Intervista con Michael Samyn di Alex Galloway

Tratto da EduEDA
Versione del 8 Mar 2005 alle 23:06 di Massimiliano (Discussione | contributi)

(diff) ←Older revision | view current revision (diff) | Newer revision→ (diff)
Jump to: navigation, search

Un sogno diventato realtà intervista con Michael Samyn di Alex Galloway

Il seguente dialogo nasce spontaneamente da una recente corrispondenza via e-mail con Michael Samyn di entropy8zuper.org (una collaborazione con Auriea Harvey). Noi abbiamo fatto conoscenza dopo che Michael mi ha inviato il suo nuovo pezzo per la pagina di Rhizome Splash. Io ho iniziato con una confessione...

Alex Galloway: mi piace davvero il tuo lavoro...

Alex Galloway: già, tu hai probabilmente ragione su ciò;) ...ma soprattutto per omissione, giacché io penso che molti dei primi lavori di net.art non avevano scelta, se non di essere o formalisti (Jodi) o concettuali (Heath Bunting)... Ciò era dovuto principalmente alle restrizioni della banda, ma quella fase potrebbe ora essere sorpassata... Poi la gente arrivò e iniziò a lavorare in flash and java, ma essi non avevano realmente una visione artistica... volevano giusto giocare con la tecnologia… sai, l’effetto "pointcast". Il tuo lavoro è potente perché ha qualcosa della prima net.art, veramente immersiva, come la visione di un lungometraggio. E’ emozionalmente immersiva… non proprio visivamente.. Michael Samyn: a me piace credere che ci debba essere una maturazione del nuovo medium. All’inizio le persone non sapevano cosa fare con tutte queste nuove possibilità. Una parte di loro impose ad esso i vecchi concetti dei media (di qui le parole 'browser', 'page', 'bookmark', ecc, che ancora causano un sacco di confusione) e un’altra parte, che noi ora conosciamo come net.artisti, rese più moderne quelle cose tradizionali: decostruì il medium e lavorò su di esso (dipinto su dipinto). Soltanto una piccola parte cercò realmente di essere creativo e di fare qualcosa di nuovo. Io non ho mai cercato di fare arte in primo luogo. Per me, i media interattivi erano come un sogno diventato realtà. Finalmente potevamo fare un perfetto mix di intrattenimento e arte senza dover essere ironici su ciò. D’altra parte, penso che le scelte che Jodi e Bunting fecero fossero scelte consapevoli ed essi probabilmente avrebbero fatto esattamente la stessa cosa perfino se avessero avuto strumenti e bande illimitati. Alex Galloway: sì, sono d’accordo.. un punto da aggiungere è che l’essenza della net.art è il suo farsi... L’idea della specificità dei siti web potrebbe essere importante ora. Cioè, siccome noi possiamo fare cose nuove sul web – e queste cose sono buone (più democrazia, una miglior convergenza di creatività ed esperienza, rottura del dualismo autore/fruitore, ecc) – è ora nostra responsabilità accentuare queste cose che sono specifiche della net.art. Così uno degli obiettivi della net.art dovrebbe essere precisamente *non* rendere il suo contenuto come quello dei vecchi media (la trappola del shoveware). Io vedo che un sacco di net.art, capace di riflettere su se stessa, è desiderosa di sottrarsi alle trappole dei vecchi media artistici. …Queste due ultime sequenze erano un po’ incoerenti, ma penso che tu capisca cosa intendevo …



Michael Samyn: non sono d’accordo che la tipica net.art sia pressappoco Internet. Questo fa confusione. Io penso, cioè, che, al contrario di ogni altro medium che lo ha preceduto, Internet sia tutti i media insieme: a un tempo la tela e la galleria, la rivista di arte e il circolo degli artisti ove si incontrano gli amici, la biblioteca, una fonte di divertimento e di ricerca. Quel che si fa su Internet è per lo più un assortimento di pratiche fra le quali anche l'arte. Per dirla altrimenti, la net-art in definitiva non è mai semplicemente arte. L'art.net concerne ciò che concerne Internet e non l'Internet medesimo. Quella net.art troppo tipica che ama giocare con l’estetica dei codici, dei virus e degli errori di computer non mi dice nulla di più su Internet della mia posta elettronica. +++++



Alex Galloway: quali tipi di barriere (per mancanza di una parola migliore) stai buttando giù?… la prima barriera penso sia quella emozionale tra l’utente ed il contenuto. Questo sembra essere un problema per molta net.art.


Un’altra cosa che possiamo cercare di distruggere è la tendenza a distruggere ogni cosa. I vecchi media hanno realizzato molto e noi non dobbiamo gettare quella conoscenza, ma usarla a nostro vantaggio.

Michael Samyn: la mia più grande scoperta è stata la linearità. In tutta la confusione e l’eccitazione per i nuovi media e per l’ipertesto, mi ci sono voluti anni per scoprire che uno dei migliori modi per affascinare un visitatore è la linearità. E mentre io faccio narrazione, in effetti essa non è il fine vero del mio lavoro. Forse l’effetto narrativo è il risultato dell’utilizzo della linearità e non viceversa. O forse la narrazione è un altro mezzo e non il fine. D’altra parte, Auriea ed io sembriamo essere piuttosto esibizionisti e sembriamo avere bisogno di raccontare alla gente cose della nostra vita che per la maggior parte delle persone non dovrebbero essere rese pubbliche. Un’altra tecnica è la limitazione della libertà. Se diamo all’utente troppo potere interattivo, ciò lo staccherà dalla sua esperienza. Troppi bottoni da cliccare lo distrarranno. Infine, ma non meno importante, la grafica. Entropy8 era un sito web tecnicamente molto semplice, ma una delle principali ragioni per cui esercitava fascino su molte persone era il fatto che mostrava il procedimento in atto. Alex Galloway: in termini di tecniche formali, sto pensando in modo specifico alla parte in skinonskinonskin dove l’utente deve digitare una frase cinque volte (esattamente non ricordo) prima di potere andare alla pagina successiva…