Software art: differenze tra le versioni
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Versione attuale delle 10:16, 7 Lug 2009
Contents
Genere o movimento artistico:
Software art
Personaggi o Gruppi:
0100101110101101.org Cirio Paolo Cramer Florian Dyne EpidemiC Etoy Fuller Matthew Galloway Alex Green Colin Hacker art BBS Hacker art.org I/O/D Jaromil Denis Roio Karhalev Eldar Khimin Ivan Lampo Luca Lan Ludovico Alessandro Mattes Eva Mattes Franco Neural Nezvanova Netochka Pope Simon Radical software group Tozzi Tommaso Virtual Town TV Ward Adrian
Luogo:
Storia:
La Software art o “arte della sperimentazione artistica di processamento e trasformazione dati” – sviluppatasi a metà Anni ‘90 – si basa sulla manipolazione creativa dei codici di programmazione, solitamente di tipo audiovisivo. Nell’accezione dei software artisti, i programmi (software) non sono vuoti insiemi di algoritmi, ma opere d’arte vere e proprie, fatte di codici binari, pixel, caratteri ASCII, immagini bitmap, animazioni, stringhe di linguaggio HTML, indirizzi IP, etc… Al 1970 risale la mostra dal titolo Software Information Technology: a new meaning for art che univa a New York artisti e programmatori. Prima di allora, negli anni Sessanta altre mostre avevano mostrato forme di arte realizzate da artisti e scienziati attraverso l’utilizzo del computer.
Poetica:
Florian Cramer è uno dei maggiori teorici della software art, questa disciplina mette il codice al centro della cultura digitale, valorizzando gli aspetti creativi e non puramente utilitari dell’arte della programmazione. Infatti possiamo collocare sotto il nome di software art ogni utilizzo artistico del software come materia, e non come strumento. I software d’artista possono essere di ogni tipo: browser, word processor e, addirittura virus, come dimostrano i lavori di EpidemiC. La prima distinzione da fare è tra software art e browser art; infatti questa è considerata come un campo a se stante. La GUI (Graphical User Interface), lanciata da Apple nel 1984, è stata creata per mettere l’utente in condizione di rimanere in superficie, di non occuparsi cioè delle operazioni compiute dalla macchina al livello sottostante. Infatti prima era necessario apprendere un complesso di istruzioni condensate nella cosiddetta interfaccia a linee di comando, e l’apprendimento era assai ripido e limitato a pochi addetti ai lavori. Tuttavia nel rendere tutto più semplice e funzionale, ora si nasconde all’utente il software, mostrandone solo la facciata, e manovrandone, quindi, l’uso. L’arte del software ci rende consapevoli che il codice digitale non è innocuo e che è di per se un terreno per la pratica creativa. Il codice è un elemento costitutivo di ogni ricerca digitale e non è altro che un set di istruzioni, eseguendo le quali la macchina compie un certo numero di operazioni. Le possibilità di creazione artistica del software sono l’estetica dell'errore e il low-tech come nuovo stile espressivo. Il codice è usato creativamente e mostra il suo potenziale, nonché il suo importante ruolo nella costruzione della società contemporanea. Il primo e più importante esempio di Software art è Auto-illustrator di Adrian Ward, vincitore (ex-aequo con il lavoro di Netochka Nezvanova Nebula M.81) del premio per il software artistico al festival d'arte Transmediale.01 di Berlino nel 2001. Durante questa manifestazione, viene per la prima volta inserito un premio per la software art. La giuria era formata da Florian Cramer, Ulrike Gabriel e l’artista e programmatore John Simon jr. “Auto-illustrator��? è un software che si presentava con la stessa interfaccia grafica del noto programma artistico della Adobe. Può sembrare, a un primo sguardo, un comune software di grafica. In realtà è stato programmato dal suo autore, l’inglese Ward, per reagire alle scelte dell’utente, generando elaborati finali che sono frutto di un mix bilanciato di controllo e caso, di scelta e auto-generazione macchinica. Auto-illustrator devia i percorsi, modifica le opzioni, decide addirittura di terminare la sessione di lavoro in corso perché, si giustifica, non è ispirato dagli input che gli forniamo. Ogni programma che pretende di essere uno strumento è autoillusorio. Ti aspetti che salva, salverà e non cancellerà. La sensazione che si possa capire e controllare ciò che il software stà facendo può essere solo basata sulla fiducia nel programmatore. In effetti non c’è nulla che ci garantisca che il cerchio, la matita o le forbici eseguano effettivamente un certo tipo di operazione. La scelta di associare un’icona o un menù a una certa funzione è unicamente di chi l’ha progettata, non di chi la utilizza. Questi risultati imprevisti mettono in crisi l’abituale rapporto di fiducia che abbiamo con l’interfaccia. È importante inoltre nell’ambito della software art concentrare l’attenzione sul codice come elemento costitutivo di ogni ricerca digitale. Il codice non è altro che un set di istruzioni, eseguendo le quali la macchina compie un certo numero di operazioni. Un altro esempio di software art è “Screen Saver��? è un software presentato nel maggio 2002 da due giovani russi Karhalev e Khimin al festival Read_Me 1.2 di Mosca, si tratta di una serie logica di istruzioni su come usare in modo non convenzionale il salvaschermo “Testo 3D��? di Windows. Screen Saver dimostra che la software art può essere post o metasoftware; invece di essere compilata da zero, manipola i software esistenti, rovesciandoli senza grandi sofismi tecnici; la software art non ha più bisogno di algoritmi di progettazione originali, ma in un’era di sovrabbondanza del codice può essere disassemblaggio, contaminazione e miglioramento di codice trovato nello spazio pubblico. La software art è presente anche in altri campi artistici, come il gruppo fluxus. Un esempio classico relativamente recente è la Composizione 1961 N°.1 1961 "Draw a straight line and follow it." ("Disegna una linea diritta e seguila") del compositore minimalista La Monte Young, che viene considerata allo stesso tempo uno dei primi pezzi di musica minimale e una delle prime istruzioni per performance di Fluxus che può essere impartita ad un essere umano, ma anche ad un robot o a un computer.