è intangibile, diffuso e diffranto nel reale, e non può essere neppure più detto che il secondo è distorto da esso�?. 19 - Laszlo Moholy-Nagy, The New Vision and Abstract of an Artist (New York: Wittenborn, 1947), p. 79. 20 - Kisztina Passuth, Moholy-Nagy (New York: Thames and Hudson, 1985), p. 33. 21 - Sybil Moholy-Nagy, Moholy-Nagy; Experiment in Totality (Massachusetts: MIT Press, 1969), p XV. 22 - Laszlo Moholy-Nagy, Painting, Photography, Film (Massachusetts: MIT Press, 1987). 23 - Moholy-Nagy [Painting, Photography, Film], pp. 38-39 24 - Art by Telephone, catalogo delle registrazioni dell’esposizione, Museum of Contemporary Art, Chicago, 1969. 25 - Art by Telephone, op. cit. 26 - Avital Ronell, The Telephone Book; Technology, Schizophrenia, Electric Speech (Lincoln: University of Nebraska Press, 1989). 27 - Ronell, op. cit., p. 9. 28 - John Brooks, "The First and Only Century of Telephone Literature", in The Social Impact of the Telephone, Ithiel de Sola Pool, ed., (Massachusetts: MIT Press, 1977), p. 220. 29 – Citato da Brooks, op. cit., p. 220. 30 - Robert Hopper, "Telephone Speaking and the Rediscovery of Conversation", in Communication and the Culture of Technology, Martin J. Medhurst, Alberto Gonzalez and Tarla Rai Peterson, eds., (Pullman: Washington State University, 1990), p. 221. 31 - La storia della civiltà Occidentale, la storia della nostra filosofia, è una di quelle cose che Derrida chiama “metafisica della presenza�?. È una storia del privilegio della parola parlata che è pensata come espressione immediata e diretta della coscienza, come presenza o manifestazione della coscienza a se stesso. In un evento di comunicazione, per esempio, il significante sembra divenire trasparente, come per permettere al concetto di rendersi presente per quello che è. Derida dimostra che questo ragionamento non solo è presente in Platone (solo il linguaggio parlato genera verità) ed Aristotele (le parole parlate come simboli dell'esperienza mentale), ma anche in Descartes (essere è pensare, o pronunciare questa proposizione nella propria mente), Rousseau (la condanna della scrittura come distruzione della presenza e come malattia del discorso), Hegel (l'orecchio che percepisce la manifestazione dell'attività ideale dell'anima), Husserl (il significato come regalo alla coscienza nel momento del discorso), Heidegger (l'ambiguità della “voce dell’essere�? che non è udita), e virtualmente in alcuni esempi dello sviluppo della filosofia Occidentale. La base e le implicazioni di questo logocentrismo/fonocentrismo non sono ovvie e se ne deve cercare il funzionamento. Derrida spiega che la lingua è impregnata da e con queste nozioni; perciò, in ogni proposizione o sistema di investigazione semeiotica, le assunzioni metafisiche coesistono con il proprio criticismo, tutte le affermazioni del logocentrismo mostrano anche un altro lato che li indebolisce. Vedi Jacques Derrida, Of Grammatology (Baltimore and London: John Hopkins University Press, 1976); anche Jacques Derrida, Positions (Chicago: University of Chicago Press, 1981).

32 – Quello di cui Hopper non tiene conto è il fatto che, nella sua discussione di rapporti linguistici, Saussure utilizza solo esempi di scambi faccia a faccia, eliminando rapporti telefonici. Saussure (Corse in General Linguistics (New York: McGraw-Hill, 1966), p. 206): “Mentre il provincialismo rende gli uomini sedentari, i rapporti li obbligano al movimento. I rapporti portano i passanti dalle altre località in un villaggio, spostano una parte della popolazione ogni qualvolta ci sono feste o fiere, uniscono uomini da diverse province nell'esercito, ecc.�?. 33 - Marshall McLuhan, Understanding Media (New York: McGraw-Hill, 1964) p. 18. 34 - Breland [New Observations], p.10. 35 - Per una lista completa, vedi Art Com, Number 40, Vol. 10, agosto 1990. 36 - Carlos Fadon, “Still Life/Alive�?, in Connectivity: Art and Interactive Telecommunications, Roy Ascott and Carl Eugene Loeffler, eds., Leonardo, Vol. 24, N.2, 1991, p. 235. 37 - Vedi Connectivity: Art and Interactive Telecommunications, p. 233. 38 - O'Rourke, “Notes on Fax-Art�?, op. cit., p. 24. 39 - Jacques Derrida, Limited Inc (Evanston, IL: Northwestern University Press, 1988), p. 10. 40 - Per un resoconto dei modelli di comunicazione, vedi Denis McQuail e Sven Windahl, Communication Models for the Study of Mass Communications (London and New York: Longman, 1981). 41 - Jacques Derrida, “Videor�? in Passages de L'Image (Barcelona: Caixa de Pensions, 1991), p. 176. “Passages de L'Image�? era un'esposizione viaggiante delle arti dei media (video, olografia, rappresentazione di immagini digitale, ecc.) organizzata dal MusZ¥e National D’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi.

http://www.ekac.org/Telecom.Paper.Siggrap.html

Originariamente pubblicato in SiSIGGRAPHisual Proceedings, John Grimes and Gray Lorig, Editors (New York: ACM, 1992), pp. 47-57. Ripubblicato in Inghilterra e in Germania in Zero -- The Art of Being Everywhere, Robert Adrian X and Gerfried Stocker, Editors (Graz, Austria: Steirische Kulturinitiative, 1993), pp. 24-32, 40-48, 62-69, 75-92. Ripubblicato anche in Inghilterra e in Ungheria nella rivista artistica �?rnyékkötôk, N. 15, Vol. 6, Budapest, Hungary; e in portoghese nel libro Comunicação na Era Pósmoderna, Monica Rector ed Eduardo Neiva (editori), Editora Vozes, Rio de Janeiro, 1998, pp. 175-199. Questo documento tratta la storia e la teoria dell’arte delle telecomunicazioni prima di Internet, dalla prima radio di avanguardia e i Dipinti Telefonici di Moholy-Nagy ai recenti lavori di collaborazione internazionale.


Opera sul linguaggio animato in portoghese che fu parte della galleria di videotex Brasil High Tech usando sistemi di videotex brasiliani.


Eduardo Kac, “Conversation�? un’opera Slow-Scan TV realizzata al Centro Cultural Três Rios, a San Paolo, il 17 novembre, 1987.


RETRATO SUPOSTO -- ROSTO ROTO (Presumed Portrait -- Foul Face), 1988 Eventi di telecomunicazione tra Rio de Janeiro e San Paolo unendo fax e live TV.


Uno scambio in diretta concepito ed organizzato da Eduardo Kac che ebbe luogo il 10 dicembre, 1990, tra un gruppo di artisti di Chicago ed un altro gruppo del Center For Creative Inquiry, alla Carnegie-Mellon University, Pittsburgh.


Eduardo Kac, Elastifax 2, 1994