Land art: differenze tra le versioni

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Per rintracciare delle imprese umane di forte impatto ambientale dove si spinge al massimo nella direzione della fisicità della realtà, magari con intenti diversi dal fare artistico, occorre andare molto lontano nel tempo e in civiltà diverse dalla nostra, come nel caso delle Piramidi egizie o della Grande Muraglia cinese. Altri esempi magari meno monumentali e più ignorati ma che hanno aperto la strada verso nuove possibilità espressive, sono i giardini di sabbia Zen, i giardini di muschio e gli stessi Ikebana dei giapponesi, che facevano di queste attività, a contatto con la natura, una forma d’arte a sé stante. Esistevano anche i cimiteri svedesi con i loro recinti di ghiaia rastrellata a disegni geometrici e c’erano poi i numerosi giardini e parchi all’inglese, all’italiana e tutti i vari interventi sulla natura che riguardavano la sistemazione architettonica ed urbana d’un territorio. Come simili opere,  incessantemente messe a repentaglio dagli agenti atmosferici e dal tempo, così solo grazie ad un operatore cinematografico tedesco [[Schum Gerry|Gerry Schum]]
  
 
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Revisione 10:14, 26 Giu 2006

Genere o movimento artistico:

Land Art

Personaggi o gruppi:

Walter De Maria, Michael Heizer, Robert Smithson, Dennis Oppenheim, Jan Dibbets,Christo, Beverly Pepper, Nancy Holt, James Turrell, Herbert Bayer, Carl AndreRichard Long e Amish Fulton e gruppo lubianese degli OHO, gruppo giapponese Gun.

Luogo:

Stati Uniti d’America intorno alla metà degli anni Sessanta, in particolare le prime imprese si compiono nei territori desertici del Centro-Ovest.I grandi spazi aperti e l’abbondanza di luoghi non abitati e ancora originari sono stati l’ambiente ideale nel quale gli artisti potevano sviluppare fisicamente la loro estetica e le loro idee. I deserti, i laghi, le vallate e le praterie sono così diventati i laboratori naturali per gli artisti di questo movimento. Contemporaneamente anche in Europa, pur sfruttando caratteristiche del territorio diverse, si fanno esperienze analoghe. In realtà è un’arte che si espanderà un po’ ovunque, sia grazie alla poetica trasmessa, sia agli artisti, che nel realizzare le opere non hanno scrupoli di limiti territoriali.

Storia:

Per rintracciare delle imprese umane di forte impatto ambientale dove si spinge al massimo nella direzione della fisicità della realtà, magari con intenti diversi dal fare artistico, occorre andare molto lontano nel tempo e in civiltà diverse dalla nostra, come nel caso delle Piramidi egizie o della Grande Muraglia cinese. Altri esempi magari meno monumentali e più ignorati ma che hanno aperto la strada verso nuove possibilità espressive, sono i giardini di sabbia Zen, i giardini di muschio e gli stessi Ikebana dei giapponesi, che facevano di queste attività, a contatto con la natura, una forma d’arte a sé stante. Esistevano anche i cimiteri svedesi con i loro recinti di ghiaia rastrellata a disegni geometrici e c’erano poi i numerosi giardini e parchi all’inglese, all’italiana e tutti i vari interventi sulla natura che riguardavano la sistemazione architettonica ed urbana d’un territorio. Come simili opere, incessantemente messe a repentaglio dagli agenti atmosferici e dal tempo, così solo grazie ad un operatore cinematografico tedesco Gerry Schum

Poetica:

Minimal art

Opere:

Croce di gesso di Walter de Maria. Tracciata nel deserto del Nevada, ogni braccio è lungo almeno un centinaio di metri. Chilometro terrestre di Walter de Maria scavato in profondità in occasione della mostra Documenta 6 a Kassel nel 1977.

Campo di fulmini di Walter de Maria,1974.L’artista ha posizionato, nel deserto del New Mexico, negli Stati Uniti, quattrocento parafulmini dell’altezza di sette metri l’uno, in maniera regolare e geometrica. L’opera d’arte si attiva quando si scatena il temporale. Tutti i fulmini si concentrano in questo enorme campo elettromagnetico, mettendo in gioco quegli elementi di pericolosità e di rischio che caratterizzano parte della sua opera.

Doppio negativo di Michael Heizer,1970

Doppio negativo di Michael Heizer, anche quest’opera portata a termine nel 1970, è interessata da uno scavo macroscopico furono rimossi circa 240.000 tonnellate di terra e roccia per creare i due profondi solchi artificiali, messi in contrasto con le naturali corrosioni di un canyon. Egli scattò più di mille fotografie di quest'opera che è talmente grande da non poter essere vista tutta intera da terra. Per cui il fruitore, come suggerisce l’autore stesso, può soltanto guardare prima un lato dall’altro e viceversa. Solo così prende coscienza dell’opera e del fatto che egli stesso, minuscolo,ne è dentro e fa parte di essa, anche se in maniera infinitesimale rispetto alle sue dimensioni. L’intento dell'artista è quello di mettere in relazione l’Io con la conoscenza di sé stesso attraverso lo sguardo. Il senso di piccolezza e di atemporalità ci svela la nostra natura effimera e minuscola relativamente allo spazio del cosmo.

Spiral Jetty di Robert Smithson, 1970



Montagna marchiataDennis Oppenheim, 1969


Montagna marchiata Dennis Oppenheim opera del 1969 che evoca il mondo dei mandriani, il mito del cowboy americano; il marchio non è altro che l’ingrandimento di quello usato per il bestiame.

Evento sulla neve gruppo giapponese Gun 1970
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Valley Curtain di Christo Javacheff (1972). Quest’opera viene realizzata ad un anno di distanza da un tentativo fallito. L’artista allestisce con una tenda gigantesca la chiusura di un canyon, il Grand Hogback Rifle nel Colorado. Questo immenso sipario era largo circa 394 metri e composto da uno speciale tessuto sintetico, il polyamide. Il colore scelto dall’artista per la sua installazione gigantesca fu l’arancione spiccava particolarmente mentre sbarrava il fondo della vallata tra due fianchi rocciosi. Per garantire la stabilità della struttura è stato necessario l'impiego di decine di tonnellate di cavi d'acciaio, ma nonostante questo dopo 28 ore l'opera dovette essere smontata a causa delle raffiche di vento presenti nel canyon. Molte opere di Christo, come in questo caso, nascono nell'ambiente ed esprimono un messaggio di riconciliazione con esso , i materiali impiegati infatti sono tutti scarti dell'industria, riciclati e riciclabili. Le sue istallazioni infatti non intendono modificare l'assetto naturale delle zone in cui opera ,bensì coprire, nascondere e dividere luoghi ed elementi che possono scomparire senza però cambiare la loro identità. Il velo che copre l’oggetto lasciando trasparire solo la forma è un’operazione estetica, per Christo, che riconsegna alla percezione umana l'essenza stessa di quell’oggetto.

Running fence di Christo Javacheff (1976). Quest’opera dalle dimensioni gigantesche è stata realizzata attraverso le contee di Marin e di Socoma , in California, a nord di San Francisco. Essa consiste in una sconfinata muraglia di tela che, alta più di cinque metri, corre per quaranta chilometri attraversando colline e valli della California. Fu necessario interromperla però nei tratti in cui incrociava l’autostrada. Il percorso di questa muraglia di tessuto si snoda in maniera piuttosto accidentata per poi tuffarsi nell’oceano. Per questa installazione fu necessario un progetto che durò quattro anni. Per fissare la tenda furono necessari duemila pali metallici e centinaia di migliaia di ganci; l'infrastruttura di ancoraggio fu fisicamente realizzata da 65 operai specializzati in vari mesi di lavoro e l’'operazione finale di montaggio del tessuto durò per ben tre giorni, con l’aiuto di 350 studenti. La riflessione che intende proporre quest’opera è quella del limite che l’uomo pone arbitrariamente alla natura illimitata con contini di stato, confini di proprietà, e anche confini mentali e culturali.

Reichstag di Berlino di Christo Javacheff (1995). Per 14 giorni , dal 24 giugno al 7 luglio del 1995 , il Reichstag di Berlino fu avvolto e legato su tutti i lati dall’artista bulgaro con un tessuto metallizzato, come se fosse un pacco. Era dal 1971 che Christo e Jeanne-Claude, sua compagna di una vita, avevano in mente questo progetto. Dopo ventiquattro anni di lavoro e perseveranza, grazie anche alla partecipazione dei cittadini e delle istituzioni (tra questi ovviamente il comune della città di Berlino e le autorità federali), l’artista riuscì a portare a termine questa emblematica opera d’arte. Per avvolgere per due settimane il simbolo della democrazia tedesca furono stati usati 100.000 metri quadrati di tessuto di propilene con finitura in alluminio e più di 16 chilometri di corda dello stesso materiale.

Surrounded island o Isole impacchettate di Christo (1983). E' il più spettacolare intervento di Christo per quanto riguarda il mare. La progettazione di tale installazione è durata quattro anni. Le undici, piccole isole della Biscaine Bay, in Florida, vicino a Miami, sono state circondate da un tessuto rosa brillante. Per rendere possibile fisicamente tale opera, le porzioni di tessuto sono state cucite tra loro direttamente in mare, in modo da seguire i reali contorni degli isolotti, formando un bordo colorato largo 200 piedi. Quest’opera, tanto gigantesca, fu altrettanto effimera: la sua durata fu di soli quattordici giorni. La fruizione di tale installazione, inoltre, è stata possibile solo attraverso un volo aereo, poiché il territorio di Miami, non presentando alture, rendeva impossibile una visibilità da terra delle isole impacchettate.

Correlazioni:

Sicuramente oltre alla Minimal art altre correlazioni le possiamo trovare con l’arte Performatica e con l’Arte concettuale, come nel caso dell’artista olandese Jan Dibbets. Egli fa uso di notevoli quantità di mezzi espressivi,come le cartine geografiche la posta, la fotografia, la registrazione su nastro sonora e visiva, nella sua poetica il modo di pensare, il metodo di approccio è assai più importante del soggetto in sé. Richard Long è forse l’esponente della Land Art che più si muove in tale direzione; tracciare percorsi da compiere a piedi, in un certo lasso di tempo e per una certa distanza, ci rivela un altro legame quello con la performance art e con il concetto oramai diffuso che sia un comportamento ritualizzato, piuttosto che la produzione di oggetti, a costituire l’elemento più importante dell’attività dell’avanguardia artistica. Gli stessi artisti di Land art, infatti, hanno attraversato trasversalmente, oltre ai sopra citati, altri generi contemporanei come la Body art e l’Arte povera. Anche alcune operazioni di Beuys, come quella di far piantare alberi nella città di New York, si possono avvicinare alla Land Art.


Bibliografia:

R. Barilli. L’arte contemporanea da Cézanne alle ultime tendenze. Ed. Feltrinelli.

G. Dorfles, Ultime tendenze nell’arte oggi. Ed feltrinelli.

Come guardare l’arte contemporanea e vivere felici, Ed. Roberto Allemandi & C.

Arte mensile n.392 pag.119. Arte Oggi, Dall' Espressionismo astratto all'Iperrealismo Ed. Mondadori 1976.

Estetica della Natura Paolo D'Angelo,Editori Laterza

Jeffrey Kaster, Brian Wallis Land art, environment art. 1998.

Gilles A. Tiberghien, Land Art, 1995.

Rosalind E. Krauss, Passaggi della scultura da Rodin alla Land art, 1998.

Umberto Allemandi & C, Arte ambientale, 1993.

A. Sonfist, Art in the land: a critical antology of environmental art, 1983.


Webliografia:

http://www.babelearte.it/glossario.asp?id=276

http://www.cicap.org/crops/uk.encarta.msn.com/encyclopedia_781532872/Land_Art.html

http://www.mitglied.lycos.de/artnnature/an-frameset.htm

http://www.territoiresinoccupes.free.fr/art/accueil.html

http://www.ac-grenoble.fr/savoie/Disciplines/Arts_pla/Doc/Landart.PDF

http://www.encyclopedia.lockergnome.com/s/b/Land_art

http://www.infoplease.com/ce6/ent/A0921623.html

http://www.fi.muni.cz/%7Etoms/PopArt/Biographies/christo.html