Discussione:Goya,"pinturas negras".

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Francisco Goya

Contesto Storico:

L’artista in questione è annoverabile tra i caratteri poliedrici e trasformisti che animano gli anni dominati dal neoclassicismo, movimento artistico filosofico sviluppatosi in Europa tra il XVIII e il XIX secolo che esalta la ragione a discapito dei più intimi e controversi sentimenti umani irrazionali, un’opposizione incisiva all’animo artificioso del barocco e del rococò, un recupero audace della leggerezza delle forme e della luminosità. La ragione si fa mezzo efficace per evadere dall’ignoranza rassicurante imposta dai monarchi, facendosi elemento di uguaglianza tra gli uomini. Il Goya professa con forza e sarcasmo questo ideale che si mostra con chiarezza in una situazione assai controversa e ostinata, dominata da dogmi fanatici di una Chiesa che professava la Santa Inquisizione e la punizione irreversibile degli "eretici". Uno scorcio di tempo che si articolò dal 1478 al 1820 in Spagna, una carneficina atta a punire gli infedeli sottoponendoli a disumane torture di cui la Santa Chiesa si servì per commettere i suoi efferati crimini contro l'umanità. Goya fu un filtro artistico che colse le brutture sociali, la follia del mondo, la stoltezza della società spagnola e ne ritrasse i tratti somatici magnificamente nei suoi dipinti.[1]

Biografia:

Francisco Goya (Fuendetodos, 30 marzo 1746 – Bordeaux, 16 aprile 1828) è uno dei più significativi pittori e incisori spagnoli ed è considerato uno degli artisti più importanti del XVIII e XIX secolo. Quartogenito nasce in una famiglia cui il padre, un maestro doratore di origini basche, e la madre appartenente ad una famiglia decaduta della piccola nobiltà aragonese. Nel 1749 la famiglia Goya y Lucientes si trasferì a Saragozza. Qui Francisco frequenta gratuitamente il collegio delle Scuole Pie dei Padri Scolopi, il percorso scolastico si rivela poco interessante e costante ma una risorsa in merito al fatto che il giovane Goya incontra Martín Zapater con cui conduce un amicizia duratura destinata a protrarsi nel tempo, testimoniata dalle innumerevoli fonti epistolari. L’artista rivela una predilezione non indifferente per la pittura e il disegno e a 14 anni diviene apprendista presso lo studio del pittore José Luzán y Martínez. La carriera effettiva dell’artista inizia nel 1763 quando inizia a collaborare con i due fratelli pittori madrileni Francisco e Ramón Bayeu y Subias. Con l’aiuto di Francisco Bayeu, nel 1774 fa il suo ingresso alla corte di Spagna che diviene la committenza principale di “el pintor”. Nel 1786 Goya ottiene da Carlo III la nomina a primo pittore di corte, confermata dal successivo governante. Nel 1819 vecchio e malato decide di ritirarsi ufficiallmente dalla vita di corte trasferendosi nella periferia di Madrid in una casa in campagna che prende il nome di “Quinta del Sordo”. Nel 1824 si trasferisce in Francia nella città di Bordeaux in cui vi rimane fino alla morte sopraggiunta nel 1828.

Poetica:

Una pittura animata da un sottile sarcasmo, al fine di evidenziare l'ignoranza, la superstizione e l'incapacità dei membri della classe dominante. Un evidente ritratto dei vizi e delle miserie umane, reso in chiave allegorica, sarcastica e satirica atta a una concreta denuncia sociale che raffigura i mali che affliggevano la società spagnola: la superstizione che si nutriva dell'ignoranza del popolo, la corruzione che dilagava tra il clero e la nobiltà. Un artista che si oppone con vigore e intelligenza al regime d'ignoranza fondato sui dogmi della morale ortodossa cattolica. Voce isolata nel panorama artistico neoclassico, Francisco Goya rifiutò l'estetica astratta e idealizzante della sua epoca. La sua arte propone un rinnovamento che anticipa soluzioni espressionistiche, assolutamente in contrapposizione rispetto alla produzione contemporanea. Non professa un ritorno all’antico, ma il ritorno a un'energia vitale primordiale, invece e non a un principio ideale. Una poetica grottesca che si scaglia sulla drammaticità controversa delle circostanze. Goya è stato artista alla corte spagnola per un tempo che abbracciò parte della sua vita, poetica artistica la sua, derivante e pregna di contaminazioni delle tecniche d’affresco di Mengs e del linguaggio espressivo di Velázquez. Fu un artista che sperimentò in diversi campi artistici e le incisioni a cui diede vita sono tutt’ora significative nel panorama artistico moderno.

"Pinturas negras":

Nel 1819 risultano estremamente espressive e molto suggestive le “pitture nere”, situate nella nuova casa, nella campagna madrilena, chiamata in maniera evocativa la “Quinta del Sordo” (quinta, in spagnolo, significa esattamente “casa di campagna”). I Dipinti interamente realizzati ad olio direttamente sull’intonaco, ricoprono le pareti della sua casa in cui si ritirò dopo l’assedio alla corte spagnola da parte di quella francese che vide quest’ultima sostituirsi alla precedente. Dipinti notevolmente considerevoli poiché sono espressione - riflesso delle turbe interiori che il pittore ha vissuto e ha osservato per innumerevoli anni. Scene fantasmatiche e visionarie, rese a tinte fosche, squarciate da vividi lampi di luce studiati per rendere con accenti drammatici episodi brutali e tetri. La protagonista spietata e prepotente degli eventi e della storia era sempre la stessa: la violenza. Appena terminate le pitture, Goya cede la casa ad un nipote e si rifugia in Francia per via degli stravolgimenti politici di cui il contesto storico parlava. Le opere in questione contano un numero esatto di 14 dipinti che si stagliano sulle pareti del soggiorno e della sala da pranzo, riflesso concreto delle personali turbe interiori di un artista che concludeva la sua esistenza scosso dalla sordità che si imponeva sulla sua lucidità intellettuale.

Titolo:

Il Sabba delle streghe (Il gran caprone)

Autore:

Francisco Goya

Materia e tecnica:

olio su intonaco strappato e riportato su tela

Misure:

438 x 145 cm

Anno:

1821 – 1823 circa

Luogo:

Madrid, Museo Nacional del Prado


‎"Il Sabba delle streghe (Il gran caprone)".

Descrizione:

Baudelaire definisce quest’opera in uno dei suoi celebri componimenti:

“Incubo colmo d’arcani senza fine;
feti cotti in un sabba, su qualche orrida balza;
laide streghe allo specchio; ignude ragazzine 
che per tentare il diavolo si tiran su la calza.”

Trovano spazio il “mostruoso” e il “satanico”, terrificante emergere dal lato demoniaco dell’uomo, evidente nei volti trasfigurati, grotteschi e dalle sembianze animalesche dei presenti che, in cerchio, offrono vittime umane al caprone. La figura diabolica del caprone si staglia su un assembramento indistinto di teste mostruose, scimmiesche (quasi un cumulo di teschi), contratte in smorfie. Il bianco degli occhi spicca a tratti sull’ammasso cupo. Goya, che non credeva all’esistenza della stregoneria, considerava quello che lui riteneva il mito del culto delle streghe come un’espressione del male che si annida nella mente di ogni essere umano. Su tutto il ciclo si percepisce l’eco ridondante dello stato interiore dell’artista, provato da una lunga malattia che l’aveva reso sordo, stanco del sangue e del dolore in cui Napoleone e i francesi avevano gettato la sua amata terra, incredulo dinanzi alle ingiustizie subite dal popolo spagnolo dopo la Restaurazione e la salita al trono di Ferdinando VI.


Note:

  1. Prova prima nota